Pisa

Duemila in Cattedrale per la giornata del malato

Mary è una delle prime ad entrare dalla porta detta del Santissimo. Arriva in sedia a rotelle, accompagnata dal marito Gianfranco. Li chiamano «gli sposini dell’Unitalsi». Sposini maturi: hanno sessant’anni a testa, ma ispirano in tutti tenerezza e serenità.Lei, schiva, si piazza sotto le telecamere di Granducato tv, per non essere ripresa. L’emittente toscana dedica due ore di diretta alla celebrazione della giornata del malato dal Duomo di Pisa: suggestive le immagini, pochi ma significativi gli interventi del giornalista Antonello Riccelli e dell’unitalsiano Costantino Raspi. Per la prima volta, migliaia di ammalati possono assistere da casa alla celebrazione pisana.In Duomo sono quasi in duemila. Con l’Unitalsi, altre 23 sigle di enti, istituzioni, associazioni. Un vero universo variopinto: incroci l’arancio dei volontari della Misericordia, il rosso dei soci dell’associazione nazionale carabinieri, il celeste degli scouts giovani o adulti o il blu della divisa dei vigili urbani. Enzo Battaglia, 23 anni, che da pochi mesi ha iniziato il servizio civile nell’Unitalsi a Pisa, veste per la prima volta la divisa dell’associazione: cravatta blu e bordeaux, giacca blu con stampato lo stemma del sodalizio. Alla guida del pulmino ha portato in Duomo dalla chiesa di San Ranieri al Cep Cesarina e Fulvia, due nonne della periferia di Pisa: «Nei loro occhi leggi la soddisfazione per un incontro speciale col Signore» osserva Enzo. Ammalati e disabili, volontari, sindaci, addetti alla pubblica sicurezza: sono tutti uguali agli occhi di Dio. Questo gli unitalsiani lo sanno e infatti nel sodalizio non ci sono «assistenti» o «assistiti»: ciascuno offre al prossimo (e a Dio) il meglio di sé stesso. Come Paolo Galluzzi, 37 anni, disabile. È arrivato in auto da solo. Paolo è un volontario «storico» dell’Unitalsi, animatore del «Punto d’incontro», il centro di aggregazione sorto di recente in centro storico a Pisa. Adesso distribuisce le bacchette di plastica fosforescenti che quest’anno hanno sostituito (sic) i flambeaux.Paolo ascolta le parole del nostro arcivescovo. Alessandro Plotti tocca le corde giuste nel suo intervento sviluppando il tema scelto per la giornata: «alla scuola del malato… teniamo accese le nostre lampade». «È un grande giorno. Ma i malati sono tali 365 giorni l’anno ed i valori portati avanti dall’associazione dovrebbero incarnarsi meglio nel sentire comune». Mary ci regala un ultimo sorriso: «nessuno ci chiede di vivere gioiosamente la nostra sofferenza. Ma di accettarla, questo sì. Con serenità. E se le forze fisiche ci abbandonano, possiamo ancora far molto: offrendo agli altri che soffrono la nostra preghiera».