Cultura & Società
Diari: compagni di scuola o compagni di niente?
di Sara D’Oriano
Chi non ha mai scritto sul proprio diario di quella clamorosa figuraccia del prof affinché rimanesse a imperitura memoria? O il ritornello di quella canzone che proprio ci fa piangere? O di quant’è bello il sorriso di quello/a dell’ultimo banco, o la formazione della nostra squadra del cuore?
E chi, dopo tanti anni, non è andato a rileggersi sorridendo quelle pagine completamente sgualcite da infiniti viaggi dentro lo zaino?
I diari sono anche questo, nostri «compagni di scuola» e importanti pezzi di storia della nostra vita adolescenziale, divisa tra grandi amori e compiti a casa.
Un ruolo importante, quello del diario che, all’apparenza innocuo strumento per appuntare i compiti da fare, si trasforma, nei nove mesi scolastici dell’anno, in raccoglitore e confidente della nostra vita.
Ma che succede quando a settembre, gironzolando per le cartolerie alla ricerca del materiale per il nuovo anno scolastico che inizia, ci imbattiamo in diari dalle belle copertine colorate, con pupazzetti sorridenti e all’apparenza innocenti che ci comunicano spontaneamente «Dimmi pure, tanto non ti ascolto»?
Non deve essere un bel colpo per i genitori (almeno per quelli un po’ più coscienti) sapere che anche nell’istituzione scolastica, quella seria per eccellenza, quella a cui affidare l’educazione dei propri figli, possano filtrare messaggi diseducativi e di basso spessore, ma che soprattutto, questi siano in mano quotidianamente ai propri figli.
Da diversi anni sono infatti comparsi, accanto ai classici diari dei cartoni animati o dei personaggi dei fumetti, diari molto alla moda e anche molto apprezzati tra i ragazzi, soprattutto i più adolescenti, che contengono al loro interno frasi e espressioni ben all’opposto di quello che la scuola vorrebbe insegnare.
Esistono marche più esplicitamente volgari come «De puta madre» (l’allusione è immediata anche se ci «rassicurano» che si tratta del diario della griffe colombiana che si traduce «Sto alla grande»), «Bastardi dentro» e marche che invece giocano più per il sottile come la «A style», molto in voga soprattutto quest’anno e che, con il suo apparentemente innocuo logo di una A accompagnata da due cerchietti, piazzati in posizione strategica, nasconde (più o meno) l’immagine di una coppia intenta nell’atto sessuale. Per non parlare poi del «simpatico» coniglietto «Happy bunny» che, sorridendo tra i quadretti e i numeri colorati del suo diario rosso, sembrerebbe quasi quasi adatto anche per i più piccoli e che invece, leggendo all’interno, trasforma l’orario di scuola in «che stress questi orari» (facendoci sopra magari un peto), le date da ricordare in date da «dimenticare» e, sempre sorridendo, spara qua e là frasi del tipo «so come ti senti, solo che non me ne frega niente» (per rimanere sul meno volgare). Effettivamente poi potrebbe anche sembrare originale l’idea di un diario che si legga all’incontrario, partendo con settembre sull’ultima pagina e risalendo all’indietro tutti i mesi dell’anno, ma quando si trova la spiegazione di questa scelta (e non si fa fatica perché è scritta in grande sulla copertina con un bel carattere bianco su sfondo verde) si rimane un po’ così: «Se aprirete Piccolatomopaco (è la marca del diario) come un diario qualsiasi troverete spazio per la vostra vena creativa (…), in fondo rimarranno imprigionati i compiti, i voti, i professori e tutto il resto».
Per poi concludere in bellezza (ma la lista potrebbe continuare) con «Sette in condotta» (e già la marca è tutto dire) che su una bella copertina a lavagna (ti vendono anche il gessetto per personalizzarla) ti fa trovare scritto a tutto campo «La classe ostenta ignoranza».
E non basta la rabbia di alcune mamme inferocite che di anno in anno denunciano anche alla magistratura la volgarità di certi diari. Ancora prima del suono della campanella, questi prodotti spuntano puntualmente sugli scaffali delle librerie giusto accanto agli innocui diari (e fortunatamente esistono ancora) delle «Fate» di Walt Disney, di «Winnie the pooh», delle «Winx» e di «Superman», colpa di quelle inesorabili «regole di mercato» a cui purtroppo dobbiamo accondiscendere.
