Vita Chiesa
Dopo Assisi per la Toscana parte il cammino di conversione
«Ispiraci il tuo robusto parlare di Cristo!» Con questa richiesta nel cuore al cuore di Francesco circa 3mila toscani si sono messi in cammino e sono giunti pellegrini ad Assisi, fra il 3 e il 4 ottobre per ripetere, a distanza di 80 anni dalla prima volta, il gesto di donare l’olio per alimentare la lampada votiva che arde durante tutto un anno poco davanti alla tomba di Francesco d’Assisi.
È stato un gesto semplice per una terra come la Toscana, rinomata nel mondo anche per la qualità della sua produzione olearia, eppure – tornati alle nostre case e nelle nostre Diocesi – ci siamo accorti che quel gesto ci ha «compromessi».
Si, perché scegliere di giungere ad Assisi non è stato solo tenere viva una bellissima tradizione che intreccia le sorti del nostro Paese alla testimonianza di uno dei suoi figli più amati. Giungere ad Assisi, pregare, celebrare l’incontro del Poverello con «sorella morte», contemplare il candore di quel transito santo e umanissimo, calcare le pietre e i lastricati della città serafica, ascoltare la Parola e gli scritti sul santo, ci ha «compromessi» nel comprendere davvero che ora sta ad ognuno di noi fare quella «parte» che gli spetta e che solo il Signore sa rivelarci.
Tocca a noi vescovi, tocca ai sacerdoti, tocca ai religiosi e alle religiose, tocca agli sposi, tocca ai giovani, tocca a chi riveste responsabilità nel sistema economico, produttivo, politico, istituzionale. Come? Lasciando che Francesco ispiri «laicamente» il nostro personale approccio alla vita nella concretezza della sua ferialità, che a volte ci spiazza, altre volte ci trova impreparati, altre ancora ispirati. Per noi credenti e per noi Chiese della Toscana la «parte» che ci spetta non può che avere un’unica scaturigine: il nostro personale rapporto con Cristo povero e crocifisso. Solo questo Francesco vedeva, solo questo Francesco contemplava.
Per noi, oggi, questo deve sapersi tradurre in un sincero ripensamento di modi di fare, di impostare la pastorale, di comunicare il Vangelo. Recandosi ad Assisi abbiamo compreso che il «segreto» di Francesco sta tutto e solo nella sua relazione con Cristo. Senza di essa non ci sarebbe il Francesco amante della povertà, non ci sarebbe il cantore del creato, non ci sarebbe Il messaggero si pace. Tutte cose che egli ha saputo interpretare perché all’origine c’era Cristo.
A noi toscani allora spetta ora il compito di fare tesoro, recuperando la storia che lega a doppio filo la nostra terra al Povetello di Assisi, perché essa ci richiami la responsabilità di camminare avendo una visione che, ispirata da Francesco, ci conduca più speditamente a Cristo. Potranno aiutarci ad individuare strade e itinerari di impegno concreto le bellissime riflessioni che il 3-4 ottobre ci hanno offerto il cardinale Betori e gli arcivescovi Benotto, Giulietti e Lojudice nelle principali celebrazioni de «La Toscana da San Francesco».
Rileggiamo quelle parole, condividiamo – magari anche con l’aiuto di Toscana Oggi – nelle nostre comunità diocesane, nei nostri organismi di partecipazione e di animazione pastorale. Cosi trasformeremo un gesto bello in un cammino di conversione.
*Vescovo di Grosseto