Lettere in redazione
E se al posto di Natale usassimo Nascita del Signore?
Non usiamo più la parola Natale. È una proposta che certamente, di primo acchito, molti riterranno sbagliata o addirittura.indecente. Ma tant’è, sono tanti anni che ci rimugino sopra e alla fine le cose vanno dette. Propongo di non usare più il termine Natale, perché ormai non dice molto e non si sa più che roba sia. Provate a pensarci. Tutto sotto Natale passa per Natale, senza alcun riferimento a alla Nascita di Gesù Cristo. Faccio qualche esempio.
Cominciamo da Babbo Natale che con il Natale ha poco a che fare, oltre a dar ad intendere ai bambini che quello sia il Natale. Poi: Natale sulla neve, Viaggi di Natale, Acquisti di Natale, Outlet Natale, Pranzo di Natale e si potrebbe continuare all’infinito. Tutto passa per Natale, senza aver a che fare con la Nascita di Gesù. Senza dire che se uno non ha comprato niente in occasione del Natale, pensa e dice: quest’anno ho fatto un Natale di niente. Anzi ho sentito dire: «Che Natale schifoso!». E così anche i bambini, i ragazzi e gli adulti si sentono avviliti, perché la crisi non permette di fare un Natale come si deve. Così il Natale diventa un dispiacere anziché suscitare gioia. Perché non dirci, almeno tra cristiani, che questo modo di pensare e di di agire in occasione della Nascita di Cristo è una vera offesa alla nostra fede, ma io direi è una «bestemmia».
Tutto questo si ripercuote anche nella Liturgia della Chiesa, nella predicazione, perché appena diciamo la parola «Natale», siete sicuri che chi ascolta pensi a Gesù Cristo, alla sua Nascita, o piuttosto a che cosa potrà o non potrà comprare per sé o per gli altri? Sennò, che Natale è? Bisogna ammetterlo, sia pure a malincuore, il consumismo ha ingoiato il Natale e lo ha spogliato del suo significato. Anche le luci per le strade che potrebbero in teoria far pensare alla «Luce» vera, Cristo, che viene a illuminare anche l’uomo del nostro tempo, ma in realtà sono soltanto per «acchiappare» i clienti nei vari negozi, anche la domenica, anzi soprattutto la domenica: già, ma non è il giorno del Signore? E le domeniche di Avvento non preparano al Natale del Signore? Sì, ma che c’entra, gli affari sono affari. E ritorno alla mia proposta: i cristiani lascino il termine Natale e usino sempre di più l’espressione «Nascita del Signore». Non è una novità, ma si usa poco questa espressione, che immediatamente porta la mente a Betlemme, al Bambino, all’annuncio degli angeli, a Maria e Giuseppe, ai Pastori, ai Magi. Anche nella Liturgia, nella predicazione, al Catechismo si usi l’espressione «Nascita del Signore», che non ha tanto bisogno di spiegazione, mentre se dite Natale, vista l’ignoranza religiosa, la parola ha bisogno di una lunga spiegazione. Ho detto qualcosa di nuovo? No, ho semplicemente fatto riferimento a Cristo che nasce per noi.
Carissimo don Franco, la tua è certamente una provocazione, ma quello che dici lo si può sottoscrivere. Purtroppo è vero, il consumismo ha distrutto il significato autentico del Natale e anche i cristiani non sono immuni da una certa mentalità. C’è una «nuova cultura», diceva Giovanni Paolo II invocando una «nuova evaneglizzazione», anzi: c’è bisogno di una nuova evangelizzazione proprio perché c’è una nuova cultura, che non risparmia nemmeno i credenti. Per cui, ripetendo un esempio sentito più volte, siamo di fronte a una realtà che è come una forbice aperta quando si confronta il Vangelo con la cultura attuale (distanza massima), ma che diventa quasi come una forbice chiusa quando il cattolico di oggi si confronta con la cultura attuale (distanza minima).
Buona Nascita del Signore a te, caro don Franco, e a tutti i nostri lettori.
Andrea Fagioli