Non tutto è nero, certo, ma il fenomeno, anni fa inesistente, è preoccupante per tutti quei genitori che vorrebbero che anche i diari scolastici fossero per i loro figli veri e propri compagni di scuola e non che dietro la risata di una frase accattivante, si nasconda il niente dell’irresponsabilità e del disimpegno.
Diffuse anche le marche più irriverenti, per cui c’è una discreta richiesta anche qualora non vi sia disponibilità in negozio. Tra queste la marca più diffusa sembra essere per il momento «Bastardidentro».
Scende la fascia d’età d’acquisto dei diari «seri»: se infatti negli anni novanta l’età di acquisto di «Smemoranda» era di 16-17 anni, ora si è scesi intorno ai 14-15.
Per i più piccoli resistono invece ancora i diari degli eroi dei fumetti o dei cartoni animati: «Winnie the Pooh», «Dragon Ball», «Spiderman» per i maschi, le «Winx», «Cokkole», «Hello Kitty» per le femmine. Anche il diario di «Harry Potter», dopo il successo dei libri della serie e dei film, è quest’anno molto richiesto. In questi ultimi, oltre agli spazi per i compiti, numerose sono le pagine dedicate ai giochi e agli spazi liberi in cui giocare con la fantasia.
Il mitico «Vitt» e le vignette firmate con la lisca di pesce
Per oltre cinquant’anni il «Diario Vitt» ha accompagnato il percorso scolastico di migliaia e migliaia di ragazzi, vendendo un numero impressionante di copie si parla di due/tre milioni negli anni ’70. Il diario scolastico è la creatura più importante nata da una fortunata intuizione del «Il Vittorioso», una delle testate cattoliche più importanti. Il «Diario Vitt» vede la luce nel 1949 ed è affidato quasi per tutte le sue edizioni alla mano di Benito Jacovitti, Joe Lisca di Pesce.
Chiunque abbia avuto in cartella il caratteristico volume dalla tipica carta gialla non può non pensare al «Diario Vitt» come ad un caro compagno di banco, pronto ad alleviare quelle noiose ore della scuola dell’epoca con le idee, le battute e le caratteristiche icone a forma di salame. Cocco Bill, Pippo, Pertica e Palla, sono solo alcuni dei tanti personaggi che animano le pagine del diario.
La straripante personalità di Jacovitti, che firmava le vignette con una lisca di pesce rossa perché «lisca di pesce» era il soprannome datogli dai suoi compagni di Università tra i quali Franco Zeffirelli e Federico Fellini acquista uno spazio sempre maggiore nel diario, fino a diventarne protagonista assoluta. Testimoni di questo crescendo sono gli anni ’60 e ’70, con le tirature milionarie.
Poi cominciano ad arrivare sul mercato altri diari ispirati ai personaggi dei nuovi fumetti: Linus, B. C., Disney, per arrivare alle Smemoranda e Comix che fanno da battistrada alla debordante marea dei diari di oggi. Il target del «Vitt» resiste, anche se si riduce notevolmente. Sopravvissuto a «Il Vittorioso» fino al 1980, sospeso fino al 1983 per dissapori fra autore e editore, riappare come «Diario Jacovitti» fino al 1992, per tornare ad essere «Diario Vitt» quando le Cartiere Pigna ne rilevano la testata dall’AVE.
Nel 2002, accortosi che le copie vendute erano poche migliaia, l’editore decide di porre fine alla bella avventura del primo e più amato diario scolastico del Novecento, che fondava la sua principale attrattiva sui personaggi del grande Jacovitti, scomparso cinque anni prima di quella che era la sua creazione più amata.
Al «Diario Vitt», che ha lasciato una sorta di nostalgia in tanti, in quei ragazzi nati e cresciuti negli anni del boom, è dedicato un libro a cura di Anna Saleppichi, «Gli anni d’oro del Diario Vitt» (Stampa Alternativa Nuovi Equilibri editore) con una scelta delle vignette di Jacovitti e dei testi firmati, tra gli altri, da Indro Montanelli e Sergio Zavoli.
Un’occasione per ripercorrere la storia del costume e della cultura italiana, della quale il volume offre uno spaccato talvolta parziale, ma sempre significativo. Ai testi e ai disegni fa da controcanto il commento di Goffredo Fofi, che accompagna il lettore in questo viaggio della memoria giocando sul filo dell’emozione e della nostalgia.
A testimonianza dell’interesse che ancora suscita il «Diario Vitt» possono valere gli annunci apparsi in questi giorni su e-Bay, il sito on line dove si può comprare di tutto. Il prezzo di partenza di una copia «usata» del 1968-1969 è di 15 euro. Per una copia «immacolata» del 1974-75 il prezzo sale a 45 euro per poi salire a 49 per una copia del 1978-79.
