Prato

Ds-Margherita, il braccio di ferro d’autunno

di Gianni RossiIl nodo è tutto politico. Da una parte la Margherita, con l’assessore all’urbanistica Stefano Ciuoffo. Dall’altra i Ds, decisi a non lasciare troppa autonomia in una materia così strategica all’alleato. Nel mezzo il sindaco Marco Romagnoli, da cui gli uni e gli altri si attendono una mossa. È la grande partita della variante al piano strutturale, di fatto un nuovo piano regolatore generale. Al rientro dalla ferie l’agenda politica è zeppa di questioni importanti per il futuro della città: il nuovo disegno urbanistico della città, il termovalorizzatore, il cui dibattito si lega a quello sull’area metropolitana (o vasta che dir si voglia…), l’interporto, il via libera definitivo alla multisala. C’è pure il Mercatale: il progetto di massima della sistemazione della piazza in superficie, dopo il dibattito di questa estate, dovrebbe essere presentato nei prossimi giorni. Il barometro della politica cittadina, però, non indica il sereno. O, almeno, non lo indica in Comune, ché in Provincia nubi non ce ne sono. Il capogruppo della Margherita Luca Roti, in una recente intervista al nostro settimanale, aveva giudicato troppo carente il bilancio dei primi due anni del mandato del sindaco Romagnoli. E non è un mistero che il segretario Lamberto Gestri abbia con il sindaco un rapporto «dialettico». Insomma, la Margherita, pur con le attenuanti delle difficoltà di bilancio che hanno di fatto bloccato più di un anno di legislatura, non è molto soddisfatta di come vanno le cose in Comune. La cartina di tornasole sarà proprio la variante. Il dibattito dell’ultimo anno – l’assessore Ciuoffo con la Margherita avrebbero voluto accorciare i tempi con tre varianti tematiche, poi quella al piano strutturale, i Ds invece un solo strumento urbanistico – alla fine ha portato ad una decisione di (parziale) compromesso: prima la variante sulla declassata, che definirà il nuovo asse portante della città, poi la variante più generale. A giugno Ciuoffo ha presentato un documento sintetico, l’ufficio competente è stato riorganizzato (responsabile Riccardo Pecorario), è in corso la ricerca del progettista. Manca però il segnale politico forte, che dia il via effettivo al percorso. Sulla declassata, peraltro, un progetto c’è già, quello del polo espositivo nell’area ex Banci, affidato al noto architetto Massimiliano Fuksas (un «guru» della sinistra). Ma anche qui è tutto fermo. È che in casa Ds molti non vedono bene il potere che la Margherita si è ritagliata con Ciuoffo in un settore, quello dell’urbanistica, di fondamentale importanza strategica, da sempre dominio incontrastato della sinistra. Da come, nelle prossime settimane, verrà sciolto il nodo dipenderanno alcune scelte centrali per il futuro di Prato. I tempi saranno lunghi comunque: la variante generale, nelle previsioni, verrà adottata a fine legislatura. E i tempi saranno non brevissimi, probabilmente, anche per trovare l’accordo: il sindaco a metà settembre andrà in Cina nella delegazione regionale guidata dal presidente Claudio Martini: occorrerà attendere ottobre per la ripresa effettiva del lavoro. Nel frattempo sarà il termovalorizzatore a tenere banco. Qui la partita si sposta a Palazzo Banci Buonamici, sede della Provincia. Il tavolo regionale di fine luglio, che sarebbe dovuto essere risolutivo, è saltato. La nuova convocazione è per il 15 settembre. Al centro il patto d’area che dovrebbe legare le tre province di Firenze, Prato e Pistoia con i relativi comuni interessati alla questione, Sesto, Montale, senza tralasciare Empoli. Firenze non vuole l’inceneritore a Prato; Prato non vuole trovarsi cliente dell’inceneritore di Firenze. Il presidente Logli e l’assessore Arrighini sono determinati a trovare un accordo complessivo all’insegna dello slogan «tutti gestori e tutti clienti», che dovrebbe concretizzare un’effettiva parità tra le tre province. Se questa ipotesi andasse in porto, Prato rinuncerebbe di buon grado al proprio impianto localizzato alle Pantanelle: il piano prevederebbe così la costruzione del termovalorizzatore a Case Passerini, in quel di Sesto, e l’ampliamento dell’impianto di Montale. Se Firenze non dovesse mollare, la Provincia di Prato andrebbe avanti per la sua strada. A quel punto, si dice negli ambienti di Palazzo Banci Buonamici, il presidente Martini, regista di tutta l’operazione, se volesse davvero trovare una soluzione comune, dovrebbe finire col fermare le ruspe alle Pantanelle. Intanto non si placano le polemiche sugli impianti ipotizzati e sui rischi alla salute di cui si dicono convinti i vari comitati della piana. Fin qui le due grandi questioni in agenda. Entrambe però si legano a quel dibattito infinito che prende il nome di area metropolitana, o area vasta. Dopo anni, potrebbe essere la volta buona per il suo decollo, complice il piano regionale di sviluppo. Tutto dipenderà però dal buon esito della trattativa sui termovalorizzatori: la mancanza di un accordo non sarà certo un buon viatico. Senza dire dei timori che si stanno da più parti affacciando per la paventata preferenza accordata dal governo regionale all’asse Firenze – Pisa – Livorno.In un disegno regionale e d’area vasta dovrebbe trovare posto anche il ruolo dell’interporto di Gonfienti, mai effettivamente decollato, che intanto ha messo in ponte la nuova piattaforma del terminale ferroviario. Nello stesso contesto di una programmazione regionale attende l’idea giusta anche l’attuale area ospedaliera, che verrà tra qualche anno dismessa.

A giorni la Giunta comunale presenterà il progetto di massima della nuova sistemazione della piazza Mercatale, che dovrebbe prendere le mosse dal concorso di idee bandito qualche anno fa.

Infine la multisala (o meglio, Centro multidirezionale) di Capezzana. Nelle prossime settimane dovrebbe essere messa definitivamente la parola fine all’annosa vicenda. La nuova struttura, che verrà costruita dall’imprenditore Paolo Sarti, dopo aver superato gli ostacoli della concorrenza e quelli della politica, si è trovata da ultimo «impigliata» – a lavori iniziati – nella nuova legge regionale che stabilisce le distanze minime tra i multiplex cinematografici.