Prato

Diocesi di Prato, assemblea in stile sinodale per riflettere sul ruolo e sulla vita delle parrocchie

«In certi momenti della storia la comunità credente è convocata per fare discernimento sul proprio cammino». Lo ha scritto il vescovo Franco Agostinelli nella lettera pastorale scritta per convocare l’Assemblea diocesana, un grande raduno pensato per dar modo a laici e sacerdoti di confrontarsi sul presente e il futuro della Chiesa di Prato.

L’iniziativa si è tenuta lo scorso fine settimana ed è stata organizzata come momento conclusivo della visita pastorale, il viaggio che ha portato monsignor Agostinelli a incontrare le 78 parrocchie del territorio diocesano. «Ci sono processi da iniziare, cambiamenti da programmare, fedeltà da ritrovare, tradizioni da riattualizzare e una comunione da ristabilire continuamente», ha detto il Vescovo ai 170 delegati intervenuti ai lavori assembleari, organizzati sullo stile del Convegno ecclesiale di Firenze all’interno dei locali di una parrocchia di periferia. Divisi per tavoli di discussione i partecipanti hanno avuto di scambiare idee e suggerimenti sul ruolo delle parrocchie in quattro ambiti: liturgia e sacramenti, evangelizzazione e catechesi, carità e testimonianza, strutture organizzative e economia.

La scelta di concludere la visita pastorale con una grande Assemblea è stata accolta con favore dai laici impegnati nella comunità ecclesiale: «Abbiamo cercato di mettere in pratica quella sinodalità tanto invocata da papa Francesco», commenta il vice presidente del consiglio pastorale diocesano Alberto Toccafondi.

In attesa di leggere il documento finale di Agostinelli, che farà sintesi di quanto emerso nei lavori assembleari, durante la Messa solenne concelebrata con il clero domenica scorsa in cattedrale il Vescovo ha consegnato alla Diocesi un messaggio contenente alcune prime indicazioni. Si chiede alle parrocchie, alle associazioni, ai movimenti e agli uffici di curia una rinnovata attenzione nei confronti degli adolescenti, un mondo «rimasto un po’ trascurato», degli immigrati, definiti «presenza significativa nella nostra città», dei poveri e dell’animazione della cultura.