Mondo

Disarmo nucleare: Masaka Wada racconta l’orrore dell’atomica


Masaka Wada, la più giovane degli ultimi «hibakusha», i sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki, sganciata dagli Stati Uniti in Giappone il 6 agosto 1945, è stata tra le ospiti alla conferenza sul disarmo nucleare in Vaticano. Ci ha raccontato la sua terribile esperienza.

Masaka Wada aveva solo 22 mesi quando la sua vita cambiò per sempre. Era un tranquillo e afoso mattino del 6 agosto 1945. Gli Stati Uniti decisero di sganciare due attacchi nucleari su Hiroshima e Nagasaki, in Giappone, per porre fine alla seconda guerra mondiale. Lei e la sua famiglia furono fortunati: le montagne e la distanza dal centro li protessero dal fungo atomico, tutti si salvarono ma ebbero conseguenze pesanti sulla salute negli anni a venire. Oggi Masaka Wada, 74 anni, minuta, sorridente e gentile, è sottosegretario generale di Nikon Hidankyo, l’associazione che riunisce oltre 160 «hibakusha», gli ultimi sopravvissuti alla bomba atomica. L’età media è di 80 anni, il più anziano è ultranovantenne, lei è la più giovane.

Di religione cristiana, la sua missione è ricordare al mondo l’orrore delle armi nucleari. È tra le testimoni presenti alla conferenza «Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale» promossa in Vaticano dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (10-11 novembre). Ricevendo in udienza gli oltre 360 partecipanti, tra cui 11 premi Nobel per la pace che gli hanno consegnato un appello, Papa Francesco ha ricordato nel suo discorso la testimonianza degli «hibakusha», perché siano «voce profetica e monito per le nuove generazioni». Masaka Wada ha consegnato una campagna di raccolta firme degli «hibakusha» per chiedere l’abolizione delle armi nucleari.



Quali sono i suoi ricordi di questa tragedia?

«Sono nata nel 1943, quando scoppiò la bomba atomica avevo 22 mesi. Mia madre mi ha raccontato spesso cosa successe quel giorno. La zona dove abitavamo era circondata da montagne: noi siamo stati fortunati, vivevamo ad una certa distanza e i monti ci hanno protetto. Tutta la mia famiglia è sopravvissuta».



Cosa ricordava sua madre di quel giorno?

«Mia madre stava cominciando a cucinare il pranzo per la famiglia. Era tempo di guerra, non avevamo molto cibo a disposizione, per cui era un pranzo molto modesto. Io giocavo fuori, mia madre mi disse “Vieni dentro perché è troppo caldo”, così sono entrata e mi sono messa a giocare da sola nell’ingresso di casa. Io non ho ricordi perché ero troppo piccola ma mia madre mi ha raccontato che sentì il rumore di una forte esplosione. Perse i sensi per un po’ e quando si risvegliò vide che tutti i vetri delle finestre erano rotti, cadevano calcinacci dai muri e tutte le porte erano volate via. Sul pavimento c’erano circa 30 centimetri di polvere, ovunque. Mia madre è uscita fuori e

nell’aria c’era un colore arancione e tanto fumo, non riusciva a vedere l’altro lato della strada, era fumo molto denso».



Cosa ha visto quando è uscita fuori?

«L’esplosione è stata a nord di Nagasaki, la nostra casa era a sud e protetta dai monti, così non abbiamo subito un impatto diretto della bomba. Ma dal centro della città ha visto file di persone che fuggivano verso la nostra zona. Queste persone non avevano niente con sé, molti erano feriti, avevano scottature, sembrava una fila di formiche. Una scena orribile».



Quali sono state le conseguenze negli anni successivi?



«Mia madre è stata in ospedale una ventina di volte a causa di un tumore allo stomaco e altri gravi problemi di salute.

Anche i nostri vicini hanno avuto conseguenze simili».



Cosa significa per lei e per gli «hibakusha» il sostegno di Papa Francesco e della Santa Sede?

«Ascoltare il Papa e tanti altri leader mondiali che parlano dell’importanza del disarmo nucleare, dire che le armi nucleari non sono la soluzione né una via valida per porre fine ad una guerra è per noi importantissimo.

È necessario arrivare a una stigmatizzazione delle armi nucleari, capire che sono inutili e illegali.

Deve aumentare la consapevolezza delle popolazione perché faccia sentire la propria voce. Sono cristiana, credo che le religioni possano rivestire un ruolo importante».



Che lavoro si può fare in collaborazione con il Vaticano?



«Il Vaticano ci può aiutare a fare in modo che la gente sappia cosa è accaduto a Hiroshima e Nagasaki

e le nostre storie siano conosciute in tutto il mondo. Sarebbe molto utile, perché tanta gente non sa nemmeno che c’è stato un trattato per la non profilerazione e messa al bando delle armi nucleari».



Il Papa ha citato gli «hibakusha» nel suo discorso. Come si è sentita?

«Sono molto grata per le sue parole. In questo momento ho tanta speranza nel cuore e grande fiducia, perché possiamo lavorare insieme in questa grande missione. Il sostegno del Papa è fondamentale.
»