Vita Chiesa
Documento preparatorio Sinodo: “anche la Chiesa deve affrontare la mancanza di fede”
È il documento preparatorio del Sinodo, dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, che Papa Francesco aprirà ufficialmente il 10 ottobre. L’evento proseguirà poi il 17 ottobre in ogni Chiesa particolare. Una tappa fondamentale sarà la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023, a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le diocesi. Per accompagnare concretamente l’organizzazione dei lavori viene proposto un Vademecum metodologico, allegato al documento preparatorio e disponibile sul sito dedicato, che offre “alcune risorse per l’approfondimento del tema della sinodalità”, tra cui il discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, tenuto da Papa Francesco il 17 ottobre 2015, e il documento “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”, elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale e pubblicato nel 2018.
“La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo”, l’incipit del testo, sulla scorta dell’invito di Papa Francesco ad interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua missione: “Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. “Una tragedia globale come la pandemia da Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca”, ma al tempo stesso “ha fatto esplodere le disuguaglianze e le inequità già esistenti”, l’analisi contenuta nel documento.
“La tragica condizione che i migranti vivono in tutte le regioni del mondo testimonia quanto alte e robuste siano ancora le barriere che dividono l’unica famiglia umana”, la denuncia. La sfida, per la Chiesa, è dunque quella di ”accompagnare le persone e le comunità a rileggere esperienze di lutto e sofferenza, che hanno smascherato molte false sicurezze, e a coltivare la speranza e la fede nella bontà del Creatore e della sua creazione”.
“Non possiamo nasconderci che la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e la corruzione anche al suo interno”.
È il “mea culpa” contenuto nel documento, nel quale si cita in particolare “la sofferenza vissuta da minori e persone vulnerabili a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate”. “Siamo continuamente interpellati come popolo di Dio a farci carico del dolore dei nostri fratelli feriti nella carne e nello spirito”, l’invito del testo: “per troppo tempo quello delle vittime è stato un grido che la Chiesa non ha saputo ascoltare a sufficienza. Si tratta di ferite profonde, che difficilmente si rimarginano, per le quali non si chiederà mai abbastanza perdono e che costituiscono ostacoli, talvolta imponenti, a procedere nella direzione del camminare insieme”. “La Chiesa tutta è chiamata a fare i conti con il peso di una cultura impregnata di clericalismo, che eredita dalla sua storia, e di forme di esercizio dell’autorità su cui si innestano i diversi tipi di abuso (di potere, economici, di coscienza, sessuali)”, l’appello: “È impensabile una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio: insieme chiediamo al Signore la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti a questi crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio” . Tra i segni di speranza fioriti nella comunità cristiana, c’è “il desiderio di protagonismo all’interno della Chiesa da parte dei giovani, e la richiesta di una maggiore valorizzazione delle donne e di spazi di partecipazione alla missione della Chiesa”, come la recente istituzione del ministero laicale del catechista e l’apertura alle donne dell’accesso a quelli del lettorato e dell’accolitato.
“Non possiamo ignorare la varietà delle condizioni in cui vivono le comunità cristiane nelle diverse regioni del mondo”, prosegue il testo, in cui si stigmatizzano le persecuzioni dei cristiani nei paesi in cui sono una minoranza. “Se da una parte domina una mentalità secolarizzata che tende a espellere la religione dallo spazio pubblico, dall’altra un integralismo religioso che non rispetta le libertà altrui alimenta forme di intolleranza e di violenza che si riflettono anche nella comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società”, il grido d’allarme del testo: “Non di rado i cristiani assumono i medesimi atteggiamenti, fomentando le divisioni e le contrapposizioni anche nella Chiesa”.
All’interno della comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società si riverberano, inoltre, “le fratture che percorrono quest’ultima, per ragioni etniche, razziali, di casta o per altre forme di stratificazione sociale o di violenza culturale e strutturale”. In questo contesto, la sinodalità “è ben più che la celebrazione di incontri ecclesiali e assemblee di vescovi, o una questione di semplice amministrazione interna alla Chiesa; essa indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa”.
“La consultazione del popolo di Dio non comporta l’assunzione all’interno della Chiesa dei dinamismi della democrazia imperniati sul principio di maggioranza”, si precisa nel documento. Tra gli obiettivi dell’itinerario sinodale, figura anche quello di “esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo”.