Toscana

Ecco chi sono i «nuovi poveri»

Povertà, l’identikit di chi chiede un aiutodi Sara D’Oriano

Nascono nuove forme di povertà, all’interno di un fenomeno in crescita. È quanto emerge dalle oltre 260 pagine del rapporto annuale sulle povertà in Toscana, presentato venerdì 22 ottobre a Firenze, dall’Osservatorio regionale delle povertà Caritas in collaborazione con la Regione Toscana. I dati di questo settimo rapporto, che si riferisce al 2009, sono stati raccolti grazie all’attività quotidiana dei 118 centri di ascolto sparsi sul territorio toscano. Ne emerge che circa 24 mila persone si sono rivolte ai centri di ascolto della regione, il 7,4% in più rispetto al 2008, con un aumento di circa 9 mila presenze dal 2005 a oggi.

Di queste, il 77 % sono stranieri, ma è comunque preoccupante anche l’aumento degli italiani che passano dal 21% del 2008 al 23% del 2009 (900 persone in più a cui è stata fornita assistenza).

Primario è il problema legato al reddito, scarso, insufficiente o del tutto assente, problema che a cascata coinvolge tutto il resto: l’occupazione (31,7%), la carenza di risorse materiali (31,3%), la casa (9%, con un raddoppiamento sostanziale del numero dei casi di sfratto, passati dal 10% al 18%). Un aumento repentino rispetto agli anni scorsi è stato inoltre registrato tra i problemi legati alla salute (10,4%).

Per lo più persone giovani, con un alto livello di istruzione, soprattutto fra gli immigrati, e senza una famiglia di riferimento. Questo è l’identikit che la ricerca ha portato alla luce. Si abbassa infatti l’età media (dai 25 ai 34 anni) di coloro che richiedono assistenza, mentre aumenta il numero dei pensionati, soprattutto fra gli italiani (12%). La solitudine (il 28,8% degli italiani che hanno contattato un centro di accoglienza vive solo), la rottura dei legami familiari sono un punto di debolezza in tutti quei casi (in grave aumento) di separazione e di divorzio: «Accanto a una povertà materiale – ha commentato Renzo Chesi, delegato di Caritas Toscana – emerge una preoccupante solitudine. La povertà materiale condiziona oggi anche le relazioni, per questo si fa pressante la necessità di passare dalla pura solidarietà alla fratellanza. Da un dono materiale, a un’accettazione che coinvolge anche la sfera dei sentimenti e delle relazioni. Le diocesi non sono solo chiamate a fornire dati, ma a interrogarsi su come le nuove povertà stiano cambiando anche il modo di vivere delle persone e da questo, riuscire a trasformare la povertà in un valore per tutta la comunità».

In decrescita l’afflusso di stranieri dall’est europeo, che passa dal 50% del 2007 al 42%. Tuttavia, la provenienza principale resta la Romania, seguita dal Marocco e dal Perù, (in aumento).

Colpisce l’incidenza dell’indebitamento, passato dal 3 al 6% nel quinquennio dal 2005 al 2009 e al quale il dossier dedica una parte di approfondimento: quasi 3 famiglie su 10 non riuscirebbero infatti ad arrivare alla quarta settimana. Risultato di un’errata concezione della capacità di acquisto, della gestione del patrimonio e del risparmio, l’indebitamento viene spesso combattuto con tre «soluzioni»: usura, gioco d’azzardo e credito al consumo: «Non è un caso – ha spiegato Stefano Simoni, coordinatore del dossier Caritas sulle povertà– che la maggior parte di coloro che giocano d’azzardo siano stranieri e pensionati, due fasce deboli che vedono nel gioco l’unica possibilità di risolvere i loro problemi patrimoniali». Secondo Caritas mancherebbe infatti: «una massiccia e strutturata campagna di informazione sul credito responsabile» che tenga testa «ad un’azienda privata (Sisal) che ha in concessione dai Monopoli di Stato la gestione di scommesse e giochi d’azzardo».

