Cultura & Società

Dostoevskij e il sogno realizzato della Porta del Paradiso del Battistero di Firenze

Dostoevskij visitò Firenze due volte – nel 1862, per pochi giorni, e nell’inverno del 1868-69, quando si fermò per alcuni mesi e portò a termine L’idiota – e in entrambe le occasioni volle vedere la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze e chiese, in anni in cui la fotografia era ancora agli inizi, se fosse stato possibile farne una copia fotografica a grandezza naturale da esporre nel proprio studio.

Per le celebrazioni per i 200 anni dalla nascita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij (11 novembre 1821, Mosca, Russia), l’Opera di Santa Maria del Fiore ha risposto con entusiasmo alla richiesta del Dostoevskij Memorial Museum di San Pietroburgo, donando un’immagine della Porta del Paradiso del Battistero di Firenze che sarà riprodotta a grandezza naturale ed esposta nello studio ricostruito nell’ambito di un’importante mostra che il Museo dedicherà al grande scrittore e filosofo, realizzando così il suo sogno.

“Nulla lo attraeva di più in tutta Firenze della Porta del Paradiso – spiega Sergio Givone, filosofo e vice presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore – A chi gli chiedeva il perché di questa sua predilezione, rispondeva: perché quelle sono le vere porte del Paradiso”.

 

Sapeva Dostoevskij che Michelangelo aveva detto più o meno la stessa cosa?  Secondo Vasari era stato Michelangelo il primo a dare una definizione tanto impegnativa del capolavoro di Ghiberti. Il giudizio di Michelangelo riguardava anzitutto la qualità estetica dell’opera. Dostoevskij invece suggeriva ben altro e cioè che attraverso le porte del Battistero fosse possibile penetrare il mistero più grande, il mistero della vita eterna dopo la morte.

 

“Dostoevskij – prosegue Sergio Givone – fa sua una concezione dell’arte di cui in occidente si sa poco e che invece la Chiesa ortodossa ha sempre tenuto in gran conto, tanto da considerarla un articolo di fede. Si tratta dell’arte sacra e in particolare delle icone come immagini che non si limitano a rappresentare il volto di Cristo, della Madonna e dei Santi, ma lo incarnano e lo rivelano in modo veritiero. In altre parole, le icone sono un’epifania del divino, una manifestazione del trascendente. Di fronte ad esse ci si inginocchia. Le valutazioni di tipo storico-artistico possono aspettare. L’affermazione di Dostoevskij a proposito delle Porte ghibertiane va quindi letta nel senso che quell’opera d’arte permetterebbe di gettare uno sguardo sul paradiso qual è veramente”.“Consultando un catalogo degli Alinari del 1873, spiega – Giuseppe Giari, responsabile dell’Archivio fotografico dell’Opera di Santa Maria del Fiore – abbiamo scoperto che la riproduzione della Porta del Paradiso era l’unica opera stampata in un formato così grande e la più costosa del catalogo: 2 metri e 50 cm per 1 e 60, composta da 30 foto assemblate. Il prezzo era di 350 lire. Una cifra altissima per il tempo. Ne facevano anche un’altra, di dimensioni più piccole, 2 metri e 0.6 cm per 1 e 10, composta da 14 foto, costo 200 lire”.