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Dopo Iraq, la ricetta di Huntington

di Patrizia CaiffaCosa succederà nel mondo dopo la guerra all’Iraq? “L’obiettivo degli Usa è quello di avere un Iraq federale e democratico: se lo sforzo avrà successo si avranno migliori relazioni con il Medio Oriente. Ma se questo non avverrà e se non si risolverà il conflitto israelo-palestinese – che richiede importanti concessioni da entrambi le parti e non so se l’attuale governo israeliano e la leadership palestinese siano disposti ad accettarle – molto probabilmente ci saranno altri scontri”. E’ quanto sostiene lo statunitense Samuel P. Huntington, geopolitico della Harvard University e autore di un libro in cui profetizza “Lo scontro delle civiltà”, nei giorni scorsi a Firenze, su invito dell’Istituto Niels Stensen, per incontrare il mondo accademico e la cittadinanza in un dibattito pubblico sul tema “La pace, la guerra, le civiltà – Geopolitiche a confronto”, insieme ad Ezio Mauro, direttore di “La Repubblica”, al sindaco di Firenze Leonardo Domenici e mons. Rino Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense. Ecco cosa è emerso.

“La guerra si poteva evitare”. Secondo Huntington, “l’Iraq non costituiva una minaccia tale da giustificare una azione preventiva da parte degli Stati Uniti”. La soluzione alternativa poteva essere quella di “sottoporre l’Iraq ad una stretta sorveglianza con ispezioni Onu effettivamente efficaci”. “Il mondo è cambiato dalla caduta di Baghdad – afferma -, ma non sono cambiamenti significativi, cruciali. Il cambiamento vero è avvenuto nel decennio scorso, con la fine di un modello mondiale bipolare e l’affermazione di un sistema con una grande superpotenza a livello mondiale affiancata da una miriade di poteri regionali”. “Questi cambiamenti – precisa – hanno a che vedere con una crescente importanza della cultura e soprattutto delle identità culturali e della coscienza religiosa”. A suo avviso stiamo “tornando alla situazione del 1800, con conflitti di civiltà intermittenti fra gruppi o Paesi musulmani e Paesi occidentali, specialmente con gli Stati Uniti”.

I conflitti possibili? Altro punto centrale della geopolitica mondiale è la possibilità di conflitti politici ed economici tra gli Usa e le potenze regionali (Unione europea, Francia, Germania, Russia, ecc.): “Queste ultime non vogliono che gli Usa esercito il potere nei loro territori, mentre gli Usa si considerano detentori di interessi globali e ritengono di dover intervenire nelle diverse regioni del mondo in difesa di questi interessi”. Questo potrebbe portare – secondo Huntington – ad una possibile alleanza tra Germania, Francia e Russia “che coopereranno insieme”, mentre una possibilità di conflitto bellico potrebbe nascere tra Stati Uniti e Cina, “se dovesse svilupparsi un contenzioso con l’invasione di Taiwan da parte della Cina”. E a chi lo accusa di “catastrofismo” Huntington ribatte che “è importante identificare i pericoli nel mondo e cercare di ridurli. Come è avvenuto nel periodo della minaccia nucleare negli anni ’50 e ’60, durante il quale i governi sono stati costretti a prendere delle misure, spero si ascolti seriamente il mio avvertimento sul pericolo dello scontro di civiltà, per poterlo evitare”. Huntington dice di “apprezzare” le posizioni del Papa che invece ritiene evitabile questo scontro e afferma: “Spero che abbia ragione”.

Riguardo alla grande protesta della società civile di tutto il mondo contro la guerra in Iraq, osserva che “a volte i governi devono agire per difendere gli interessi nazionali in senso ampio ed è normale che si crei una forte opposizione da parte delle popolazioni. Solo la storia potrà decidere chi aveva ragione. Gli effetti politici immediati si vedranno nelle prossime elezioni nei singoli Paesi”. L’Italia, in tutto ciò, “ha un ruolo molto importante da giocare nel mediare tra Germania, Francia e Stati Uniti e nel fare da ponte con i Paesi nord-africani”.

Rispetto e libertà religiosa. “Rispetto dell’altro” e “libertà religiosa” praticata da tutti i credi, perché i popoli possano vivere accanto “nella complementarietà e non nella competizione”. Questa la strada praticabile, secondo mons. mons. Rino Fisichella, per scongiurare i rischi di un possibile “scontro tra civiltà”. Nel rapporto tra cristianesimo ed islam, ha osservato mons. Fisichella, “si è passati da uno stadio di indifferenza al confronto che verifica la differenza”. “Nella misura in cui anche le altre religioni seguiranno la via del rispetto e della libertà religiosa – ha affermato -, allora si potranno diradare le nebbie del conflitto”. A suo parere “è illusorio condividere la tesi secondo cui solo se le religioni si secolarizzano si salvano. E’ vero l’opposto: si salvano solo se rimangono se stesse”.Mons. Fisichella ha poi fatto una distinzione tra il principio di “tolleranza” (“una categoria che non ci appartiene perché tende ad uniformare”) e il “rispetto”, che “pone domande sulla verità e permette di focalizzare il senso dell’agire personale”. Ai cattolici viene chiesto quindi “il compito peculiare di evitare di camminare da soli: Ogni sforzo va fatto perché i popoli possano vivere l’un l’altro nella complementarietà”.

Le guerre possibili, ma evitabili