Toscana

Don Morelli: aumentano le richieste d’aiuto

di Andrea BernardiniDon Emanuele Morelli, 42 anni, direttore della Caritas di Pisa dal 2000, è il nuovo delegato regionale di Caritas toscana. A lui abbiamo chiesto il quadro sulle povertà nella nostra regione.

«Il quadro che emerge – risponde don Morelli – è un quadro preoccupante. Si alza la soglia della povertà relativa e assoluta e sempre più famiglie si trovano a dover fare i conti con la minore capacità d’acquisto dei salari e delle pensioni. Così, ai servizi che le comunità ecclesiali offrono per aiutare a sopravvivere (mense, vestiario, docce…), cresce la presenza di cittadini italiani: un segno in controtendenza rispetto a qualche anno fa dove la presenza più significativa era quella dei cittadini stranieri. Dal confronto con le altre Caritas in Italia ci sembra di poter dire che i percorsi di contrasto alla povertà sono già ben avviati in Toscana: merito delle risorse messe a disposizione dai nostri territori e di politiche sociali intelligenti. Altrove, specie al Sud, la situazione è decisamente peggiore. Ma la condizione di vulnerabilità non rispetta indicatori geografici e coglie persone, famiglie e anziani un po’ ovunque. Le Caritas della Toscana e l’Osservatorio giuridico-legislativo della Conferenza episcopale stanno preparando un primo rapporto sulle povertà, costruito sui dati raccolti dai Centri d’ascolto diocesani che presenteremo in occasione della prima Conferenza regionale sull’esclusione sociale del febbraio 2004. Un modo autorevole per contribuire, come comunità ecclesiale, alla definizione delle linee di indirizzo delle politiche sociali nella nostra regione. Politiche sociali che auspichiamo coraggiose, capaci di tradurre (senza tradire) la scelta di mettere gli ultimi al centro».

Qual è il giusto atteggiamento del cristiano di fronte alle nuove povertà? Sensibilità, disponibilità e generosità sono sufficienti di fronte ad un povero che chiede aiuto o servono preparazione, formazione, capacità di entrare nella complessità delle questioni che stanno dietro a questo «sos»?

«Servono entrambe le dimensioni: il cuore e la testa. Il cuore per accogliere in maniera incondizionata, sospendere il giudizio e scegliere la relazione con l’altro; la testa per mettersi in ascolto del sintomo ed insieme della causa che lo genera. La compagnia con gli ultimi insegna alla comunità cristiana, di cui la Caritas è organismo pastorale, che è necessario dare soddisfazione ai bisogni primari ed insieme denunciare diritti negati e sistemi, meccanismi e strutture di peccato. Le nostre comunità ecclesiali, con l’esperienza dei Centri d’ascolto e degli Osservatori sulle povertà, sanno coniugare passione e competenza ma molta strada rimane ancora da fare. Tutte le Caritas diocesane sono impegnate a promuovere spazi di ascolto, di osservazione e di discernimento consapevoli che l’ascolto del povero è via preferenziale per la fedeltà al Signore che ci chiede di “amare come lui ha amato”».

Principale funzione della Caritas è l’educazione della comunità alla carità. Ci sta riuscendo?

«Educare la comunità ecclesiale alla testimonianza della carità è il cuore dell’identità della Caritas diocesana. Ma scegliere di camminare sui percorsi della condivisione, della solidarietà e della compassione è la sfida centrale per tutta la nostra Chiesa in Toscana. Il magistero dei vescovi indica nelle Caritas parrocchiali lo strumento per sostenere questo percorso educativo. Anche su questo punto molta strada rimane da fare soprattutto nella comprensione dell’identità della Caritas e nello scegliere di edificarla. Le nostre parrocchie hanno bisogno di animatori appassionati e competenti che si sentono chiamati ad educare tutta la comunità alla carità attraverso percorsi concreti di condivisione e di solidarietà, consapevoli che ascolto ed invocazione rimangono i fondamenti sui quali costruire la testimonianza della carità perchè sono i luoghi nei quali incontriamo le provocazioni, cioè l’invito del Signore Gesù ad uscire da noi per andare verso l’altro».

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