(M.Chiara Biagioni, inviata Sir a Bruxelles/Malines) – Abbiamo passato molto tempo a capire se era possibile dialogare tra noi. Oggi abbiamo compiuto un passo nuovo. Non si dialoga più sul dialogo. Si dialoga su alcune questioni fondamentali dell’uomo e della società che ci sono comuni, ci interpellano e alle quali dobbiamo rispondere insieme. Mons. Jean-Luc Brunin, vescovo di Ajaccio, sintetizza così il valore della Conferenza europea islamo-cristiana di Bruxelles che dal 20 al 23 ottobre su iniziativa di Ccee e Kek (organismi che riuniscono tutte le Chiese cristiane d’Europa) sta riunendo una cinquantina di cristiani e musulmani per discutere sul tema della cittadinanza in Europa. Domani la Conferenza si concluderà con una dichiarazione finale. In questa conferenza – spiega mons. Brunin – stiamo dialogando sulla cittadinanza e su come il nostro essere uomini di fede, cristiani e musulmani, può colorare e determinare questo nostro essere cittadini d’Europa. Ci sono – a parere del vescovo – molte questioni su cui musulmani e cristiani possono riflettere insieme: sulla dignità dell’uomo e della donna, sul rispetto della vita dall’inizio fino al suo termine, le riflessioni sulla bioetica, la giustizia sociale, le politiche migratorie, l’educazione alla diversità e alla pluralità. Riguardo all’appello dei 138 saggi musulmani e all’incontro che si terrà in vaticano dal 4 al 5 novembre, mons. Brunin parla di iniziative promettenti per l’avvenire. E aggiunge: è la prima volta che dei musulmani abbiano fatto un primo passo per sollecitare un dialogo con i leader cristiani. Ed abbiano anche dato una base sulla quale hanno chiesto di dialogare. E cioè sulla spiritualità e sull’amore a Dio e al prossimo. Su questa base, abbiamo molte cose da dirci. Gli fa eco l’Imam di Lisbona lo sceicco David Munir. I musulmani che conoscono davvero l’Islam – dice -, sanno che c’è una radice comune che ci lega al cristianesimo. Per questo i cristiani vengono rispettati. Sfortunatamente nella storia musulmani e cristiani hanno commesso degli errori. Con questi incontri e conoscendoci in profondità, noi impariamo a non commettere più gli errori del passato. Riguardo poi alla iniziativa di Bruxelles, l’imam ha detto: Conferenze di questo tipo ci assicurano che non siamo soli, che ci sono molte persone che credono nel dialogo e sono persone che vivono in diverse parti dell’Europa. Questo significa che dopo questa conferenza, ciascuno torna nella proprie comunità per costruire ponti e relazioni rinnovate. L’appello dei 138 saggi musulmani ai leader delle chiese cristiane è una mano tesa che viene accettata molto volentieri dai responsabili delle chiese cristiane. Così mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo, a margine della Conferenza islamo-cristiana che sta riunendo dal 20 al 23 ottobre una cinquantina di musulmani e cristiani a Bruxelles sul tema della cittadinanza europea. Tra i 138 firmatari della Lettera Una Parola comune c’è anche il Gran Muftì di Bosnia ed Erzegovina, Mustafa Ceric. Ritengo che questa iniziativa – dice mons. Sudar – sia molto importante perché è venuta in un momento in cui si temeva uno scontro diretto degli intellettuali e si avvertiva il pericolo che si seguisse la via dello scontro. Questa lettera è una mano tesa. Si tratta quindi di un buon inizio perché si sta finalmente capendo che nessuna religione, nessuna Chiesa o comunità religiosa è credibile oggi nel mondo se non trova modo di collaborare con le altre Chiese e comunità religiose. Vedo queste iniziative con molta speranza e fiducia. Noi – aggiunge mons. Sudar – abbiamo una esperienza secolare di convivenza delle diverse etnie e religioni e possiamo testimoniare che questo possibile. D’altra parte possiamo purtroppo anche testimoniare che tutto finisce in una sciagura se il dialogo con l’altro non viene alzato a livello di una opzione preferenziale.Sir