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Diritti umani, mons. Tomasi (Oss. Onu): «Dare risposta adeguata a violenza Is»
Dare una «risposta adeguata» alla violenza dello Stato islamico è «un imperativo morale per la Comunità internazionale che dovrebbe finalmente accantonare gli interessi di parte e salvare vite». Lo ha detto l'arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, nel suo intervento pronunciato a Ginevra il 10 marzo 2015, in occasione della 28ª sessione del Consiglio per i diritti umani, e reso noto oggi dalla sala stampa vaticana.
«Oggi la violenza abbonda – ha dichiarato l’arcivescovo – la Comunità internazionale sta assistendo a una sorta di genocidio in alcune regioni del mondo, dove si continua a rendere schiavi e a vendere donne e bambini, a uccidere giovani uomini e a bruciare, decapitare e costringere persone all’esilio». Questi e altri crimini «indicibili», ha aggiunto mons. Tomasi, «vengono commessi nei confronti di persone appartenenti a comunità antiche semplicemente perché la loro credenza, il loro sistema sociale e la loro cultura sono diversi da quelli dei combattenti fondamentalisti del cosiddetto gruppo dello Stato Islamico. Il riferimento alla religione al fine di assassinare persone e distruggere testimonianze della creatività umana sviluppata nel corso della storia rende le atrocità che si stanno compiendo ancor più ripugnanti e condannabili». Salvare vite umane è per la Comunità internazionale «un imperativo morale».
«La libertà di espressione che viene usata in modo improprio per ledere la dignità delle persone, offendendo le loro convinzioni più profonde, pianta il seme della violenza». È la convinzione dell’arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, espressa nel suo intervento a Ginevra il 10 marzo 2015, in occasione della 28ª sessione del Consiglio per i diritti umani, e reso noto oggi dalla Santa Sede. L’arcivescovo ha ribadito che la libertà di espressione è un diritto umano fondamentale che «va sempre sostenuto e protetto» ma che di fatto, «implica anche l’obbligo di dire in modo responsabile ciò che una persona pensa in considerazione del bene comune. Senza questo diritto, l’educazione, la democrazia, la spiritualità autentica non sarebbero possibili. Tuttavia, non giustifica il relegare la religione a una subcultura di peso irrilevante o a un accettabile facile bersaglio di derisione e discriminazione».
Per il rappresentante della Santa Sede «le argomentazioni antireligiose, anche in forma ironica, certamente possono essere accettate, poiché è accettabile usare l’ironia sul secolarismo e l’ateismo. La critica del pensiero religioso può perfino aiutare a smantellare vari estremismi. Ma che cosa può giustificare insulti gratuiti e derisione maligna dei sentimenti religiosi e delle convinzioni di altri che, dopotutto, hanno uguale dignità?». «Non esiste un ‘diritto di offendere’ – ha ribadito mons. Tomasi – la critica può dare buoni risultati se tiene conto del fatto che le persone sono più importanti delle loro convinzioni o del loro credo e che hanno, per il semplice fatto di essere esseri umani, il diritto innato al rispetto». «La mancanza di un’etica della responsabilità e della correttezza – ha concluso – porta alla radicalizzazione delle posizioni, mentre invece sono necessari il dialogo e la comprensione reciproca per spezzare il circolo vizioso della violenza».