Opinioni & Commenti

Dialogo ecumenico e franchezza cristiana

A pochi giorni dallo scambio di rette parole e di ottimi sentimenti che caratterizza la Settimana per l’unità dei cristiani può apparire inopportuno esprimere senza mezzi termini un dissenso dalle posizioni pubbliche una comunità evangelica italiana. Senonché, il sito www.olir.it (preziosa concentrazione di documenti e studi, a cura di un gruppo di ecclesiasticisti e canonisti italiani di prestigio) ha reso disponibile (30.1.2006) un documento della Tavola valdese dedicato a Laicità e bioetica, nel quadro di una più ampia cautio pre-elettorale della Tavola sui “corretti rapporti tra stato e istituzioni religiose”.

Non senza aver auspicato una diversa composizione (“un maggiore ventaglio di opinioni”) del Comitato Nazionale di Bioetica, il documento argomenta a favore della libertà di formazione del libero convincimento di ognuno contro la richiesta rivolta (da parte della Chiesa cattolica, non nominata, ma palesemente in questione) alla politica di “limitare le scelte personali o tradurre in testi legislativi criteri particolari ad un determinato culto(!)”. Prosegue affermando che si tenterebbe di “forzare nella difesa assoluta dell’embrione ogni legge o disposizione statale”, mettendo “in secondo piano le capacità razionali ed etiche di soggetti adulti”, e che non sarebbe compito dello stato “sollevare” il cittadino dalle sue “responsabilità etiche”, scegliendo al suo posto ed esercitando su di lui una “tutela”.

Riconosce il documento che il dibattito pubblico dovrà proseguire, comunque, “con l’apporto di punti di vista maturati in seguito a convinzioni profonde di ordine culturale e religioso” (il corsivo è mio), e termina assumendo che una prospettive cristiana nel porsi “di fronte alle contraddizioni” del mondo deve preferire “un’etica moderatamente ottimista” alla “negatività disfattista e cinica”(?). Termina indicando nella pace e nella giustizia lo “scopo dell’umanità tutta”; alla loro possibilità l’uomo deve essere motivato a credere.

Niente di nuovo in queste raccomandazioni; specialmente niente di diverso da quanto capita di vedere quotidianamente argomentato dall’opinione “laica” (posso entirle complementari alle colonne polemiche di Miriam Mafai, sulla Repubblica del 31.1.2006). Colpisce che la Tavola valdese pensi che una legislazione che protegge i diritti del concepito sollevi il cittadino dalla sue responsabilità etiche, quando (certamente) nessun membro della Tavola riterrebbe un vulnus alla propria libertà e responsabilità l’esistenza di norme rivolte a tutelare la persona da danni anche di sottile definizione, quali ad es. i danni esistenziali o biologici. La Norma che tutela (e conseguentemente vieta) non “mette in secondo piano le capacità razionali ed etiche di soggetti adulti”, ma assolve alla propria funzione, essenziale e originaria, dell’ordinare tali capacità secondo il giusto. Ed è difficile (per dei cristiani impossibile, credo) affermare che la tutela dell’embrione umano non sia sotto il segno della Giustizia. Colpisce, allora (anzi ferisce, per una insidiosa consequenzialità), che il documento della Tavola assimili i fondamenti dell’antropologia cristiana, che (unica) pone e fonda ontologicamente la dignità della persona, ai “criteri particolari ad un determinato culto”. L’antropologia costitutiva dell’Occidente, e in ciò che ha di massimamente valido, non può essere ritenuta la credenza di un culto, svuotata quindi di ogni universalità (di ogni significato e autorità per l’uomo esterno a quel “culto”).

È doveroso allora, entro la fraternità ecumenica, ricordare che un portato, tra i principali e irrinunciabili, che caratterizza la catholica è la testimonianza di un sapere sull’uomo, senza il quale anche le battaglie per l’uomo possono mutarsi, e si mutano, in magna latrocinia. “Ottimismo” cristiano è questo coraggio affermativo; e la obiettiva difesa dell’Innocente è azione dovuta alla Giustizia, quella giustizia che “le capacità razionali ed etiche dei soggetti adulti” (di cui l’antropologia cristiana conosce i limiti) quotidianamente calpestano.