Vita Chiesa
E il Concilio scoprì il cammino ecumenico
Con la sua stesura, infatti, si riconosce per la prima volta in un testo di un Concilio, la dignità e l’importanza all’ecumenismo. Con esso la Chiesa cattolica abbandona innanzitutto la posizione di un totale rifiuto di dialogo con le altre Chiese cristiane, che avveniva solo in caso di espressa autorizzazione da parte del vescovo, e al tempo stesso abbandona quella che era considerata la posizione «ecumenica» ufficiale, che mirava al dialogo con gli «scismatici», gli «eretici», solo per riportarli nell’alveo della dottrina cattolica.
La ricezione del decreto suscitò molto interesse anche da parte delle altre confessioni cristiane. Al Concilio erano presenti come osservatori, senza diritto di voto, alcuni esponenti delle comunità cristiane non cattoliche, tra le menti più lucide ed illuminate di quel tempo. Erano semplici osservatori che però, periodicamente, si incontravano con il cardinal Agostino Bea, che presiedeva il segretariato che redigeva questo testo. Per questo sarebbe interessante conoscere quali furono le osservazioni che vennero fatte intorno al documento e quanto influirono anche sulla storia e sull’evoluzione delle altre confessioni cristiane.
In questi mesi il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, ha riportato nuovamente l’attenzione su questo testo, considerato attuale e di facile lettura anche per la sua brevità: «Sicuramente – sottolinea il professor Burigana – esso rappresenta uno dei documenti più attuati e allo stesso tempo più inattuati del Concilio. Attuato, nello spirito, perché, seppure rimangano all’interno di ogni Chiesa alcune perplessità in merito all’ecumenismo, i fedeli hanno accettato l’idea che non ci si possa più rivolgere agli altri cristiani come a degli scismatici o eretici ed il dialogo tra le Chiese è in questi anni più che mai vivo. Inattuato però, perché ancora oggi l’ecumenismo spesso è vissuto come qualcosa in più, mentre nello spirito dei padri del Vaticano II l’ecumenismo era uno dei fondamenti per ripensare il modo di esprimere la propria fede. In questo senso Kasper ha voluto riportare l’attenzione sul decreto, perché, partendo dai principi che esso diffonde, si possa comprendere che l’ecumenismo non è una materia per addetti ai lavori, ma fa parte dei fondamentali valori della dottrina cattolica. In fondo l’ecumenismo non è altro che la disponibilità ad ascoltare l’altro, a dialogare, a comprendere, a mettere in comune il proprio modo di leggere l’esperienza di Cristo, con umiltà e semplicità, nella convinzione che questo arricchisca gli altri e consenta di comprendere sempre meglio il patrimonio che ci accomuna».
Anche il Cedomei ha in programma di dare nuovo valore al decreto Unitatis Redintegratio: «Il decreto – afferma il direttore del centro livornese – è un po’ la magna charta di tutti i centri ecumenici cattolici del mondo, per questo è sempre bene farlo conoscere, diffonderne i principi e, in parte, ancora scoprirne certi aspetti rimasti nell’ombra. Lo studio di questo documento però deve essere inserito nello studio più completo del contesto in cui fu formulato, e quindi del Vaticano II; per questo il Cedomei ogni anno ad ottobre fa memoria dell’apertura del Concilio proponendo l’approfondimento di un aspetto o di un documento maturato intorno a questo grande evento. Anche la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha rappresentato un momento per riflettere sull’avvenimento che ha cambiato la storia della Chiesa».