Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Don Chiasserini e padre Airò al servizio della Chiesa toscana.

Come ogni anno il 18 gennaio viene celebrata la Giornata dei migranti. L’evento, che si svolge a rotazione in una regione diversa, questa volta arriverà in Toscana. In preparazione della giornata di gennaio, nell’ultima settimana di novembre, tutte le diocesi toscane vedranno svolgersi delle attività di sensibilizzazione sulle problematiche che coinvolgono i migranti. Un appuntamento che quest’anno avrà un sapore un po’speciale, visto che il parroco del Sacro Cuore di Arezzo, don Angelo Chiasserini, è stato recentemente nominato responsabile regionale di Migrantes, l’organo che si occupa delle persone in movimento. «Normalmente la pastorale è caratterizzata territorialmente – dice don Angelo – come avviene per esempio con le diocesi e le parrocchie. Ci sono però molte persone e realtà che non hanno un territorio di riferimento. Per zingari, immigrati, emigranti, fieranti, circensi, naviganti, aeroportuali e per tutte quelle persone che vivono nella mobilità, la Chiesa ha pensato perciò di individuare delle strutture pastorali adeguate. È da questa esigenza che nasce Migrantes, che ha anche un occhio di riguardo all’evangelizzazione e all’accompagnamento nella fede». Nata per seguire gli italiani emigrati all’estero all’inizio del ‘900, oggi il settore nel quale Migrantes è più attiva, è quello degli immigrati, un fenomeno «inarrestabile ed inevitabile». «La finalità di Migrantes è essenzialmente pastorale – sostiene don Angelo – portata avanti attraverso la promozione umana, il dialogo interculturale e per la giustizia, il rispetto tra persone differenti. Si può evangelizzare solo nel momento in cui si instaura un rapporto umano vero e autentico». Questioni decisamente non semplici e che richiedono un’azione di sensibilizzazione e informazione costante. Per questo Migrantes rivolge la sua attenzione anche a tutta la Chiesa che «deve arrivare alla piena consapevolezza del compito missionario che ha nei confronti di queste persone. Ogni parrocchia dovrebbe porsi il problema dell’accoglienza degli stranieri e adoperarsi per la creazione di un dialogo interculturale». Don Angelo ci racconta dello sforzo per sostenere le associazioni di stranieri, soprattutto dei popoli di tradizione cristiana, del percorso portato avanti con gli ortodossi e con i cattolici ucraini, delle feste dei popoli, della difficoltà dell’evangelizzazione. «Due mesi fa ho battezzato due bambini di una particolare famiglia di zingari. I camminanti sono di origine siciliana e girano l’Italia facendo gli arrotini e mestieri simili. Vedere due parroci che li accoglievano senza pregiudizi, li ha sciolti e ha creato un legame. Con don Carlo Volpi siamo andati a trovarli al campo nomadi e, dopo il primo battesimo, hanno deciso di battezzare anche un secondo bambino. Questa è la testimonianza che, nonostante usi e costumi molto diversi, quando c’è l’accoglienza, si creano legami molto belli. Solo l’accoglienza può spezzare la spirale di diffidenza reciproca e dovremo lavorare con sempre maggiore impegno affinchè si radichi sempre di più nelle nostre parrocchie».

Responsabile regionale dell’ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, giustizia e pace, salvaguardia del creato: questo l’incarico che padre Antonio Airò ha ricevuto lo scorso aprile dai vescovi della Toscana. Una nomina importante e di alta responsabilità, a dimostrazione dell’ottimo lavoro che padre Airò, responsabile dello stesso ufficio anche per la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, ha svolto fin’ora.Padre Antonio, si è messo subito al lavoro?«Certamente, assieme al mio predecessore, don Pierluigi Milesi, abbiamo deciso di ribadire alcuni punti saldi da cui partire: la formazione e la cultura. Sono questi due settori che saranno privilegiati, puntando all’animazione della cultura e cercando di sviluppare un “pensare comune” cristiano che venga poi attuato nella vita di tutti i giorni».Ripartirà quindi da dove don Milesi aveva lasciato?«Sì il suo è stato un ottimo lavoro. Tra i principali risultati che è riuscito a conseguire , per esempio, c’è il patto formativo per la formazione sociale e politica dei cattolici, firmato nello scorso dicembre assieme al vescovo di San Miniato Fausto Tardelli, delegato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale sociale e a numerose associazioni che si ispirano al Vangelo e al Magistero sociale della Chiesa».Punterà molto sulla collaborazione delle diocesi toscane?«Sì, mi sono già messo in contatto un po’con tutte le curie. L’obiettivo è quello di mettere assieme una vera e propria rete tra tutte le diocesi della regione. In questo senso, il 5 luglio, avremo un incontro a Marina di Pietrasanta con tutti i responsabili toscani degli uffici per la pastorale sociale e del lavoro».Che cos’è l’ufficio per la pastorale sociale e del lavoro: sindacato, patronato o cos’altro?«Nulla di tutto ciò. L’obiettivo fondamentale di questo ufficio è quello di animare la comunità cristiana perché ci sia sempre più l’incontro tra Vangelo e le nostre realtà quotidiane, tra fede e vita. Quello che cerchiamo di fare è aiutare i cristiani a vivere il battesimo negli ambiti in cui operano concretamente. Per raggiungere tutto ciò non si può che puntare sulla formazione, per creare una fede adulta. Il nostro ruolo non può e non deve essere assimilato ad un sindacato, anche se l’attenzione dell’ufficio e più in generale della Chiesa per le problematiche dei lavoratori è da sempre alta. Come accaduto nel caso della Buitoni di Sansepolcro però, la nostra funzione deve essere quella di stare vicino alle persone, alle loro famiglie e alla loro sofferenza».Come vede la situazione economica nel nostro territorio?«C’è preoccupazione per una serie di segnali negativi. Oltre a quello che è accaduto alla Buitoni, ci sono le vicende della Chimet, di Eutelia, a cui si aggiungono le tante difficoltà del settore orafo, che creano un clima di apprensione. Si deve comunque riconoscere che ancora oggi c’è una certa imprenditoria che sta cercando di andare avanti nonostante tutto e che per questo va incoraggiata».Luca Primavera e Lorenzo Canali