Attorno a don Andrea c’erano proprio tutti: i genitori, la sorella, i parenti, i molti amici, un presbiterio con tantissimi confratelli che hanno concelebrato, i seminaristi della diocesi di Città di Castello e quelli della nostra diocesi, gli amici con i quali ha frequentato l’Università.E non mancava quel «popolo di Dio» proveniente da Petrignano di Assisi dove il novello sacerdote ha trascorso un anno propedeutico insieme ai fedeli San Giustino dove don Andrea ha svolto una parte del suo servizio durante il periodo del seminario e quelli della parrocchia di Santa Maria delle Grazie in Città di Castello dove ha continuato il servizio e dove ancora si trova. Anche gli amici di lavoro dove per un certo periodo di tempo, prima di iniziare a verificare la sua vocazione, non sono voluti mancare. E c’erano gli amici che insieme a don Andrea sono stati i promotori dell’Associazione Storica dell’Alta Valle del Tevere che pubblica la rivista Pagine Altotiberine e i tanti suoi amici che gravitano all’interno delle comunicazioni sociali, dei mass-media: ToscanaOggi, TeleSanDomenico e L’Altrapagina dove don Andrea svolge l’attività di giornalista pubblicista e dove collabora attivamente.Notevole l’esecuzione dei canti che hanno accompagnato tutta la celebrazione, eseguiti dalla «Schola Cantorum» della Cattedrale di Città di Castello e dalla «Corale Marietta Alboni». Così pure il servizio liturgico è stato un altro tassello che ha impreziosito il tutto. Sembrano cose di poco conto; però hanno reso la cerimonia «non formale» perché si è sentito che tutto un popolo, nelle sue molteplici forme, ha voluto accompagnare questo suo figlio, fratello e amico in tutta la liturgia che è stata un continuo crescendo toccando il punto più alto nelle varie fasi della liturgia dell’ordinazione. Gli stessi sentimenti continuavano a pervadere l’animo anche nel momento che è seguito all’ordinazione il momento dell’agape nel seminario diocesano.Le parole del Vescovo di Città di Castello, monsignor Pellegrino Tomaso Ronchi, sono risuonate in una Cattedrale colma di popolo e silenziosa. Sono state parole forti quelle pronunciate dal presule che hanno messo in luce il ruolo del sacerdote pur non mancando di sottolineare anche il ruolo di ogni singolo cristiano. «Ognuno di noi – ha esordito il Vescovo – si sente preso da intensa gioia e commozione consapevole di partecipare ad un grande evento, direi ad un prodigio. Infatti, un giovane cresciuto in un epoca che pare così allergica agli alti ideali si offre con cuore libero e generoso all’azione dello Spirito Santo per essere segnato e costituito nell’ordine del presbiterato: “dono e mistero”, come l’ha definito il servo di Dio Giovanni Paolo II». Il presule ha ricordato don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso in Turchia un mese fa, dicendo che questo sguardo di predilezione «ci impegna a ricambiarlo fino all’eroismo» proprio come è stato per don Santoro. E ha aggiunto: «Il mondo viene salvato dal crocifisso e non dai crocifissore».Poi il Vescovo ha invitato ogni cristiano all’impegno e alla responsabilità di «una testimonianza coraggiosa» che viene sottolineata dal fatto che «l’uomo guarda all’apparenza» mentre «il Signore guarda al cuore». Da sottolineare quando monsignor Ronchi si è rivolto a don Andrea dicendogli della ricchezza spirituale che offre l’Umbria. E qui ha citato San Francesco d’Assisi e San Benedetto da Norcia. L’esempio di San Francesco gli ha dato la possibilità di parlare delle «mani» del sacerdote: il Santo di Assisi aveva detto che se avesse incontrato un Santo venuto dal Paradiso ed un semplicissimo prete avrebbe chiesto al Santo di consentirgli, prima che a lui, di baciare le mani del sacerdote in quanto «le mani di questo uomo toccano il verbo della vita e possiedono una potenza sovrumana: esse accolgono, fisicamente presente, il Signore crocifisso e risorto, mani preziose per l’umanità che non tengono per sé ma che sono consacrate per elargire agli uomini affamati il Verbo della vita».L’altro aspetto della omelia è stata la conclusione del Vescovo quando ha indicato a don Andrea il primato del sacerdote che è di «seguire il Signore, radicalmente convinti che il nostro primo impegno è di esserci davvero sulle strade dell’uomo a condividere le fatiche, le stanchezze, i dubbi e le inquietudini della gente che cammina, proiettando la luce di Cristo Risorto: ascoltando, accompagnando, condividendo da pellegrini».di Alessandro Boncompagni