Il colloquio personale col Papa, il travaglio dei giovani e il bullismo, la famiglia che non può frammentarsi, il lavoro che si fa sempre più incerto, la speranza di una Chiesa di qualità. Sono i temi toccati dal Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Gualtiero Bassetti, in un’intervista a tutto campo in occasione della Pasqua. Il Vescovo è appena rientrato da Roma dove ha avuto un incontro di mezz’ora con Benedetto XVI. Un appuntamento dai contenuti riservati che ha fatto da preambolo alla visita «ad limina» dei Vescovi della Toscana in programma dal 16 al 21 aprile.Eccellenza, qual è il volto della diocesi che ha presentato al Papa?«Quello di una Chiesa in cammino che è aperta ai laici e ha un clero vicino alla gente. Al Papa ho spiegato che i nostri sacerdoti restano un punto di riferimento nonostante l’età e che negli ultimi otto anni sono stati ordinati 16 nuovi preti. Nel colloquio ho affrontato anche la questione dell’annuncio del Vangelo soffermandomi sui gruppi di ascolto che fanno entrare la Sacra Scrittura nelle case».E i laici?«Al Santo Padre ho detto che la diocesi ha scommesso sulla promozione del laicato. E ho citato due esempi: in pochi anni i diaconi sono passati da 7 a 23 ed è stata promossa una formazione a vasto raggio che è andata dalla catechesi alla liturgia. Poi ho menzionato le molte attività di Caritas e le iniziative culturali con un accenno all’istituto superiore di scienze religiose. E non ho tralasciato le comunicazioni sociali. Infine, ho ricordato l’attenzione della diocesi per la famiglia che è stata al centro di tre anni di piano pastorale».E avrà presentato anche la nostra provincia a Benedetto XVI?«Non ce n’è stato bisogno. Il Santo Padre mi ha detto di aver visto in televisione l’inaugurazione della mostra su Piero della Francesca. E l’ha definita un’iniziativa interessante e apprezzabile. Poi mi ha ricordato che, poco prima di essere eletto Papa, è passato da Arezzo per ammirare gli affreschi della Leggenda della Vera Croce. E mi ha parlato di Guido d’Arezzo confidandomi come in seminario i suoi insegnanti gli ripetessero che un monaco aretino aveva inventato l’alfabeto musicale. E non ha dimenticato La Verna: l’ha descritto come “il luogo della crocifissione di Francesco” e ha parlato di un “paesaggio mistico” che lo ha impressionato».Un colloquio cordiale, quindi.«Molto. E l’ho fatto persino sorridere mentre gli illustravo il percorso di unificazione delle tre diocesi».Cioè?«Gli ho raccontato che il Vescovo Tarlati aveva invaso le terre dello Stato Pontificio. E il Papa ha sorriso. Poi ha aggiunto: “Avremo tanti problemi ma almeno fra noi queste cose non succedono”».Spostandoci all’aretino, qual è un bisogno impellente della nostra Chiesa?«La pastorale vocazionale. Molti giovani delle nostre parrocchie si pongono il problema della vocazione. Ma non basta una guida spirituale se la famiglia è contraria o gli ostacoli spuntano di continuo. C’è bisogno, invece, di creare una cultura favorevole alla vocazione in cui un giovane che sceglie di seguire il Signore sia aiuto da tutto il contesto ecclesiale».E un’emergenza della società aretina che la turba?«Sicuramente il disagio giovanile. I ragazzi sono inquieti e scontenti. E il loro vuoto interiore dà origine ai fenomeni di bullismo. Serve a poco gridare allo scandalo se in una scuola viene rotto un crocifisso o discutere se la croce sia una “suppellettile” o un “oggetto sacro”. Invece, dobbiamo cominciare a chiederci i motivi dei loro gesti. E dobbiamo aiutare i ragazzi a dare una risposta alle loro domande di senso. E’ più che mai necessario che la Chiesa, le istituzioni e la società civile facciano sinergia in nome dei nostri giovani. Perché non voglio più trovarmi a leggere di adolescenti che si tolgono la vita senza un motivo, come è accaduto di recente».Serve un cambio di mentalità.«Certo, i giovani non possono essere considerati soltanto un prodotto di consumo».Un ruolo chiave lo gioca la famiglia.«Insieme alla scuola, la famiglia è uno delle maggiori agenzie educative e ha il compito di trasmettere i valori. Ma lo può fare soltanto se è unita. Chi ha figli non può separarsi».Un tema a lei caro è quello del lavoro.«Nella nostra diocesi il mondo del lavoro è sempre più in bilico. E sono molto preoccupato. Troppe aziende stanno chiudendo i loro stabilimenti perché decidono di trasferirsi all’estero o perché non riescono a stare sul mercato. Il rischio è che nella provincia di Arezzo resti soltanto il terziario. Ma il terziario è sinonimo di consumo. E se qui non si produce, non ci sarà vera occupazione. Non si vive esclusivamente di servizi».Lei continua ad entrare nelle fabbriche.«Ho celebrato Messa in diverse aziende. Molti operai hanno paura. Il lavoro non è il tutto della vita ma è essenziale per permettere alla persona di realizzarsi. Per fortuna ci sono ancora imprenditori locali che considerano le famiglie dei loro dipendenti come le proprie e che si sobbarcano sacrifici pur di dare una prospettiva agli operai».Eccellenza, quale messaggio invita alla diocesi alla vigilia della Pasqua.«Nonostante le difficoltà, vedo un territorio che è capace di valorizzare il poco e il molto che ha fra le mani. Il cuore di Dio è più grande del nostro e continua a far soffiare su di noi la brezza soave dello Spirito che ci conduce verso lidi insperati. La Resurrezione di Cristo è la fonte della nostra speranza da cui attingere per arrivare ad un cristianesimo di qualità in cui i sacerdoti, i consacrati, i catechisti e i laici siano testimoni coraggiosi e aperti del messaggio liberante del Vangelo».A metà aprile sarà di nuovo a Roma per la seconda parte della visita «ad limina».«Sarà una settimana ricca di appuntamenti scandita dagli incontri con le Congregazioni e i dicasteri vaticani».E poi ci sarà l’udienza con il Papa in piazza San Pietro.«E’ una novità significativa. Infatti, la visita “ad limina” non è solo un fatto privato del Vescovo o un adempimento burocratico. Tutto il popolo di Dio deve sentirsi coinvolto. Perciò l’appuntamento del 18 aprile sarà una preziosa occasione offerta alla nostra Chiesa di presentarsi di fronte al successore di Pietro per essere confermata nella fede e per ascoltare il messaggio che il Santo Padre rivolgerà alle diocesi toscane». di Giacomo Gambassi