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E la società civile prese il posto degli Stati

di Romanello CantiniL’Africa è ancora il continente dove quasi la metà dei suoi ottocento milioni di abitanti vive con meno di un euro al giorno. È il continente dove le guerre continuano per decenni quasi indisturbate dalla comunità internazionale e dove solo l’uno per cento delle decine di milioni di malati di Aids riceve qualche cura.

L’Africa è anche il continente più dimenticato che fa capolino sui giornali quando esplode una delle sue stragi sistematiche come quella attuale del Dalfour in Sudan o quando centinaia di migliaia di persone sono disposte a rischiare di morire nel Sahara o nel Mediterraneo pur di raggiungere il miraggio di Lampedusa.

E tuttavia nel rapporto dell’Africa con il resto del mondo ci sono nuove disillusioni, ma anche nuove speranze. È da tempo in crisi lo strumento degli aiuti umanitari. Lo hanno ridotto al minimo l’avarizia dei paesi donatori, ma anche il sospetto della corruzione dei governi dei paesi beneficiari, la distorsione prodotta nel mercato locale dai prodotti gratuiti, l’uso militare che spesso la guerriglia e la controguerriglia fanno della distribuzione degli aiuti.Con la liberalizzazione dei mercati è venuta meno anche la volontà e la possibilità di sostenere i prezzi delle materie prime di cui si parlava negli anni Settanta.

Ma se nel frattempo si è indebolito il ruolo delle istituzioni internazionali e dei governi nazionali per l’intervento in Africa, si è invece moltiplicato a livello mondiale il ruolo della società civile e delle istituzioni intermedie. Migliaia di organizzazioni non governative raccolgono oggi fondi notevoli e soprattutto li trasformano direttamente in progetti sul terreno. Aumentano i rapporti diretti fra gli stati africani e le imprese private di altri paesi con uno scambio fra la promessa di buon governo e gli investimenti stranieri. Crescono gli interventi degli enti locali intorno a singolari iniziative in particolari regioni. Perfino le grandi aziende hanno ormai scoperto che dare vita ad una iniziativa umanitaria o ambientale in un paese povero può essere un buon strumento di promozione di immagine.

In altri termini ciò che in passato era ritenuto un ruolo esclusivo degli stati diventa sempre più una partecipazione delle persone, delle organizzazioni e delle comunità. Si perde qualcosa in grandezza, ma si acquista in qualità e soprattutto si semina largamente in termini di consapevolezza, di empatia con chi soffre e di risposta personale alla propria coscienza.

Noi e l’Africa. Un destino e una missione comune