Opinioni & Commenti
Docenti di religione, oltre le polemiche
di Alberto Campoleoni
Colpisce, ma non più di tanto, la polemica estiva sull’insegnamento della religione. Il Tar del Lazio, infatti come ben sa chi segue le vicende di questa materia non è nuovo a sentenze che danno contro quanto stabilito dal Nuovo Concordato del 1984 e leggi derivanti.
Sentenze che scomodano principi importanti, dalla laicità dello Stato alla libertà di scelta religiosa, utilizzati in modo strumentale e a sproposito per cercare di indebolire l’ordinamento vigente.
Sentenze, ancora, regolarmente smentite dal Consiglio di Stato e da altri pronunciamenti che con maggiore attenzione e pacatezza subentrano poi a ristabilire lo status quo (succederà, probabilmente, anche questa volta). Colpisce, anche e ancora, non troppo, tutto sommato, visto lo storico di queste vicende il perseverare di alcune associazioni e tra l’altro di alcune chiese cristiane nel cercare in tutti i modi di affossare un insegnamento sul quale, invece, si potrebbe cercare utili alla scuola e alle nuove generazioni convergenze.
Tuttavia così è in Italia, dove la questione insegnamento della religione sembra non poter trovare pace. E’ vero che i ricorsi si ammantano di buone intenzioni e grandi principi, ma in sostanza lasciano trasparire continuamente una avversità ideologica che nulla ha a che fare con il bene della scuola.
Avversità ideologica che continua a contrapporre e ad esasperare schieramenti diversi e fare della scuola e dell’educazione terreno di scontro. Perché qui è il nodo della questione: l’insegnamento della religione cattolica è un’occasione per tutti gli studenti, senza vincoli di scelta di fede, per conoscere e approfondire gli elementi del cristianesimo e della tradizione cattolica, in dialogo con la storia, la cultura e le altre religioni.
Sull’opportunità di un insegnamento simile che persegue le finalità della scuola pubblica e non ha intenti di proselitismo concordano in molti, in Italia ma anche in tutta Europa, considerati in particolare gli scenari contemporanei e i bisogni educativi delle giovani generazioni. Tuttavia l’affidamento a una parte, alla chiesa cattolica, dell’ora di religione, sembra essere un tale fumo negli occhi per alcuni da far passare una buona proposta come un concentrato di tutti i mali. E addirittura da far preferire l’uscita da scuola, il nulla e il disimpegno ad un percorso scolastico serio e verificato di continuo (nei programmi e nella formazione dei docenti, ad esempio).
A chi giova questa esasperazione? Non certo ai giovani e alla scuola. Nemmeno, in verità, a quanti da anni alimentano le polemiche, visti i risultati: di fatto l’insegnamento cattolico è scelto ancora oggi da quasi tutti, allievi e famiglie, per nulla spaventati, evidentemente, dai rischi per la laicità dello Stato, o da una confessionalizzazione complessiva della scuola, come immaginano gli abbonati al Tar del Lazio. E allora meglio sarebbe ragionare pacatamente di scuola e religione, migliorando anche il migliorabile del modello italiano, perché no? Magari dando sempre più autorevolezza scolastica all’insegnamento della religione, così come è avvenuto con l’inserimento in ruolo dei docenti, come potrebbe avvenire con il superamento delle difficoltà sulla piena valutazione altro che non partecipare agli scrutini.