Firenze
Diocesi di Firenze: don Gherardo Gambelli torna dalla missione e va in parrocchia
Dopo 12 anni in Ciad, da settembre sostituirà don Giacomo Stinghi alla Madonna della Tosse
«Conosco bene don Giacomo Stinghi, è stato un parroco molto amato che mi lascia in dono una bella eredità. Ho sempre saputo che la parrocchia della Madonna della Tosse è stata molto attenta a incarnare il Vangelo nelle realtà di ogni giorno. Sono molto contento, parto con molta gioia, sento come un dono questa nuova possibilità che mi è stata affidata».
Arriva da lontano don Gherardo Gambelli, dal prossimo settembre nuovo parroco della chiesa della Madonna della Tosse, precisamente dal Ciad, Paese dell’Africa centrale, dove ha prestato servizio per ben 12 anni: «Sono partito la prima volta per il Ciad a settembre 2011, rientrando di media una volta all’anno. Ho trascorso sette anni nella diocesi di N’Djamena, capitale del Ciad e nei successivi quattro anni sono stato presso il vicariato apostolico di Mongo, una città nella zona est del Ciad, per supportare la comunità nella creazione di una vera e propria diocesi. Il mio viaggio però comincia nel lontano 2001, in quel periodo ho prestato aiuto nel seminario nazionale, struttura creata negli anni ‘90 dai gesuiti primi missionari in Ciad, consegnato ai preti diocesani ciadiani che però non avevano abbastanza formatori; da lì in poi sono partito a supporto di una parrocchia nella diocesi di N’Djamena per poi trascorrere gli ultimi quattro anni a Mongo, da cui sono tornato definitivamente alla fine dello scorso febbraio – racconta don Gherardo con entusiasmo. – Per me questi 12 anni in Africa sono volati, nonostante l’inizio sia stato un po’ difficile per la diversità di lingua e cultura, sicuramente è stata un’esperienza molto forte. Ma sono stato ripagato dalla gioia di una bella accoglienza, in Africa l’ospite è sacro e quanto più viene da lontano più è sacro».
In Ciad, racconta ancora, «ho trovato delle persone molto accoglienti e una Chiesa molto giovane: la diocesi di N’Djamena ha compiuto 60 anni dalla sua fondazione e il vicariato di Mongo è stato istituito solo 20 anni fa; quelle del Ciad possono annoverarsi tra le Chiese più giovani del mondo, qui l’evangelizzazione è cominciata soltanto nel 1929, a causa dell’ubicazione lontana dal mare. Questa giovinezza si traduce in un grande entusiasmo, nella capitale N’Djamena in media ci sono 1000 nuovi battezzati ogni anno nonostante il percorso per la preparazione al battesimo duri quattro anni e si incominci dai 12 anni in poi. Molto sentito è anche il percorso del catecumenato degli adulti, non mancano giovani che vengono da famiglie musulmane che chiedono il battesimo, inizialmente c’è un po’ di opposizione da parte della famiglia, ma grazie al rispetto non ci sono mai stati problemi. Questi giovani arrivano alla scoperta della fede dopo percorsi alla San Paolo, con delle illuminazioni ed esperienze singolari».
«La Chiesa è molto impegnata in Ciad nella dimensione sociale dell’evangelizzazione, come dice il Papa, in tre settori: educazione attraverso le scuole, salute attraverso ospedali e sviluppo. A Mongo il terzo settore è molto sentito ci sono vari progetti per costruire pozzi e per aiutare i contadini perché la zona est del Ciad è molto vulnerabile dal punto di vista climatico, se non piove è esposta alla siccità e alla carestia. Questo tema dell’aiuto ai contadini è stato molto sentito anche dai primi gesuiti che hanno iniziato la missione in Ciad, che fin dal principio hanno cercato di combattere il fenomeno dell’usura, con la creazione delle banche dei cereali».
In un contesto di agricoltura di sostentamento, con i contadini dediti soprattutto alla coltivazione del miglio, i primi missionari notarono che in certi periodi dell’anno si venivano a creare squilibri nella domanda e nell’offerta, con una conseguente speculazione sui prezzi e successivo indebitamento da parte dei contadini.
«Le banche dei cereali fungono da veri e propri «depositi di miglio» che puntano ad assicurare una scorta comune, inoltre funzionano come una cooperativa agricola, i contadini che si iscrivono possono avere a un prezzo agevolato degli aratri di buona qualità. La Chiesa è presente anche nel campo educativo, nel Paese il sistema scolastico cattolico funziona con una specie di partneriato tra Chiesa, Stato e associazione dei genitori e dei bambini, formata da genitori cattolici, musulmani e protestanti che è un esempio tangibile di integrazione. Mi è capitato di partecipare a queste riunioni, quando un genitore prende la parola è difficile sapere se è musulmano o cristiano.
Grazie a questo impegno la Chiesa locale viene vista come una realtà affidabile e credibile, fattore che ha scoraggiato il fondamentalismo – sottolinea don Gherardo.
Da settembre, il ritorno in una parrocchia fiorentina, dopo gli undici anni passati a Santo Stefano in Pane prima di partire per l’Africa. Con il «peso» di andare a sostituire un parroco, don Giacomo Stinghi, con una storia significativa, in questa parrocchia dal 2002 e fondatore, nel 1980, del Centro di Solidarietà di Firenze, che da oltre quarant’anni aiuta tante persone e tante famiglie ad affrontare problemi con la droga e con altre dipendenze. Per lui, 89 anni, è il momento di mettersi a riposo. «Spero – afferma don Gherardo – di poter trasmettere un po’ della ricchezza che ho ricevuto nella nuova parrocchia, per me questi anni in Ciad sono stati un dono, ho trovato delle persone semplici che vivono una fede profonda nella Provvidenza, hanno grandi intuizioni anche nella lettura dei segni dei tempi. Guardare all’eredità di don Giacomo un po’ mi spaventa, ma come dice il Papa invece di pensare a un discorso di eredità mi vien da pensare a un discorso di corsa a staffetta, si riceve un testimone e si cerca di portarlo avanti, anche se chi viene dopo corre meno veloce si avanza lo stesso».
Un’altra sfida importante è quella del dialogo interreligioso: «in questo don Giacomo e prima di lui don Angelo sono stati molto bravi. Torno da un viaggio in Israele, il tema dell’amicizia ebraico-cristiana è il primo passo per la fraternità universale, si parte da qui, la religione ebraica non è estranea da noi. Anche in Ciad il dialogo con l’Islam è sempre stato molto presente nella vita della Chiesa, spero di poterlo portare avanti perché c’è un grande bisogno. Per il futuro mi piacerebbe che ci fossero legami importanti tra le due Chiese, quella italiana e quella del Ciad, perché questa Chiesa più giovane può trasmettere l’entusiasmo e la freschezza del Vangelo».