Italia
Dispersione delle ceneri, il rifiuto della morte
Come è noto, la Chiesa ha da tempo riveduto la sua posizione nei confronti della cremazione. Nell’Istruzione Piam et constantem promulgata dalla Sacra Congregazione del Sant’Uffizio il 5 luglio 1963, la Chiesa correggeva le prescrizioni restrittive contenute nel Codice di Diritto Canonico del 1917 (can. 1203, § 2) che impedivano «l’esecuzione del mandato di cremazione», e negavano la «sepoltura ecclesiastica a chi ne aveva fatto richiesta». Pur raccomandando di conservare la tradizione di seppellire i cadaveri, il documento della Congregazione ammetteva il ricorso alla cremazione, purché questa non fosse scelta con l’esplicita volontà di negare «i dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa». Proprio per questo, concludeva il documento, «non dovranno essere (più) negati i sacramenti ed i pubblici suffragi a chi abbia chiesto la cremazione del proprio cadavere».
I documenti più recenti recuperano e confermano in tutto questa posizione, senza aggiungere significative novità. Infatti, il Codice del 1983, a cui si riferisce espressamente anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, dispone al can 1176, § 3: «La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana».
Il principio su cui si fonda l’insegnamento della Chiesa è chiaro e permette, a mio parere, di dare una risposta al nuovo problema della dispersione delle ceneri o della loro conservazione in luogo diverso dal cimitero. Se poniamo una distinzione tra il gesto (cremazione) e il suo significato (non necessariamente in contrasto con la fede nella resurrezione dei corpi), non si vede perché non poter ammettere che uno scelga di disperdere le proprie ceneri, senza necessariamente negare con questo la fede della Chiesa. Se crediamo, come afferma il già citato documento della Congregazione, che «l’abbruciamento del cadavere non tocca l’anima, e non impedisce all’onnipotenza divina di ricostruire il corpo» – mi si perdoni la battuta – si può essere certi che nemmeno la dispersione delle ceneri può costituire un ostacolo alla volontà salvifica di Dio.
Ma il vero problema, a mio parere, è altrove, e risiede sul piano della funzione comunicativa dei segni. Non si può negare il fatto che l’agire dell’uomo abbia un carattere simbolico e rimandi quindi ad un significato, come pure è innegabile che ogni gesto abbia in sé una forza espressiva oggettiva, indipendente dal valore soggettivo che gli diamo. Nel caso specifico della dispersione delle ceneri, o della loro conservazione in luoghi privati, ritengo che tale gesto – al di là delle buone intenzioni – non riesca a comunicare efficacemente la fede cristiana sulla identità indistruttibile dell’uomo, sul fatto che c’è continuità tra il corpo creato e quello risorto, l’alto onore che nella fede attribuiamo al corpo, il valore comunitario della morte. Sono persuaso che la cremazione non è, come vogliono farci credere, solo un problema di spazio, e che la dispersione delle ceneri non è priva di significato, esse possono essere segno del disagio con cui nella nostra cultura si vive l’esperienza della morte e l’incertezza sul destino ultraterreno dell’uomo.
È per questo che, pur nel massimo rispetto della laicità dell’amministrazione pubblica e nella piena considerazione della libertà dell’individuo, non possiamo accogliere senza spirito critico la nuova normativa. Due pensatori dichiaratamente «non credenti», tra i più stimati maestri della cultura laica, ci aiutano a far luce sull’ambiguità che può rivelarsi nell’esperienza della dispersione delle ceneri. Il filosofo Remo Bodei, a proposito, scriveva qualche anno fa: «la fede nell’immortalità dell’anima e nella risurrezione è legata al principio di individuazione tipico del cristianesimo, per cui l’individuo seguita a essere se stesso anche dopo la morte. Il venir meno della sepoltura addita la perdita d’importanza dell’individuo». Oggi – continuava – «si muore soli, in ospedale In quella solitudine può crearsi uno spazio per negare se stessi o può sbocciare l’idea verde che, se le mie ceneri sono disperse, la mia individualità può fondersi con la potenza della natura. Ma la cremazione può essere sentita come antidoto alla putrefazione: c’è una repulsione estetica per l’informe, per ciò che si disfa».
TOSCANA, SÌ DEL CONSIGLIO REGIONALE A DISPERSIONE CENERI DOPO CREMAZIONE