Pisa

È QUARESIMA, TAGLIA GLI SMS!

di Francesco Paletti

Per secoli, e fino ad un recente passato, i fioretti sono stati parte integrante, e viva, della tradizionale popolare cristiana: una piccola rinuncia, un servizio o una preghiera in più. Se li ricorda bene madre Laura Natali, abbadessa della comunità delle benedettine di Pontasserchio: «A catechismo ci davano delle pagelline in cui segnare le buone azioni della giornata -ricorda-. C’era anche un punteggio e, alla fine, ovviamente, “vinceva” chi ne aveva fatte di più». Oggi il termine «fioretto» è quasi scomparso nel vocabolario comune.Eppure don Hermes Luppi, parroco di La Cappella, Azzano, Basati e Giustaniana (quattro frazioni montane nel comune di Seravezza) non ha dubbi: «I fioretti esistono ancora, eccome. Anzi forse ce ne sono più di prima: pensate soltanto ai sacrifici che deve fare una coppia normale di fronte ai problemi posti dalla crisi economica, ma anche quello di dover crescere i figli e magari accudire anche i genitori anziani in una famiglia in cui lavorano sia il marito che la moglie. Mi creda, sono piccole grandi sfide quotidiane affrontate da migliaia di famiglie». Per don Luppi è soprattutto una questione di linguaggio: «In una società sempre più laicizzata è scomparsa la parola, ma l’essenza dei fioretti rimane pressoché intatta anche nel nostro tempo». Il fatto è che «il mondo è cambiato e i fioretti, almeno così come ci sono stati tramandati dalla tradizione, oggi rischiano di avere poco senso se non si punta chiaramente sull’integrazione fra fede e comportamenti -spiega il direttore della Caritas diocesana don Emanuele Morelli-. Penso ai nuovi stili di vita: i percorsi di educazione alla legalità, l’attenzione alla salvaguardia del creato e alla giustizia e, in particolare, alla capacità d’indignarsi per i torti subiti da qualcuno che sia diverso da noi. Se vogliamo, sono questi i fioretti del nostro tempo. Ma io preferisco chiamarli segni di Vangelo». Per un cristiano, infatti, Il punto di riferimento dovrebbe essere «la trasformazione interiore e le cosiddette buone azioni una conseguenza di un’esistenza rinnovata dalla fede» precisa Madre Natali. Che proprio nella pastorale e nella pedagogia dei fioretti intravede qualche rischio: «Non è che li respinga -precisa-, però serve un approccio molto equilibrato, altrimenti il rischio è quello di appiattirsi troppo sui gesti perdendo di vista il cambiamento personale: la vita di ciascuno di noi, infatti, non può essere considerata alla stregua di una sommatoria di buone azioni». L’esempio può venire da San Francesco: «Lui mica voleva fare i fioretti -continua l’abbadessa-: non a caso non ha  nemmeno mai usato tale definizione, che infatti è successiva, per descrivere i suoi comportamenti. Semmai questi sono stati la conseguenza della scelta, consapevole, di cambiare la propria vita».Sulla consapevolezza insiste anche il professor Gaetano Barletta, psicologo e psicoterapeuta: «Scegliere significa saper selezionare ciò che, in un dato momento della vita, è importante da ciò che non lo è -spiega-. In tal senso riflettere sui fioretti da fare, e soprattutto sul perché si decide di farli, aiuta a rendere la vita un’esperienza pensata». Il riferimento è anche alla tv e ai nuovi media digitali. Che, per lo studioso, non vanno assolutamente demonizzati: «Un conto è l’uso e un altro è l’abuso -spiega-. Sono convinto che internet costituisca un’esperienza culturale capace di allargare gli orizzonti del sapere e fare il fioretto di rinunciarvi significa soltanto precludersi opportunità di conoscenza». C’è uso ed abuso: «Esiste senz’altro ed è una forma grave di dipendenza -racconta-: nella mia attività di psicoterapeuta m’imbatto spesso in genitori disperati perché il figlio trascorre sei o sette ore al giorno connesso. Quando, però, si colmano i propri vuoti e le solitudini con la comunicazione virtuale, siamo di fronte a un problema molto serio. Qui proprio non è una questione di fioretti». Eppure «coltivare un po’ di più la cultura del limite e della prudenza non guasterebbe affatto», puntualizza Andrea Tomasi, docente alla facoltà di ingegneria informatica e responsabile dell’ufficio informatico della diocesi di Livorno. Anzi, ne guadagnerebbe anche l’approccio al virtuale e ai social network: «Quando si naviga all’avventura, gironzolando a casaccio, qualche rischio inevitabilmente lo si corre: è un po’ come addentrarsi in strade mal frequentate: magari non succede nulla, ma alcune volte qualche disavventura può capitare». Dunque, «ben venga il fioretto di un utilizzo un po’ più sobrio della rete». Perché, «in ultima analisi -spiega don Enrico Giovacchini, prete sociologo, responsabile diocesano della Pastorale Sociale e del Lavoro-, anche attraverso di essi si può educare alla relazione con gli altri e all’impegno per il bene comune».

