Cultura & Società

Din-don-dan: lunga vita ai suonatori di campane

Dallo scorso dicembre il suono manuale delle campane è stato riconosciuto dall'Unesco patrimonio culturale immateriale dell'umanità. A colloquio con Manuel Graziani, vicepresidente della Federazione nazionale dei suonatori

Campanaro barghigiano sulla cella campanaria del campanile del Duomo di Pisa (foto di Gerardo Teta)

«Anche Dio crede nella pubblicità: infatti ha messo campane in ognuna delle sue chiese»: così scriveva l’attore, regista e sceneggiatore francese Sacha Guitry . Il suono delle campane ab illo tempore scandisce le ore del giorno e richiama in chiesa bambini e nonni, giovani e adulti annunciando le celebrazioni eucaristiche feriali o festive, matrimoni e comunioni, cresime e funerali.

E chi sta dietro quel suono? Per secoli – e fino agli anni Novanta del scorso secolo – uno o più campanari salivano sulle ripide scale del campanile per tirare con la corda i batacchi delle campane. Oggi i suonatori di campane sono una «specie» in via di estinzione: merito o colpa della tecnologia che ha introdotto sistemi di suono automatici. Addio poesia. Ma sacche di resistenza ancora si trovano nel nostro Paese, dove dal 5 dicembre 2024 il suono manuale delle campane è stato riconosciuto dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Giubilo per i suonatori di campane, che alle 12 in punto dello scorso 29 dicembre celebrarono l’evento dando vita, da nord a sud Italia, a uno scampanìo.

Di tutto questo parliamo con Manuel Graziani. 49 anni, vicepresidente della Federazione nazionale dei suonatori delle campane, responsabile del gruppo dei campanari della Valle del Serchio e campanaro impegnato nel gruppo dei campanari di Barga.

Quanti sono i campanari ancora oggi in servizio in Italia?

«Almeno seimila, in ogni angolo del nostro Paese. Ogni anno la Federazione organizza o aiuta le realtà locali a organizzare un raduno nazionale al quale confluiscono, in media, seicento sonatori di campane da tutta l’Italia: si tratta di occasioni formidabili di incontro, utili per scambiarsi esperienze e per fare attività di tutela dei sistemi di suono e delle campane. Quest’anno ci ritroveremo il 13 e 14 settembre a Rosate, in provincia di Milano».

È possibile fare un identikit del suonatore di campane?

«I più sono pensionati. Anche se non è raro vedere anche i giovani che si sono avvicinati all’arte campanaria. I campanari sono, in gran parte, uomini: soprattutto alcuni sistemi di suono richiedono, oggettivamente, una certa prestanza fisica. Non mancano però eccezioni, anche significative: la presidente della nostra federazione, ad esempio, è Eles Belfontali, che suona regolarmente nell’associazione dei suonatori di campane a sistema veronese».

Dov’è più diffusa, in Italia, l’arte dei suonatori di campane?

«La maggior parte degli iscritti gravita in Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli. In generale ci sono più suonatori di campane nel nord Italia che al sud».

E in Toscana?

«Gruppi di campanari si trovano, ad esempio, nelle diocesi di Pisa, Lucca, Arezzo-Sansepolcro. Il gruppo dei campanari «Borgo Sansepolcro» , ad esempio, è formato da quindici persone (tra questi anche alcuni bambini) e presta servizio un po’ in tutte le chiese del territorio, dove ancora le campane sono tutte tirate a corda (eccezion fatta per una torre che ha il suono automatizzato). Adotta un sistema di suono a slancio. Delle tre campane della cattedrale di san Giovanni battista a San Sepolcro, una – il campanone – viene mandata a bicchiere (cioè con la bocca rivolta verso l’alto) le altre due vengono suonate a distesa a mo’ di accompagnamento. L’ associazione dei Campanari lucchesi ha sede a Lucca, è formata da un gruppo ben affiatato di 38 persone. Il gruppo adotta un sistema di suono detto a slancio lucchese salendo sui campanili delle chiese del centro storico, dei quartieri di San Donato e Sant’Anna, nelle frazioni di Ciciana, San Pancrazio, Palmata, nelle parrocchie della Brancoleria e piana di Lucca – come Parezzana, Toringo, Carraia e Picciorana, a Bozzano (Massarosa) e Chiatri, Corsagna (Borgo a Mozzano), nelle parrocchie di Pescaglia, di Fosciandora e dalla Garfagnana. Campanili dotati di due, tre o quattro campane. In Versilia, nelle colline del comune di Massarosa, si trova invece il gruppo dei campanari “Giacomo Puccini”, composto da dieci persone e che adotta un sistema di suono a slancio con quattro campane, principalmente impegnato nel campanile della chiesa di Bargecchia. Quel campanile è molto conosciuto per le sue quattro campane, fuse nel 1885 in località Palagio, dalla fonderia Lorenzo Lera e figlio; leggenda narra che durante la fusione numerosi bargecchini gettarono il proprio oro nella colata, rendendone il suono così armonioso che il maestro Giacomo Puccini, durante le visite all’amico Giacchi, medico condotto del paese, decise di inserirle alla fine del primo atto della Tosca, in particolare durante il duetto tra Tosca e Scarpia. Nel 1940, quando il sovrintendente alle belle arti Invernizzi annunciò di voler requisire le quattro campane per trasformarle in armamenti bellici, il parroco di Bargecchia don Giuseppe Del Fiorentino si oppose e riuscì miracolosamente a salvarle. Il parroco sarà poi fucilato alla fine di agosto del 1944 a Filettole (Pisa) durante la perquisizione delle SS presso la chiesina di San Lorenzo a Conca di Sotto, nella quale vennero rinvenuti fucili dietro all’altare: lui, interrogato più volte, si rifiutò di collaborare “…la mia salvezza, diceva, potrebbe significare la morte di molti innocenti…”. Oggi la piazza del paese è intitolata al nome del sacerdote. Ancora più a nord della Toscana abbiamo invece i gruppi dei campanari di Barga, Chiozza, Cardoso e Cascio-Perpoli, che in alcune occasioni si presentano insieme con il nome di Unione campanari della Valle del Serchio. Hanno 31 iscritti tra giovani e meno giovani. Il gruppo adotta un sistema di suono a slancio con tre o con quattro campane, a seconda dell’impostazione del campanile in cui si trovano a suonare. Il gruppo partecipa ai raduni nazionali portando l’antica arte del suono manuale delle campane in giro per l’Italia e andando in supporto delle parrocchie o dei campanari della zona per processioni o ricorrenze religiose».

È ispirandosi al suono delle campane tirato a mano dai campanari che Giovanni Pascoli – da Castelvecchio – scriverà una delle sue più fortunate poesie: Che hanno le campane/ che squillano vicine, che ronzano lontane?/ È un inno senza fine,/ Or d’oro, ora d’argento,/ nell’ombre mattutine./ Con un dondolìo lento/ implori, o voce d’oro,/ nel cielo sonnolento.