Don Athanase Seromba Sumba Bura è attualmente ad Arusha, dove si è costituito volontariamente al Tribunale Penale Internazionale dell’Onu per dimostrare la propria innocenza, la propria estraneità a crimini commessi durante la guerra civile in Rwanda.Il Rwanda è anche la patria di don Simon, da diversi anni sacerdote nella diocesi di San Miniato.Sui tragici avvenimenti e sulla decisione di don Seromba riportiamo alcuni pensieri di don Simon, provato, come confratello e come uomo, dalla dura sorte del suo popolo e dei suoi confratelli.La storia dei massacri nel Rwanda è stata sempre deformata perché la guerra non è iniziata nel ’94 ma il 1° ottobre del 1990.È stata una guerra imposta dall’esterno, cioè dal F.P.R. che dall’Uganda aveva invaso il Rwanda facendo più di un milione di profughi. Unica salvezza quindi la fuga, l’abbandono della propria terra, delle proprie cose, altrimenti il F.P.R. avrebbe ucciso gli intellettuali e gli operatori economici per soggiogare la massa priva di istruzione.In questo senso erano perseguitati soprattutto i sacerdoti cattolici.Infatti sono stati uccisi 4 vescovi e oltre 100 sacerdoti, religiosi e religiose. Dal ’90 al ’98 questi massacri furono continuamente operati dal regime.I sacerdoti sono ancora oggi perseguitati e tutto questo perché sono e sono stati testimoni scomodi di tante ed inumane sofferenze.Oggi il regime opera per addossare alla Chiesa cattolica quell’immane genocidio da esso perpetrato.In questo contesto, molti sacerdoti sono stati calunniati e imprigionati dal regime, infine sono stati assolti perché riconosciuti innocenti.Oggi questa sorte tocca a don Seromba.Conosco molto bene il mio confratello da prima della guerra, conosco il suo zelo sacerdotale essendo stato don Athanase vicario parrocchiale pochi mesi dopo la sua ordinazione a Gisenyi poi ad Nyange. Giovane sacerdote, si occupava della gioventù, delle persone indigenti e degli anziani.In una destinazione che non era certo la sua terra di origine non aveva sicuramente conoscenze se non nei propri confratelli.Accusando don Atanasio, amato e stimato dai poveri, si colpisce oggi, la Chiesa e le sue finalità, fatte di amore, di comprensione, di pace. Don Seromba, venuto a conoscenza dell’atto di accusa che pesava su di lui è andato personalmente ad Arusha per presentarsi spontaneamente al Tribunale Penale Internazionale dell’Onu per chiarire la propria posizione.Don Seromba, provata la sua innocenza, «laverà» anche noi sacerdoti da eventuali false e mostruose accuse.Noi, suoi confratelli, non possiamo fare niente perché don Seromba è in mano alla giustizia internazionale, voluta – non dimentichiamolo – da chi ha organizzato le stragi in Rwanda.Siamo consapevoli che don Seromba, anche se prosciolto – e lo sarà certamente – non sarà mai sicuro della propria incolumità personale, fin quando non ci sarà il potere voluto e sancito dal popolo.Sono vicino a don Athanase con il cuore e la preghiera, non ho soluzioni diverse.Ritornando anche io in Rwanda rischierei la morte essendo a conoscenza di certe «verità» scomode, come l’assassinio del mio Vescovo Focas Nikwigize. Anche lui in esilio, venne ucciso al suo ritorno nel paese. Essendo stato suo vicario sono a conoscenza della verità; e questo il F.L.P. lo sa molto bene.Io non sono al centro di accuse, né sono accusato da nessuno e nessuno mi può accusare di cose assurde, perché dal ’92 ero gia profugo nel mio paese, invaso dalla guerra. Ero sopravvissuto trovando rifugio nei paesi vicini e poi in Italia, che conoscevo molto bene, avendo fatto 6 anni di studio (dal ’77 al ’83) a Roma.Ho vissuto poco la storia e gli avvenimenti del mio popolo in questi ultimi 30 anni. Soltanto dal 1983 al 1992 ho esercitato il mio servizio sacerdotale come responsabile del Seminario Diocesano, invaso poi dal F.P.R.Il Tribunale internazionale di Arusha per il Rwanda conosce la verità ma nessuno ha il coraggio di accusare i veri mandanti ed i veri colpevoli di tante persecuzioni e stermini.Sono certo della piena estraneità ai fatti e dell’innocenza di don Seromba; pregheremo il buon Dio che la giustizia umana possa trionfare e mostrare la verità, di cui il popolo è testimone e garante.Le prove di queste verità sono anche rivelate in un volume che è nelle librerie di tutto il mondo, scritto da Charles Onana con la collaborazione di Déo Muschaydi: «Les Secrets du Génocide Enquete Rwandais», dove con foto, prove documentate ed interviste si rivela la storia vissuta e vera del Rwanda.Per Don Athanase, per la Chiesa ruandese, per il clero e per tutto il mio popolo, con i miei confratelli in Italia preghiamo il Signore delle Messi perché nel Rwanda si possa ritrovare l’unità e la pace di tutte e tre le etnie: Hutu, Tutsi e Twa, potremo vivere così in quell’armonia e nell’amore che era di un tempo prima dell’invasione del primo ottobre del ’90 da parte del F.P.R.