Ennio Cicali
L’esperto: Giovani troppo disimpegnati, genitori troppo accondiscendenti
La comparsa e la diffusione di diari scolastici che propongono messaggi di basso livello, intrisi di volgarità e ambiguità, sarebbe da ricercarsi nelle logiche di un mercato quello scolastico che punta al ribasso e che, pur di vendere, crea e diffonde prodotti accattivanti tenendo poco conto dei contenuti veicolati.
Questa l’opinione di Franco Vaccari, psicologo della comunicazione, presidente di Rondine Cittadella della pace, editorialista di Toscanaoggi e di Avvenire, il quale fa notare come la colpa non sia da attribuire ai giovani, che comunque nell’età adolescenziale inseguono di fatto un’omologazione con i propri amici pur di non sentirsi esclusi o diversi dai propri compagni, ma nella mancanza, sul mercato, di prodotti migliori o più pubblicizzati tra cui scegliere.
«Gli alti valori, la qualità o la profondità di certi messaggi vengono percepiti come noiosi e lontani e quindi poco accattivanti e poco di mercato ribadisce Vaccari. In realtà, se andassimo a vedere a fondo e l’incontro dei giovani con il Papa che si è tenuto in questi giorni a Loreto ne è esempio calzante i ragazzi sono assolutamente attenti ai cambiamenti culturali di peso, sensibili a chi gli propone messaggi di qualità, messaggi alti in cui poter credere e crescere».
Ciò che manca è la spinta a coltivarli in una realtà, quella scolastica, che quotidianamente vivono e che continuamente boccia certe scelte e certi modelli anche attraverso l’uso di diari irrispettosi.
La scelta di un certo tipo di diario piuttosto che di un altro non sarebbe pertanto consapevole nei giovani, ma dettata dalla moda, dalla «tendenza» e basata sulla leggerezza e la poca considerazione che si ha del diario come strumento educativo. Si pensa ad esso come all’oggetto che hanno tutti, al diversivo rispetto all’impegno pesante della scuola; le battute in esso contenute, per quanto stupide e oscene, sono percepite come un ottimo «antidoto» contro la noiosa lezione di storia o di matematica.
Alla disattenzione dei giovani si somma inoltre la disattenzione dei genitori, poco attenti o troppo accondiscendenti nei confronti delle scelte del figlio. Vaccari attribuisce proprio a loro la maggiore responsabilità nel non ritenere la scelta del diario un momento educativo anch’esso. Il tutto sopito e giustificato da un «in fondo non c’è niente di male», sottovalutando di fatto tutti quei messaggi subliminali contenuti nei testi e che sottilmente, quotidianamente, tra una semplice risata e l’altra, diseducano il giovane.
«Come in altri ambiti sottolinea Vaccari anche in questo caso vengono a mancare un confronto e un dialogo aperti tra i giovani e i loro educatori, soprattutto quel sano buon senso critico che i genitori dovrebbero suscitare nei figli facendo loro notare la buca nella quale stanno per inciampare».
Anche la Chiesa tuttavia potrebbe avere in questo ambito un ruolo importante dato il valore del messaggio di cui è portatrice. Manca, infatti, in ambito scolastico e in particolare proprio nell’ambito dei diari scolastici una risposta forte alle logiche errate di mercato. «Il difficile, che però è anche sinonimo di qualità sottolinea Franco Vaccari sta nel saper convogliare alternative di valore più solide attraverso linguaggi interessanti e accattivanti, che siano in linea con le proposte oggi in commercio; il rischio sta nel riuscire a superare quel pregiudizio di fondo che i giovani hanno oggi della Chiesa, ritenendola troppo chiusa e bigotta per poter far parte del loro quotidiano scolastico. Non solo, ma di fronte a testi che mostrano il gioco e l’impegno come due momenti assolutamente separati e anzi in antitesi tra di loro, nasce l’urgenza di proporre alternative in positivo, che mostrino come al contrario lo studio possa diventare motivo di divertimento comunque».
Senza voler aprire scenari apocalittici, né con l’intenzione di sopravvalutare il problema nasce l’urgenza di dare ad esso il giusto peso: «Non bisogna infatti mai dimenticare conclude Vaccari che anche il più piccolo diario scolastico fa parte della quotidianità dei nostri figli e che come tale può e deve educare alla vita e al rispetto dell’altro». (Sara D’Oriano)