Opinioni & Commenti
Due condizioni e una circostanza per la politica italiana
Due fatti che hanno chiuso, non solo simbolicamente, due fasi storiche della vita del Paese. Infatti, si può affermare che in quelle ore, per certi versi drammatiche, è come se fossero state definitivamente affidate alla memoria storica la Prima e la Seconda Repubblica. Emilio Colombo, l’ultimo padre costituente, a 93 anni ha lasciato la scena pubblica, dopo aver presieduto la prima seduta del Senato che ha registrato l’irruzione nell’aula di Palazzo Madama dei «cittadini» del Movimento 5 Stelle.
Silvio Berlusconi, il cavaliere che ha menato le danze della politica italiana negli ultimi venti anni, dettandone l’agenda sino a pochi giorni prima della sentenza, ha dovuto subire una durissima umiliazione che ne ha deturpato oggettivamente il volto pubblico. La sua condanna ha inoltre inferto un colpo pesantissimo ai cardini della Seconda Repubblica, che proprio lui aveva modellato con una forte leadership carismatica e un bipolarismo muscolare oggettivamente inefficace per governare la complessità di un Paese post moderno, invischiato nella rete della globalizzazione.
Prima e Seconda Repubblica addio? Non possiamo dirlo con certezza, ma gli indizi ci sono tutti per immaginare che il Paese abbia dinanzi a sé una fase di ricostruzione, in vista della Terza Repubblica. Una stagione lunga o breve lo si capirà presto, anche sulla scorta del comportamento delle due maggiori forze politiche in campo: il Pd e il Pdl. L’una, erede diretta attraverso le sue mutazioni (Pci, Pds, Ds, Pd), della Prima Repubblica. La seconda, espressione palese della Seconda Repubblica, nata con il sogno americano di Berlusconi e tramontata nelle grigie aule giudiziarie di Milano, dove mai un ex Premier avrebbe dovuto essere giudicato per reati oggettivamente infamanti.
Per costruire la Terza Repubblica il tempo a disposizione è davvero poco. Le forze politiche, con l’ombrello del Quirinale hanno tracciato un percorso di 18 mesi. Tanto o poco è difficile dirlo. In ogni caso, si tratta di tenere al sicuro il governo in carica perché operi senza smagliature, nella speranza che due condizioni vengano rispettate e che una circostanza si materializzi.
Le due condizioni: conservare sempre la temperatura politica a un livello sopportabile perché nessuno venga preso dalla smania elettorale e conservi la lucidità necessaria (mente fredda) per approntare riforme istituzionali e costituzionali largamente condivise; preservare tenacemente la prospettiva garantista, così che l’imputato principe, Silvio Berlusconi, non abbia mai la tentazione di ribaltare il tavolo delle riforme. Del resto l’essere garantisti, non è una prerogativa assoluta né di destra né di sinistra. È, invece, un caposaldo della fisiologia democratica. Ma in questo Paese di tifosi, si preferisce un nemico distrutto dalle sentenze (giuste o sbagliate non importa) ad un avversario battuto politicamente. L’una o l’altra scelta misurano, però, la qualità della nostra democrazia. Infine la circostanza favorevole: tutti dobbiamo augurarci di vedere presto la fine della Grande Recessione nella quale siamo immersi sino al collo. Speriamo di poterlo raccontare presto. A noi stessi e ai nostri figli.