Ancora un ricordo di don Pietro Zazzeri, il grande sacerdote di Sansepolcro di cui ricorrono i venti anni dalla morte. La testimonianza di Luisanna AlvisiQuando penso alla presenza di don Pietro nella mia vita, mi viene in mente quel passo di San Paolo che dice: Avete avuto accanto a voi degli angeli e non ve ne siete accorti. Non perché don Pietro evocasse alcunché dell’iconografia angelica sdolcinata; anzi, era un uomo ruvido e nemico di ogni sentimentalismo. Però, pur nella leggerezza e nella trascuratezza con cui i giovani guardano agli adulti, venivi colpito dalla consistenza della sua personalità: un uomo che apparteneva interamente, incondizionatamente a Dio, e allo stesso tempo, ed anzi proprio per questo, appassionato alle vicende umane, culturali e politiche del suo tempo. Ogni mattina lo vedevi attraversare la piazza con la mazzetta dei giornali. Aveva fatto un non so quale accordo con l’edicolante che gli faceva un prezzo speciale. Avvenire no, perché era abbonato, ma sotto il braccio sempre il Corriere, poi La Nazione – per conoscere i fatti locali -, quindi La Stampa – per capire la «voce del padrone» – e ben nascosta anche Repubblica – perché – abbassando la voce – bisogna capire quel che pensano gli altri.Era anche un aggiornatissimo lettore di romanzi e saggi storici e filosofici. Eppure non era un intellettuale nel senso comune del termine. Schivo e nemico di ogni accademia o forma di esibizione (nel dopoguerra aveva rifiutato la medaglia d’oro al valor civile per aver salvato dei partigiani), si era costruito una cultura profonda inconsapevolmente, grazie allo sguardo attento e curioso gettato sulla Chiesa e sul mondo. Uno sguardo limpido e innocente, senza tracce di interesse, sia che si trattasse di coordinare il foglio diocesano locale, commentare un fondo di prima pagina del Corriere o fare una lezione di religione a scuola sull’ultima enciclica del Papa.Credeva appassionatamente nella missione salvifica della Chiesa, nel suo diritto dovere di entrare senza imbarazzi nelle grandi questioni del nostro tempo, non per ritagliarsi una fetta di potere ma per avvicinare gli uomini alla Verità, cioè a Dio, unica salvezza.Tutto era subordinato a quest’ultima perentoria necessità. Perciò trattava i libri e le cose della cultura senza soggezione, come degli strumenti potenti per capire meglio se stessi e la società. Amava regalare in giro libri adatti alle diverse circostanze. «Tieni questo, parla di un nuovo modo, toh, di vivere la paternità che ho trovato interessante», diceva ad un giovane padre; oppure al ricoverato in ospedale con cui aveva discusso la sera prima lasciava quel volume che aveva al centro il tema iniziato e non concluso – «vedrà che qui troverà quel che non sono riuscito a spiegare ieri sera».Per don Pietro la cultura era fondamentalmente questo: un modo per continuare un discorso, per dire quello che lui, con le sue meditazioni profonde e col suo parlare stringato e un po’ involuto, pensava di non riuscire a comunicare. Anche nelle sue omelie, accusate di oscurità dai più ma per me originali e bellissime, c’erano sempre riferimenti ad articoli di giornale, a poesie, a libri, perfino a canzoni (Dio è morto) e tu ti chiedevi come facesse quel prete dall’aria così fuori moda a sapere e capire tutte quelle cose. Aveva la libertà lieta dei figli di Dio, don Pietro. Una libertà fedelissima e obbedientissima alla Chiesa ed allo stesso tempo, per quei paradossi che solo il Cristianesimo può produrre, una libertà avventurosa e profetica. Così fu lui che negli anni ’70, pur essendo assistente diocesano di Azione Cattolica, introdusse a Sansepolcro i nuovi movimenti ecclesiali. E fu ancora lui in quegli anni così difficili e confusi per la Chiesa italiana a percorrere chilometri e chilometri sulla sua vecchia Fiat 127 trascinandosi dietro altri preti riluttanti o studenti per andare a vedere di persona senza pregiudizi di sorta ogni bagliore o fermento ecclesiale che si prospettasse all’orizzonte.Cultura al servizio dell’uomo, cultura al servizio della Chiesa. Dicono che abbia lasciato una biblioteca enorme. Eppure, nonostante la casa invasa dai libri, nonostante il peso di tante ore impiegate nella lettura e nella meditazione, al momento della sua morte avvertivi che era ritornato dal suo Dio innocente e leggero come un bambino.