Vita Chiesa

Don Eusebiu, un prete tra la gente: «Nessuno merita di essere dimenticato»

Nato in Romania, cura le parrocchie di Vignole e Casini in diocesi di Pistoia dove porta avanti tante attività

Don Eusebiu Farcas

Toscano d’adozione, don Eusebiu Farcas, 31 anni, è al momento – all’interno della diocesi di Pistoia – il sacerdote più giovane a livello di età (e non di ordinazione).

Come nasce la sua vocazione?

«In Romania, dove sono nato e cresciuto, la mia famiglia, di fede cristiana cattolica, ha giocato un ruolo chiave. C’era l’idea di una fede vissuta insieme, praticata, condivisa. Centrale è stata poi la figura di una mia zia materna, la quale, dopo esser divenuta suora, non aveva rinunciato alla fede cattolica e per questo aveva scontato quattordici anni di carcere (dal ‘50 al ‘64) durante il regime comunista, subendo le pene più atroci. Davvero un grande esempio di coraggio e di devozione. Punti di riferimento sono poi state per me varie personalità ecclesiastiche tra cui parroci e viceparroci, oltre a mio fratello maggiore, che prima di me ha ricevuto l’ordinazione presbiterale. Nondimeno, hanno contribuito anche il fatto di aver partecipato al gruppo scout e la mia attività di chierichetto durante le funzioni religiose. È stato nel corso di un’omelia. In quel momento ho capito. Con semplicità e con chiarezza, che quella era la mia strada. A quattordici anni sono dunque entrato nel seminario minore, fino ai diciotto. Dopo il diploma nel 2012, mi sono trasferito in Italia, dove nel 2013 ho cominciato a frequentare la Facoltà teologica dell’Italia centrale a Firenze. Risale al gennaio 2019 l’ordinazione a diacono, per poi arrivare al 30 giugno dello stesso anno, in cui sono diventato sacerdote».

Oltre a essere assistente dell’Azione cattolica dei ragazzi della diocesi di Pistoia, da due anni ha in cura le parrocchie di Vignole e di Casini, nel comune di Quarrata. Cosa permette di gestire due realtà distinte?

«Sicuramente creare dei momenti di incontro, al di là dei vantaggi pratici, favorisce la nascita di nuove relazioni, come il campo estivo, rivolto ai ragazzi del dopocresima (delle due parrocchie), con i quali siamo andati in montagna, ad esempio a Pracchia, lo scorso anno. Ai ragazzi è stato raccomandato di dimenticare a casa il cellulare, cosa che inizialmente ha suscitato qualche polemica, ma che li ha poi fatti ricredere. Non mancano poi i gruppi dei ragazzi del catechismo, della cresima, ma anche più grandi, come gli universitari. Durante i ritiri, le attività, gli incontri, si affrontano tematiche esistenziali, ma anche problemi di attualità, il tutto connesso alla dimensione evangelica. Spesso sono i ragazzi stessi a proporre una certa questione, segno di un bisogno di comunicazione che parte da loro. Un punto di riferimento importante è soprattutto l’oratorio, il San Biagio a Casini e il circolo il Campanile a Vignole. Nel mese di giugno, due settimane sono dedicate al campo estivo rivolto ai bambini delle elementari e ai ragazzi di prima e seconda media. I più grandi partecipano invece in qualità di animatori. A Vignole, sotto Natale, viene organizzata un’attività per la quale i ragazzi che in quell’anno ricevono la cresima, T portano dei piccoli regali – con valore chiaramente simbolico – agli anziani che vivono da soli e che non escono di casa, e ai quali cerco tra l’altro, per quanto possibile, di portare la comunione. Questo per coinvolgere tutti, perché nessuno merita di essere dimenticato. A Vignole ha inoltre preso vita ormai da tempo una comunità neocatecumenale. Sempre a Vignole esiste un gruppo di persone le quali, quando viene a mancare un compaesano, si impegnano a vegliarlo, recitando il rosario, e rimanendo vicini alla famiglia, a prescindere dal fatto che sia un loro parente o meno».

Cosa rende i ragazzi desiderosi di partecipare attivamente alla vita parrocchiale, cosa contrasta la dispersione?

«Molte volte basta poco per creare un contesto piacevole. Apprezzo il confronto con i ragazzi, ognuno ha da insegnare qualcosa. In questo modo si annullano le distanze, si allenta la tensione; è come se fossero meno intimoriti da una figura che potrebbe sembrare austera e distaccata. Faccio per dire, io stesso sono tifoso di calcio, e alle attività con i ragazzi prendo parte in prima persona. È nel mio carattere, non potrei farne a meno. È un dono reciproco che si fa e si riceve nel momento dello scambio, della relazione. Stare a contatto con i ragazzi e con le persone in generale, non rinchiudersi nel proprio ruolo e nella propria veste, è un arricchimento grandissimo. Purtroppo però al giorno d’oggi i giovani continuano sempre più a diminuire numericamente, mentre aumentano i decessi, tanto che spesso sono più i funerali dei battesimi, e questo per una comunità è fonte di grande dispiacere. Visto che purtroppo tanti giovani sono venuti a mancare, ogni anno nell’ottavario dei defunti, celebriamo una Messa in loro memoria, invitando anche le loro famiglie a pregare insieme».

Ci sono altre attività che animano la vita parrocchiale?

«Prima fra tutte il coro, che riunisce persone di tutte le età che si ritrovano la domenica per accompagnare la Messa. È poi attiva la Caritas parrocchiale, con la quale cerchiamo di venire incontro alle persone in difficoltà. A Casini inoltre viene portata avanti un’attività teatrale. Il mese scorso sono stati coinvolti anche i bambini nello spettacolo su Cappuccetto Rosso. Durante l’anno si svolgono poi anche delle catechesi di formazione aperte alla comunità, con figure di rilievo che talvolta intervengono su temi evangelici e di attualità. Sono spesso organizzati anche incontri di formazione con i genitori dei ragazzi, molti dei quali si sono resi disponibili per la preparazione di eventi e iniziative rivolte alla comunità, come le feste parrocchiali, i mercatini di natale, ecc. A Casini ad esempio ogni anno si celebra, per mantenere viva la tradizione, una festa in onore dei casinai che nei tempi antichi partivano a giugno per il Nord Italia dove andavano a vendere la biancheria, e poi tornavano intorno a settembre. Prendeva dunque avvio la festa che si concludeva con la Messa. La comunità è tuttavia presente anche e soprattutto nei momenti di difficoltà. Durante l’alluvione dello scorso anno che ha colpito il nostro comune, chiunque ne avesse la possibilità si è messo a disposizione per aiutare chi si trovava in una situazione difficile. Tutto nel bene e nel male è comunità, che è un modo per condividere le proprie gioie ma anche le proprie sofferenze, un modo per conoscere e per conoscersi, per crescere insieme nell’amore verso il prossimo e verso Dio».