Si è conclusa ieri una Conferenza internazionale che dal 12 al 15 ottobre, su invito dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e del Gran Mufti di Egitto lo sceicco Ali Gomaa, ha riunito all’Università di Cambridge una quarantina di teologi e studiosi musulmani e cristiani. Erano presenti anche il Gran Mufti di Bosnia ed Erzegovina, Mustafa Ceric, e il Patriarca melkita greco-cattolico Sua Beatitudine Gregorios III. La conferenza è stata indetta ad un anno dalla pubblicazione della lettera A Common Word scritta dai 138 saggi musulmani ai capi delle Chiese cristiane e si è conclusa ieri con la proclamazione di un comunicato finale in cui musulmani e cristiani definiscono l’incontro di Cambridge una opportunità per crescere nella comprensione reciproca, nella fiducia e nell’amicizia. In un mondo sempre più interdipendente si legge nel testo -, diventa sempre più urgente la necessità di conoscerci e rispettarci gli uni con gli altri per trovare una via di uscita ai nostri problemi. Riguardo poi alla Lettera dei 138 saggi, nel comunicato si legge: lo spirito di generosità che anima questa lettera ci permette di cominciare ad esplorare con attenzione ed onestà, aree per accordi potenziali ma anche di affrontare le questioni più difficili che a volte diventano punto di riferimento per incomprensioni e ostilità. Un appello perché cessino le minacce alla comunità cristiana in Iraq. A lanciarlo sono stati i circa 40 teologi e studiosi musulmani che dal 12 al 15 ottobre hanno partecipato alla Conferenza internazionale indetta dall’arcivescovo Rowan Williams e dal Gran Muftì di Egitto Ali Gomaa ad un anno dalla pubblicazione della lettera A Common Word. Siamo profondamente consapevoli si legge nel comunicato finale diffuso ieri – delle terribili sofferenze vissute dalla popolazione irachena di ogni credo negli ultimi anni e desideriamo esprimere la nostra solidarietà con loro. Non troviamo alcuna giustificazione nè nel cristianesimo nè nell’Islam per chi perpetra violenza in alcune parti dell’Iraq. Invitiamo pertanto i leader religiosi e politici a fare tutto quanto è in loro potere per promuovere il ritorno di tutte le persone e comunità, incluse le antiche comunità cristiane, e garantire una stabilità in cui tutti i cittadini possano prosperare. Dichiariamo in maniera inequivocabile che, in Iraq come nel resto del mondo, nessuna persona o comunità dovrebbe essere perseguitata o minacciata a causa della propria fede religiosa. Preghiamo perché l’Iraq possa trovare la pace e perché le nostre due religioni possano lavorare insieme per superare le divisioni nella società, dimostrare la fedeltà al duplice comandamento di amare Dio e l’amore prossimo.Sir