Vita Chiesa

DON ATHANASE, IL NUNZIO A KIGALI NE LODA IL CORAGGIO

Secondo l’Agenzia Fides, mons. Salvatore Pennacchio, Nunzio in Rwanda, ha appreso con “ammirazione e soddisfazione” la notizia che il p. Athanase Seromba si è costituito volontariamente al Tribunale internazionale per il Rwanda con sede ad Arusha (Tanzania), per ispondere dell’accusa di aver partecipato al massacro di almeno 2 mila persone nella parrocchia di Nyange, durante il genocidio del 1994, che è costata la vita a circa 800 mila persone, negli scontri etnici fra hutu e tutsi.

“È un atto di responsabilità e di coraggio”, ha detto mons. Pennacchio a Fides. “È l’occasione per lui di rispondere alle gravi accuse che gli vengono fatte”. Mons. Pennacchio ha anche espresso il desiderio che “le autorità preposte al tribunale possano corrispondere al desiderio del sacerdote, attuando, nel limite del possibile, un processo rapido”. Tutto questo “è importante per rafforzare quella che è la necessità più urgente del Rwanda: la riconciliazione”.

P. Athanase Seromba, 38 anni, si è consegnato mercoledì 6 febbraio al tribunale penale per il Rwanda (TPR), atterrando ad Arusha, dove è stato posto in stato di detenzione. Fonti di Fides ad Arusha affermano che l’arcivescovo cattolico di Arusha ha già stabilito che un sacerdote tanzaniano segua il p. Sarombe nei suoi bisogni spirituali. Nella diocesi vi è un cappellano delle carceri che una o due volte la settimana visita il centro di detenzione internazionale. Con p. Saromba, ad Arusha, vi è un altro sacerdote rwandese accusato di genocidio: è il p. Emmanuel Rukundo, detenuto dallo scorso luglio.

In passato Giovanni Paolo II, il primo leader a denunciare il genocidio rwandese, aveva dato indicazioni sull’atteggiamento da avere nei confronti delle accuse genocidiarie. In una lettera del 23 marzo 1996, indirizzata a mons. Thaddée Ntihinyurwa, allora vescovo di Cyangugu e Presidente della conferenza episcopale rwandese, il pontefice scriveva: “La giustizia e la verità devono andare insieme quando si tratta di chiarire le responsabilità nel dramma che ha conosciuto il vostro paese. La Chiesa in quanto tale non può essere ritenuta responsabile dei peccati dei suoi membri che hanno agito contro la legge evangelica: saranno chiamati a rendere conto dei loro atti. Tutti i membri della Chiesa che hanno peccato durante il genocidio devono avere il coraggio di sopportare le conseguenze dei fatti che hanno commesso contro Dio e contro il prossimo.”

In Rwanda sono attualmente imprigionati con l’accusa di genocidio 5 sacerdoti, 2 suore, e un seminarista. Altri quattro sacerdoti, già processati, sono stati liberati. Nel giugno 2001, 2 suore sono state processate e condannate in Belgio.