«In questa analisi – ha commentato Salvatore Alloca, assessore regionale al welfare – emerge chiara una profonda distorsione tra quantità e qualità del reddito che va di pari passo a un’incapacità sempre crescente di gestire lo stipendio tipico di una mentalità consumistica. La regione si trova quindi di fronte a due problemi: da una parte la lotta all’emergenza assoluta che deve fare i conti con un profondo decremento del bilancio della regione; dall’altra la necessità di creare progetti partendo, come ben sottolineava Chesi, dalla ricostruzione delle relazioni sociali». Secondo l’assessore, sarebbe infatti in atto un vero e proprio «massacro sociale», che vede ridurre drasticamente i fondi regionali per l’assistenza: «Ci si impone quindi di fare delle scelte individuando dei target su cui concentrare le risorse. Abbiamo deciso di puntare sui giovani, perché pensiamo che aiutando loro a divenire indipendenti, aiutiamo anche le loro famiglie. La nostra povertà non dipende dalla carenza di ricchezze – ha quindi concluso Allocca – ma da una errata distribuzione di ciò che abbiamo e che dipende da scelte politiche sbagliate che hanno contribuito a creare una struttura sociale deviata. Questo dossier, frutto di un impegno quotidiano dei volontari dei centri di ascolto, è una spinta fondamentale per ripensare la nostra politica».

Ed è infine dedicato ai tanti volontari dei centri un capitolo del dossier, in cui si riportano le loro testimonianze: «Ci sembrava doveroso – ha sottolineato Simoni –  lasciare parlare chi con la povertà si scontra, gratuitamente, ogni giorno. Un modo per ringraziarli del loro prezioso lavoro».

Il Dossier

Il «Dossier 2010 sulle povertà in Toscana», settimo rapporto della «rete» dei Centri di ascolto delle Caritas diocesane, è il frutto dei circa 66 mila colloqui registrati in un anno condivisi grazie al progetto «MIROD» (Messa in Rete Osservatori Diocesani). La Toscana è stata divisa in 4 grandi aree (Aretina, Maremmano-Senese, Costiera, Metropolitana) e per ciascuna di queste il «dossier 2010» presenta altrettanti capitoli di specifico approfondimento. Una parte è dedicata ai temi dell’indebitamento, spesso provocato dal gioco d’azzardo. Un capitolo intero, è poi dedicato a commenti forniti dagli operatori dei Centri: qui, in particolare, emergono storie e volti che certo i dati non possono raccontare. Il Dossier è interamente consultabile sul sito dell’Osservatorio sociale regionale.

I «misteri» dell’immigrazione: +10% anche in un anno di crisidi Francesco Paletti

Aumentano i lavoratori stranieri disoccupati, ma anche la popolazione straniera residente in Toscana che è passata dalle 343mila presenze del 2008 alle 379mila dell’anno successivo: il 10,4% in più nello spazio di dodici mesi nonostante la difficile congiuntura economica che ha fatto sentire i suoi effetti soprattutto su alcuni dei tradizionali bacini occupazionali della manodopera non italiana. «Misteri» dell’immigrazione in Toscana al tempo della crisi. Illustrati e spiegati nell’edizione 2010 del «Dossier Statistico Immigrazione», l’atteso volume pubblicato dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes, che quest’anno ha compiuto il ventesimo compleanno. L’occasione è stata la presentazione ufficiale del rapporto, che si è svolta lo scorso 26 ottobre ad Arezzo, nell’aula magna della facoltà di Lettere e Filosofia del polo universitario aretino: «Il fatto è che, paradossalmente, le difficoltà conosciute anche dal nostro mercato del lavoro hanno reso ancora più palese il carattere strutturale che, ormai, ha assunto l’immigrazione sul territorio regionale – ha spiegato Federico Russo, uno dei curatori del capitolo dedicato alla Toscana –: la popolazione straniera, infatti, non aumenta soltanto per l’arrivo di nuovi lavoratori ma anche, e nel 2009 in modo particolarmente significativo, per la ricomposizione dei nuclei familiari, e per i nuovi nati in Italia». I numeri al riguardo sono eloquenti visto che oltre la metà dei permessi di soggiorno riconosciuti ha una motivazione diversa quella lavorativa: per la precisione il 45,4% degli immigrati toscani ne ha uno per ricongiungimento familiare e l’8,3% uno per studio.

