Opinioni & Commenti
Dietro la vittoria di Olmert la fine del «Grande Israele»
La rivoluzione centrista all’interno del Parlamento israeliano produce, comunque sia, più una frammentazione che una nuova coalizione di governo ancora tutta da inventare. L’alleanza più naturale fra Kadima e i laburisti non basta da sola ad assicurare una maggioranza. Per arrivare ai 61 seggi necessari, occorrerà cercare il sostegno dell’Yisrael Beiteinu di Avigdor Lieberman che ha ottenuto un buon risultato (12 seggi) e che ha idee non troppo lontane da quelle centriste di Kadima. Oppure si dovrà allargare la coalizione di centro-sinistra fino ai suoi limiti estremi accogliendo nella coalizione i pacifisti di Meretz (4 seggi) e i deputati arabo-palestinesi (10 seggi).
A seconda delle diverse possibili alleanze sarà corretta anche la proposta politica vincente di Kadima. Il fulmineo successo di questo partito neonato è dovuto a una considerazione più che a un’idea, a una ferrea necessità più che a un progetto originale. Nei confini del cosiddetto Grande Israele, in pochi anni, i palestinesi con la loro più alta natalità supereranno gli israeliani e Israele diventerebbe solo uno Stato arabo con una forte minoranza ebraica. Anche i leader di Kadima, che pure spesso provengono da una storia familiare e personale di estrema destra, si sono ora convinti, come del resto la stragrande maggioranza degli israeliani, che la superba illusione del Grande Israele è ormai una trappola mortale e che bisogna dividere Israele e le Colonie ebraiche in Cisgiordania dalle zone della Cisgiordania con una forte densità della popolazione araba.
Il ritiro unilaterale è respinto non solo da Hamas, ma anche da Al Fatah che rifiuta qualsiasi annessione che non sia compensata da uno scambio di terre. Ma è dubbio che un ritiro tanto parziale e unilaterale come quello previsto da Kadima sia accettato dalla Comunità internazionale, che ha voluto patrocinare la road map sulla base del principio della negoziazione. E rimane da demolire l’illusione che la costruzione di un muro sia una soluzione più sicura e più definitiva della costruzione della pace, anche se, per fortuna, Olmert si è dato un periodo di quattro anni per attuare il ritiro, ma anche per verificare la possibilità di un ritorno al negoziato.