Pisa

Don Baldo Batini: «E adesso dobbiamo risollevarci»

NODICA – Una capannuccia illuminata a ridosso del campanile della chiesa. Pochi personaggi, un fiume «regimentato»: più che la rappresentazione del Serchio che bagna il paese, la speranza di un fiume che dopo tante bizze torni amico dell’uomo. Siamo a Nodica, graziosa frazione del comune di Vecchiano, abitata da duemila anime. «Da noi quella capannuccia è stata uno dei pochi segni visibili del Natale» dice il parroco don Baldo Batini. Infatti, proprio nel giorno della Natività del Signore, don Baldo non ha celebrato, al mattino, la Messa: «il Serchio era già esondato e stava raggiungendo anche la nostra piazza. Ho invitato la gente che, alla spicciolata, era confluita in chiesa, a tornarsene a casa: rimanendo qui sarebbe rimasta intrappolata». Di lì a pochi minuti, l’acqua alta è arrivata anche in via Amedeo. Il don comunque è rimasto al suo posto: «Qualcuno mi ha invitato a fuggire verso Vecchiano, io ho deciso di restare a casa. Mi sono detto: “in questo momento di difficoltà, il prete non può abbandonare la sua gente”». L’acqua si fermerà a venti centimetri dalla canonica.Oggi don Baldo Batini rilegge il messaggio scritto da Benedetto XVI per la giornata mondiale della pace. Annuisce: «Non c’è pace dov’è un disordine della natura». E si chiede: «Forse che l’uomo ha fatto qualcosa alla natura, e questa si è ribellata?».Beh, la storia dell’Auser, oggi Serchio, è ricca di deviazioni, di dighe, e, ahinoi, anche di piene spaventose… «Questa esperienza, così toccante – riprende don Baldo – ci ha fatto capire quanto siamo fragili e quanto rispetto esige il creato». L’alluvione non ha fatto morti. Ma ha procurato desolazione, rabbia, rancore. «E ciò mi preoccupa. In questa vicenda si è cercato, forse troppo, il capro espiatorio. Un’analisi su quel che è successo è giusto che, nel prossimo futuro, venga fatta, ma con ponderatezza e nel rispetto di chi, in questi giorni, non ha chiuso occhio per alleviare i disagi della gente. Nell’immediato, più che di litigare, c’è bisogno di aiutarci a vicenda».Cosa può fare la Chiesa in casi come questi ? «Un’opera di pacificazione, di “elaborazione del lutto”. Soprattutto, la Chiesa deve farsi vicina agli alluvionati, che tornando nelle loro case, le troveranno quasi vuote. E faranno fatica a iniziare una … nuova vita». Nell’oratorio parrocchiale, in questi giorni, è stato inaugurato un centro di ascolto Caritas. Vi ruoteranno don Baldo, Cristian Lorenzini, Giovanni Deri e Monica Locassino di Nodica, e Monica Campera di Vecchiano, il coordinatore della Caritas per la zona della Valdiserchio Mario Del Carlo e una trentina di volontari. «Andremo due a due, con delicatezza, a bussare alla porta delle case, chiedendo a chi vi abita quali possano essere le esigenze immediate cui dare risposta. E laddove potremo, interverremo». Intanto sono stati ordinati cinquanta deumidificatori per le case delle famiglie alluvionate.Andrea Bernardini