Lettere in redazione
È vero che Aldo Brancher è stato sacerdote?
In questi giorni si è fatto un gran parlare di Aldo Brancher per il suo comportamento certo non commendevole (come del resto non commendevole è stato quello di chi lo ha nominato ministro). Ma nessun giornale ha riferito un particolare, evidentemente poco noto, rivelato invece da «Famiglia Cristiana» (n. 26 del 27 giugno, pag. 23). Il settimanale ci fa sapere, in una nota invero assai sbrigativa, che «prima di iniziare la carriera politica, nel 1999, Brancher è stato sacerdote paolino». Notizia sorprendente. Ma si può saperne di più?
E’ vero. Aldo Brancher, nato nel 1943 a Trichiana (Belluno), è stato ordinato sacerdote nella Società di San Paolo e da «paolino» era stato chiamato da don Emilio Mammana, il primo responsabile della pubblicità di «Famiglia Cristiana», a occuparsi di marketing. Non so dirle con esattezza perché abbia poi lasciato il sacerdozio. C’è chi parla di contrasti con il direttore di «Famiglia Cristiana» don Lorenzo Zega. Altri del fatto che si era innamorato di una donna, che poi diventerà sua moglie. Lasciati i paolini, apre un’azienda di cassette di plastica a Castelnuovo Scrivia (Alessandria). Poi nel 1982 torna alla pubblicità, in Publitalia, diventando il braccio destro di Fedele Confalonieri.
Nella primavera del 1993, finisce per tre mesi in carcere con l’accusa di aver pagato 300 milioni di lire all’allora ministro della sanità Francesco De Lorenzo. Viene condannato a 2 anni e 8 mesi per finanziamento illecito ai partiti e falso in bilancio. In Cassazione, però, il primo reato cade in prescrizione, mentre il secondo viene depenalizzato dal secondo governo Berlusconi. Nel maggio 2001 viene eletto alla Camera e nei primi governi Berlusconi, è sottosegretario nel Dipartimento per le riforme istituzionali e la devoluzione. Rieletto alla Camera nell’aprile 2006, è stato vicepresidente del gruppo Forza Italia.
Attualmente è sotto processo a Milano, assieme alla moglie, per ricettazione (600mila euro versatigli in quattro diverse occasioni) e per appropriazione indebita nell’indagine sullo scandalo della Banca Antonveneta e la scalata di Gianpiero Fiorani all’istituto creditizio. Sottosegretario alle riforme è stato ministro «senza portafoglio» per 17 giorni, dal 18 giugno al 5 luglio, quando si è dimesso.