Italia

E’ Prato la capitale toscana dell’immigrazione

di Francesco PalettiL’immigrazione in Toscana continua a crescere, nonostante le crisi dell’ultimo anno vissute dall’economia regionale e i «decreti flussi» incapaci, a detta degli addetti ai lavori, di rispondere al fabbisogno occupazionale e alla pressione migratoria. Nel 2005, infatti, gl’immigrati regolarmente soggiornanti in Toscana erano quasi 250mila, circa il 10% in più dell’anno precedente.

L’occasione per aggiornare il quadro dell’immigrazione toscana è stata offerta, come ogni anno, dalla presentazione regionale del Dossier Statistico Immigrazione della Caritas Italiana, un’occasione di studio e di riflessione promossa da Caritas Toscana in collaborazione con l’amministrazione provinciale di Lucca, cui è intervenuto anche l’assessore regionale alle politiche sociali Gianni Salvadori.

Poche novità e tante conferme rispetto alle tendenze degli anni precedenti. A cominciare dal fatto che gl’immigrati sono, ormai, una componente strutturale della popolazione regionale: ogni cento cittadini sette sono immigrati, un valore che colloca la Toscana al di sopra del dato medio nazionale. Si tratta del prodotto di un incremento costante cominciato all’inizio degli anni ’90 se è vero che negli ultimi dieci anni, il numero degli immigrati regolarmente soggiornanti è quasi triplicato.

Dove vivono. L’incremento regionale è la conseguenza di un aumento abbastanza omogeneo in tutti i contesti provinciali: la crescita più elevata si è registrata a Firenze (+11,6%), seguita da Siena (+10,3) e Pisa (+9,8). Quella meno consistente ad Arezzo (+8%). In valore assoluto oltre un terzo (84.570 persone) vive nell’area fiorentina. Ma la provincia con la più elevata incidenza percentuale d’immigrati sul totale della popolazione residente è quella di Prato dove tredici cittadini su cento sono stranieri. Seguono Firenze (8,7), Siena e Arezzo (7,2), Pistoia (5,9), Pisa (5,6), Grosseto e Lucca (4,9), Livorno (3,8) e Massa Carrara (3,7).

Il lavoro. Nonostante i venti di crisi che hanno soffiato sull’economia toscana nel 2005, il contributo della manodopera straniera al fabbisogno occupazionale regionale resta elevato: ogni cento lavoratori assicurati, infatti, ben tredici (12,7%) sono immigrati. Ma, dopo un quinquennio di crescita costante, l’anno scorso il loro numero è rimasto sostanzialmente stabile: «Senz’altro il vertiginoso aumento degli anni scorsi trova una parziale spiegazione nell’emersione del lavoro sommerso – spiegano gli esperti della Caritas –, ma non si può negare che la crisi economica abbia fatto sentire i suoi effetti anche sui lavoratori stranieri».

I settori specifici in cui l’incidenza della manodopera non italiana è maggiore sono quelli a più alta intensità di lavoro: gl’immigrati sono il 67% dei lavoratori familiari, il 24,5% di quelli impegnati nelle costruzioni e più del 20% di coloro che operano nell’agricoltura, nell’industria tessile e nel settore turistico-alberghiero. Dati che, secondo gli esperti del Dossier, confermano ciò che sta accadendo anche in Toscana ormai da doversi anni, «ossia che gli stranieri sono più propensi degl’italiani ad occupare i posti di lavoro più pesanti».

Da un altro punto di vista, invece, gl’immigrati «toscani» confermano la loro spiccata vocazione all’autoimprenditorialità. L’elevata incidenza dei permessi di soggiorno per lavoro autonomo (9,8% del totale) trova conferma nella crescita costante dell’imprenditoria: secondo l’Irpet, infatti, tra il 2000 e il 2003 gl’imprenditori stranieri sono aumentati di ben il 45%.

Le provenienze. Ogni cento immigrati soggiornanti in Toscana 52 sono europei, 23 asiatici, 16 africani e 9 americani. Rispetto al trend nazionale si acuiscono ulteriormente le tipicità della Toscana, caratterizzata da una particolarmente marcata presenza di cittadini d’origine europea (+3% rispetto alla media nazionale) e soprattutto dell’Estremo Oriente (+8,1%) e da una più ridotta incidenza di quelle d’origine africana (-7,3%) e sudamericana (-7,3%).Il gruppo nazionale più numeroso è quello albanese (35.736 persone). Seguono i cinesi (23.632), i rumeni (21.956) e i marocchini (14.267).

I motivi del soggiorno. La quasi totalità degl’immigrati «toscani» (97,6%) ha un titolo di soggiorno che presuppone un inserimento stabile o quanto meno di lunga durata. Rispetto agli anni precedenti si attenua l’incidenza dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato (-5,2%) e cresce quella dei ricongiungimenti familiari (+4,5), oltre a quella dei lavoratori autonomi che raggiungono punte particolarmente elevate nelle province di Firenze (13%), Prato (12) e Massa Carrara (10,9%).

Il disagio degl’immigrati. Il quadro tratteggiato dal «dossier» è quello di un’integrazione possibile, e in parte già in corso d’opera, tanto nei luoghi di lavoro che nei contesti di vita. Ma non mancano le difficoltà, colte soprattutto dai Centri d’Ascolto delle Caritas toscane, vere e proprie antenne sparse su tutto il territorio regionale: la principale è legata alla condizione d’irregolarità, ostacolo quasi insormontabile per qualsiasi percorso d’inserimento, che riguarda oltre la metà (51,6%) degli stranieri che si sono rivolti alle strutture d’accoglienza della rete regionale.

Legge regionale, le proposte della CaritasIl riconoscimento del diritto di voto amministrativo, «condizionato a situazioni di presenza stabile sul territorio regionale», ma anche la promozione di percorsi che facilitino l’acquisizione del diritto di residenza, un monitoraggio regionale sull’uniforme applicazione della normativa in materia d’immigrazione, la possibilità d’assunzione anche con la sola richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno e l’istituzione di un ufficio regionale incaricato di seguire le istruttorie amministrative relative ad infermieri e radiologi non comunitari da inserire nelle strutture ospedaliere regionali.Anche Caritas Toscana prende parte al dibattito che sta accompagnando la progettazione della nuova normativa regionale in materia d’immigrazione. Lo fa con un documento ampio e dettagliato, posto all’attenzione dell’assessore regionale alle politiche sociali Gianni Salvatori, che prende in considerazione tutti gli aspetti centrali del percorso d’integrazione del cittadino: dalla scuola al lavoro, passando per la tutela della famiglia, l’alloggio, la mediazione interculturale e l’integrazione interreligiosa. Senza dimenticare quei cittadini immigrati che vivono una condizione di particolare disagio: detenzione, disagio psico e vittime di tratta.

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