Vita Chiesa
Due toscani di fronte ai segreti di Qumran
di Riccardo Bigi
La scoperta, nel 1947, dei famosi rotoli del Mar Morto, i più antichi testi della Bibbia che oggi possediamo, suscitò nella comunità scientifica mondiale grande clamore, tanto da essere definita la più grande scoperta archeologica del Ventunesimo secolo. Ma se i manoscritti in questi 55 anni sono stati studiati a fondo, finora non era mai stato compiuto uno studio sulle ceramiche di Qumran, ritrovate nelle grotte vicino al Mar Morto, tra cui anche le giare (diverse decine) che contenevano proprio quei manoscritti.
Questo studio è stato compiuto adesso durante il Qumran Seminar, a Gerusalemme, da un’equipe di studiosi italiani guidata da Marcello Fidanzio e da Riccardo Lufrani. La Facoltà Teologica dell’Italia Centrale ha partecipato a questo progetto in collaborazione con l’École Biblique et Archéologique Française di Gerusalemme ospitando due sessioni preparatorie nella propria sede di Firenze e inviando due dei suoi studenti di Teologia Biblica, Diletta Rigoli e don Bledar Xhuli.
«La nostra esperienza – affermano i due – è stata entusiasmante. Lavorare a contatto con archeologi di fama internazionale è stato altamente formativo, senza contare l’emozione di poter toccare con mano quei reperti archeologici non ancora pubblicati che hanno segnato la storia dellelle scienze bibliche. Ma la soddisfazione più grande sarà vedere che il frutto del nostro lavoro offrirà alla comunità scientifica internazionale, dopo quasi sessanta anni dai ritrovamenti, i primi dati sulla ceramica di Qumran».
Per la prima volta infatti è stato possibile esaminare, catalogare e studiare le numerose ceramiche ritrovate a Qumran, custodite nei sotterranei del museo Rockfeller di Gerusalemme e finora inaccessibili agli studiosi. Le «giare-manoscritto», hanno spiegato Diletta Rigoli e don Bledar Xhuli in conferenza stampa, sono cilindri di ceramica alti circa un metro, di fattura molto raffinata, che vanno dal 2° secolo a.c. al 70 d.c. La «lettura» delle giare, e dell’altro materiale ceramico ritrovato nel sito archeologico (molti piatti, che probabilmente servivano per la offerte votive, ma anche brocche, vasi, unguentari) secondo i due studenti potrebbe confermare che Qumran (su cui esistono ancora molti misteri e punti di controversia tra varie correnti di pensiero) sia stato un importante centro di spiritualità e di culto, di cui le grotte (in cui le giare sono state ritrovate) costituivano una specie di «biblioteca» per la conservazione del testo sacro nella sua purezza.
L’importanza di Qumran è nota a tutti, da quando nel 1947 furono casualmente ritrovati dal pastore beduino Mohamed il Lupo, i manoscritti chiusi nelle giare nascoste dentro le grotte vicino a Qumran, sulle sponde del Mar Morto. Così iniziava la lunga e controversa storia dei famosi rotoli, contenenti i più antichi testi biblici in nostro possesso.
Le avverse condizioni geopolitiche della regione e gli anni difficili in cui questi ritrovamenti hanno visto la luce, non hanno impedito a Roland De Vaux, domenicano dell’Ecole Biblique, di condurre gli scavi delle grotte e dell’insediamento adiacente, e formulare la sua celebre teoria che legge e interpreta il sito archeologico come un «monastero esseno». De Vaux, che negli anni successivi aveva pubblicato periodici rapporti sulla Revue biblique, propose nel 1959 la sua teoria: Qumran era il sito comunitario degli Esseni, una setta che intorno al 150 a.C. si era staccata da Gerusalemme, in opposizione all’«empia» ellenizzazione dell’ebraismo, per praticare il lavoro, la preghiera e l’osservanza della purità rituale; e i rotoli erano la loro biblioteca, nascosta nelle grotte per metterla in salvo, al tempo della rivolta antiromana culminata nella distruzione del Tempio, nel 70 d.C.
Nel periodo successivo la prematura morte di De Vaux nel 1971, gli studi si approfondirono e la teoria dell’archeologo subì le prime forti critiche: si constatò che solo una parte dei documenti rimandava agli Esseni, gli altri attestavano tendenze religiose diverse e anche divaricanti. Qualcuno, poi, risaliva addirittura al III secolo a.C. Il limite di De Vaux fu di mischiare la descrizione e l’interpretazione. Tuttavia mentre i manoscritti furono completamente pubblicati negli anni ’90, i materiali di scavo, rimasti «dormienti» dalla metà degli anni 50, nel 1987 furono affidati dall’École Biblique all’archeologo domenicano Jean-Baptiste Humbert, sotto la cui supervisione ha operato la squadra italiana dal primo al quindici febbraio di quest’anno.