Dossier

E al cinema siamo tutti un po’ marziani

di Francesco MininniAnche se i migliori non vengono da Marte, bisogna dire che al cinema siamo tutti marziani. O almeno lo eravamo, quando negli anni Cinquanta questo pianeta rosso non lontanissimo, ma misterioso, sfornava extraterrestri a getto continuo. Con i tentacoli, con le orecchie a trombetta, con le antenne, con teste e cervelli enormi, con tre occhi (quando erano pochi), spesso di colore verde, quasi sempre minacciosi e aggressivi, i cosiddetti marziani provocarono una sorta di psicosi di massa che portò ad accomunare sotto quel nome qualunque essere o cosa arrivasse dallo spazio profondo.Eppure Klaatu di «Ultimatum alla Terra» veniva da un pianeta non meglio identificato che Marte non era. Il professor Morbius con la figlia Altaira e il robot Robby, ne «Il pianeta proibito», abitavano la stella Altair. I baccelli de «L’invasione degli ultracorpi» venivano semplicemente dallo spazio. Per non parlare del monolito nero di «2001: Odissea nello spazio»: Giove e oltre l’infinito.

Ciò nonostante, Marte ha sempre esercitato un fascino primario sugli autori e soprattutto sui fruitori della fantascienza. Da quando Orson Welles terrorizzò l’America con la cronaca radiofonica di un’invasione aliena che gli ascoltatori presero sul serio, l’eventualità di un attacco dallo spazio divenne molto più della semplice fobia di un singolo. E per qualche strano motivo, la base di partenza era sempre Marte. In «Invasori spaziali» di William Cameron Menzies (rifatto da Tobe Hooper come «Invaders») nessuno credeva a un bambino testimone dell’arrivo di un’astronave. In «Volo a Marte» di Lesley Selander una spedizione terrestre scopriva che i marziani erano molto evoluti, ma incapaci di viaggiare nello spazio. Ne «La guerra dei mondi» di Byron Haskin gli invasori spaziali erano distrutti dall’atmosfera terrestre.

Ne «Il vampiro del pianeta rosso» di Roger Corman, commistione di fantascienza e horror, l’alieno aveva bisogno di sangue per salvare la propria razza. In «Marte distruggerà la Terra» di Ib Melchior si verifica una strana anomalia: i marziani cacciano i terrestri dal loro pianeta e rifiutano qualunque contatto perchè preoccupati di subire qualche nefasta influenza.

In tempi più recenti, a parte il mediocre «Pianeta rosso» di Antony Hoffman, la Marte-mania torna in due film diversissimi e in un certo senso diametralmente opposti. In «Mars Attacks!» Tim Burton immagina una invasione in piena regola che i terrestri riusciranno a fermare soltanto con l’aiuto della musica country. Né del tutto serio né veramente burlesco, il film offre comunque qualche pagina di interessante trasgressione. «Mission to Mars» di Brian De Palma, invece, racconta il viaggio di un’astronave terrestre verso il pianeta rosso. Interessante nella prima parte, allunga inutilmente il ritmo nella seconda fino ad arrivare a una conclusione (un’ipotesi francamente bizzarra sulla nascita della Terra) che lascia perplessi anche i più incrollabili materialisti.

Ora che Marte sembra sempre meno lontano, può darsi che la fantascienza passi a pianeti come Nettuno o Plutone, decisamente poco considerati fino ad oggi. O forse sarebbe meglio che la scienza (quella vera) si occupasse della Terra e dei suoi problemi (quelli veri) lasciando al cinema idee bislacche e strani esperimenti.