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Due novembre: un omaggio ai militi ignoti di una guerra contro i poveri
Vedi? Qui riposa il tuo nonno, la tua nonna; il tuo bisnonno, la tua bisnonna. Guarda la foto: ti assomiglia. Ha gli stessi tuoi occhi… Adesso è sotto terra ma è anche in cielo. Sotto terra diventerà polvere; in cielo invece non smetterà mai di crescere e la sua anima sarà sempre più luminosa man mano che si avvicinerà ai santi e a Gesù, e tutte le loro luci diventeranno un unico bagliore. Ti vede, sai? Si ricorda di te e ti sorride…
Portiamo i bambini al cimitero, nel giorno dei morti. C’è chi non li porta per «non impressionarli». Ma loro non si impressionano per niente. Sono certi adulti che, sentendo avvicinarsi il giorno fatale, ignoto eppure ineluttabile, si «impressionano» ma, per non ammetterlo, proiettano la loro «impressione» sui più piccoli.
Portiamo i bambini, lasciamo un fiore e una preghiera. E visitiamo tutto il cimitero, per quanto possibile. Ricordando i morti che nessuno forse ricorda e le cui tombe giacciono solitarie. Spieghiamo che i morti non sono mai davvero soli, Lassù; ma a tutti fa piacere essere ricordati e ricevere una visita.
A tutti, proprio a tutti. Ai morti che hanno un nome, una dedica affettuosa, un fiore. E quelli che non hanno proprio niente e sono svaniti.
Se l’anno scorso l’invito era a recarsi all’Isola dei morti, sul Piave, per ricordare a un secolo di distanza il macello della prima guerra mondiale e della Battaglia di arresto, oggi c’è un’altra ecatombe da non lasciare nel silenzio. Per questo, dopo aver visitato i nostri cari, saliamo in macchina o in treno e andiamo verso il mare. Sarà una gita più comoda di quella per il lontano Veneto. Il Tirreno è a due passi. Il Tirreno è un pezzo di Mediterraneo. E il Mar Mediterraneo, negli ultimi anni, è diventano una colossale tomba dove giacciono innumerevoli militi ignoti della guerra dichiarata contro poveri e indifesi da cinici dissoluti a cui i morti, uno cento centomila, non fanno né caldo né freddo.
Sono numeri, freddi e grigi, come quelli che ogni tanto sentiamo snocciolare dai giornali o dai tg. Li leggiamo con un occhio solo e li ascoltiamo con un unico orecchio (bucato), tanto ci siamo assuefatti a un orrore troppo remoto perché venga percepito davvero come «nostro». Negli ultimi 15 anni, sono naufragati e annegati nel nostro mare oltre 30 mila migranti; tremila nel 2017, circa 1500 nei primi sei mesi di quest’anno. Tra quanti tentano la fortuna e si imbarcano, uno su dieci non ce la fa e muore annegato. Una strage.
Il Mar Mediterraneo è una tomba liquida che continua a rivelarci il suo volto più gentile. Il tramonto sul Tirreno è romantico e ispira innamorati e poeti, o semplicemente chi ama farsi dolcemente avvolgere da colori che mutano e avvolgono e sfumano, e infine svaniscono. È bello che sia così. Ma questo venerdì, se possibile, o sabato o domenica, per un giorno all’anno, andiamo sulla nostra costa toscana a pregare per i defunti ignoti disciolti nel grande mare. Il Mediterraneo è un parco giochi per villeggianti, nuotatori, velisti; una via di comunicazione; il luogo di lavoro per i pescatori; ma è anche un cimitero senza becchini.
Sognavano e il loro sogno è stato spezzato. Non abbiamo potuto salvarli, almeno ricordiamoli nel giorno dei Morti che viene dopo quello di Tutti i Santi e dev’essere dunque il giorno di Tutti i Morti, nessuno escluso. Portiamo i nostri bambini, spieghiamo loro perché siamo lì, e affidiamo alle onde un fiore e una preghiera. Una speciale per Aylan, che le onde restituirono alla nostra pietà, e fu troppo in fretta dimenticato.