Il lavoro. La crisi generalizzata che sta attraversando l’economia regionale, invece, ha fatto male anche ai lavoratori stranieri. Emblematico l’andamento del tasso di disoccupazione della manodopera immigrata, che nel primo semestre del 2008 era dell’8% e alla fine dell’anno seguente era salito al 10,2. Inoltre per la prima volta dall’inizio del decennio le registrazioni all’Inail (obbligatorie per tutte le posizioni lavorative che vengono aperte) sono diminuite, sia pure lievemente passando dai 209.790 del 2008 ai 209.141 dell’anno successivo (-0,3%). Eppure agli italiani è andata anche peggio: «Nel corso del 2009 – sottolinea Russo – sono stati assunti 97.544 immigrati mentre coloro che hanno perso il lavoro sono stati 98.184 per un saldo di 640 posti in meno, un dato negativo che rivela, però, una migliore tenuta dell’occupazione straniera rispetto a quella italiana che negli stessi dodici mesi è scesa di ben 31.614 unità». In generale l’unico settore che ha conosciuto un incremento percentuale è stata l’agricoltura, passata dal 7,7 all’8,8% di tutti i lavoratori stranieri; in calo, invece, la capacità attrattiva sia dell’industria (dal 39,9 al 39,1%) che dei servizi (dal 52,4 al 51,3%). Per quanto riguarda i singoli comparti, spiccano la contrazione delle costruzioni (dal 17,1 al 15,7%) e dell’informatica e dei servizi alle imprese (dal 16 al 12,6%).

I territori. Nonostante ciò, come detto, anche nel 2009 la popolazione straniera toscana è continuata a crescere. Come nell’anno precedente, il contesto provinciale che ha realizzato l’incremento più elevato è stato Grosseto (+11,1%), seguito da Firenze (10,6%), Pisa (10,2%) e Lucca (9,7%). Il principale contesto di vita degli immigrati toscani resta, però, il capoluogo: sono 103.979, infatti, gli immigrati che risiedono nella provincia fiorentina, pari al 30,4% degli iscritti nelle anagrafi della regione. Prato, invece, rimane la area in cui l’incidenza della componente straniera sul totale dei residenti è più elevata: 12,7 immigrati ogni 100 residenti.

I giovani immigrati. Il 12,8% dei 338.746 immigrati registrati nelle anagrafi comunali toscane sono di cosiddetta «seconda generazione», «ossia stranieri dal punto di vista giuridico, ma nati e vissuti sempre in Italia» spiega Russo. L’incidenza percentuale più elevata è a Prato: nella provincia laniera, infatti, un quinto (19,7%) di tutti gli immigrati residenti è nato in Italia circa. In generale le «seconde generazioni» sono più diffuse nella «Toscana dell’Arno», ossia in quelle aree del territorio regionale che costituiscono i principali contesti d’insediamento dei cittadini stranieri: dopo Prato, infatti, vengono Firenze (13,7%), Pistoia (12,7%) e Arezzo (12,2%). Relativamente un po’ meno consistente, invece, la presenza di questo segmento di popolazione straniera: Pisa e Lucca, infatti, si fermano all’11,8%, Siena all’11,2%, Massa Carrara al 10,7%, Livorno al 9,3% e Grosseto all’8,5.

Dossier Immigrazione 2010 – La Toscana

Immigrati 2010 – Riepilogo Dati

Giornata del migrante 2011, il messaggio del PapaPagine che parlano da sole, ma che non diventano voce di un concerto (di Franco Vaccari)