I mille buoni propositi dei ragazzi degli oratori

AGNANO – Un semplice proposito, da rispettare… fino all’appuntamento successivo. È quello che chiedono ai «loro» ragazzi – centinaia di bambini delle scuole elementari o preadolescenti delle medie – gli animatori degli oratori pisani legati alle missioni dell’Operazione Mato Grosso ai centri aggregativi delle Ande, in Perù. «Perché, in fondo, i fioretti sono proprio questo – dice Yuri Gentilini, uno degli animatori -  piccole rinunce per far pulizia nel proprio cuore e prepararsi meglio all’incontro con Dio». A San Cosimo e Damiano come a San Biagio, ad Agnano come a Zambra, a San Lorenzo a Pagnatico come a San Frediano a settimo, i ragazzi degli oratori «convivono» con i fioretti. I più ricorrenti? «L’impegno a non mangiare dolci o non guardare la tv, a privarsi dei giochi elettronici. Ma anche, in positivo: a partecipare alla Messa comunitaria domenicale o a dare una mano a tavola». Ad Agnano, i bambini scrivono il loro proposito dietro un fiore di carta, che poi viene portato in offerta a Dio il giorno dopo durante la Messa comunitaria, mentre un braccialetto «ricorda» il proposito durante la settimana; all’appuntamento oratoriano successivo, cambio di «fioretto». Per i ragazzi più grandi, invece, il «fioretto» vale per l’intera Quaresima: e se uno tentennerà di fronte ad una … tentazione, state certi che un compagno di oratorio lo aiuterà a superarla. In San Frediano, il proposito settimanale lo si «scopre» aprendo una casellina (un’idea che sa molto di… calendario dell’Avvento). A Zambra il «fioretto» si concretizza nell’impegno del gruppo ad aiutare ora i coetanei del Perù, ora i bambini di Haiti. Così i ragazzi crescono in amicizia con Gesù. E i genitori gongolano.Andrea Bernardini

In casa senza tv: c’è chi ci riesce

PISA – Ma «vuoi mettere le avventure di Margheritina, Papaverino e Leone raccontate dal babbo?». Non ha dubbi Irene Bonaccorsi, moglie di Daniele Tarini,  e mamma di Matteo (8 anni), Damiano (7) e Margherita (5) su quanto sia più bello vivere senza tv: «meglio un video-proiettore e la possibilità di scegliere  che cosa guardare e quando e con chi farlo» spiega. O, ancora più interessante, la saga dei tre coniglietti (Margheritina, Papaverino e Leone appunto), raccontate da papà Daniele: ogni sera, più o meno all’ora del tiggì, un nuovo episodio. E guai a dargli dei disinformati: «C’è la carta stampata e, soprattutto, internet: le assicuro, c’è modo di mantenersi informati anche senza tv». Perché la vita senza il tubo catodico non è una rinuncia, semmai una specie di filosofia. Dai Tarini, infatti,  nulla, o quasi, è «off limits»: daI cartoon della Disney all’ultimo film uscito in videoteca: «L’importante è scegliere che cosa guardare e non  lasciarsi andare all’abitudine». E dire che tutto è nato per caso: «Tre o quattro anni fa semplicemente si è rotto il nostro televisore e abbiamo scoperto che si stava notevolmente meglio. Così abbiamo deciso di non ricomprarlo».