Toscana

Discriminazioni sessuali, un testo da correggere

di Francesco Dal Canto*Con delibera della Giunta regionale del 14 maggio la Regione Toscana ha approvato una proposta di legge contro le discriminazioni fondate sugli orientamenti sessuali personali. Tale atto può prestarsi a due ordini di considerazioni: da una parte, sul significato complessivo che un provvedimento di questo tipo riveste, dall’altra, riguardo alle soluzioni concretamente adottate.

Quanto al primo profilo, l’iniziativa della Toscana trova un’indubbia base di legittimazione non soltanto nella Costituzione italiana, che all’art. 3 stabilisce il divieto di qualsiasi forma di discriminazione, ma pure nell’art. 13 del Trattato istitutivo dell’Unione europea, disposizione poi ripresa nell’art. 21 della Carta di Nizza del 2000, ove si prevede il divieto di discriminazioni fondate sia sul «sesso» che sulle «tendenze sessuali». E a ciò si può aggiungere che lo stesso Parlamento europeo, con diverse recenti risoluzioni, ha esortato gli Stati a realizzare «la sostanziale eguaglianza delle persone, indipendentemente dalle loro inclinazioni sessuali».

Passando dal piano delle intenzioni a quello della loro effettiva realizzazione, non possono nascondersi i numerosi limiti che il testo sembra presentare.

Per esigenze di brevità, mi limito a segnalare alcuni problemi. Innanzi tutto, mi sembra che possa farsi un rilievo generale sulla insoddisfacente tecnica legislativa utilizzata, che potrebbe dar luogo a successive difficoltà interpretative. Inoltre, un dubbio può sorgere sullo stesso oggetto della legge, tesa, come si deduce fin dal titolo, a vietare le discriminazioni determinate sia dall’«orientamento sessuale» che dalla «identità di genere». Quanto all’orientamento sessuale, forse sarebbe stato il caso di precisare che non tutti gli orientamenti sessuali possono essere tutelati o promossi, ed anzi alcuni devono essere senz’altro repressi per garantire la tutela dei diritti di terzi (come, per fare un solo esempio, la pedofilia). Riguardo alla «identità di genere», con tale termine mi pare che si dovrebbero intendere le discriminazioni tra uomini e donne, che sono all’evidenza un problema diverso dall’altro, e la cui commistione con esso, ripetuta per quasi tutte le disposizioni, crea in più punti risultati paradossali e talora inaccettabili.

Il testo prevede poi un’articolata ed eterogenea gamma di politiche settoriali, potenzialmente assai incisive, in materia di lavoro e di imprenditoria, di sanità e di assistenza, di formazione e promozione della cultura, o ancora di disciplina degli esercizi pubblici e delle imprese commerciali, finalizzate ad evitare discriminazioni fondate sulle tendenze sessuali, ovvero a favorire una certa categoria di persone ritenute, per gli stessi motivi, già discriminate, o in altri casi ancora abbracciando una platea vastissima di interessati, ben aldilà dell’ambito materiale della legge. Senza entrare nel merito delle singole scelte, in generale non è chiaro come debba essere accertata l’avvenuta discriminazione e si acquisti di conseguenza il diritto a ricevere alcuni dei trattamenti di favore previsti dalla legge.

Non c’è dubbio, poi, che alcune previsioni destano forti perplessità. Mi limito a segnalare quella, peraltro di portata generale, che riconosce il diritto di chiunque, se maggiorenne, a designare preventivamente la persona a cui gli operatori sanitari devono riferirsi per ricevere il consenso ad un determinato trattamento terapeutico, in caso di successiva incapacità dell’interessato e qualora vi sia grave pregiudizio della sua salute; previsione che, oltre a toccare un tema delicatissimo, che probabilmente esorbita dalle competenze regionali, non sembra del tutto compatibile con la legge statale n. 145 del 2001, di ratifica della Convenzione di Oviedo sulla medicina, ove si prevede che, in quelle stesse circostanze, spetti soltanto al medico decidere l’intervento. In conclusione, l’auspicio che forse si può avanzare è quello per cui il Consiglio regionale sappia valutare l’opportunità di alcune scelte e correggere i numerosi limiti del testo licenziato dalla Giunta. Per dirla con una battuta, la regione Toscana, terra delle libertà e delle differenze, merita sull’ampio tema delle discriminazioni sociali, fonte di sofferenze e di pregiudizi, una maggiore attenzione.* Professore associato di Diritto costituzionale nell’Università di Pisa