Vita Chiesa

Dialogo ebraico-cristiano, card. Bassetti: «purificare il linguaggio» per «sradicare ogni traccia di disprezzo, odio e razzismo»

«Solo un clima di sincera amicizia è l’ambiente dove possono venire abbattuti i muri e le separazioni, le diffidenze reciproche e i pregiudizi. Solo l’amicizia sa superare anche le normali tensioni e le difficoltà, le diversità di posizioni e di progetti che è normale che in un autentico cammino si manifestino». Ne è convinto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, che ieri sera ha aperto i lavori del Colloquio ebraico-cristiano di Camaldoli, a 40 anni dalla sua istituzione, dopo il saluto di don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.

«Un primo ostacolo nel dialogo cristiano è stata proprio l’ignoranza e il pregiudizio», ha esordito il cardinale, definendo i Colloqui un «luogo di collaborazione e incontro tra i cristiani, un dialogo ecumenico concreto e fattivo, vissuto nell’impegno comune a far crescere il dialogo con l’ebraismo». Seconda caratteristica: l’amicizia «come via e condizione del dialogo». «Noi rischiamo di parlare di dialogo con l’ebraismo e della sua importanza solo in riferimento all’ebraismo storico, alle fonte giudaiche», ha fatto notare Bassetti, ma «la via dell’amicizia ci ricorda che, anche per comprendere meglio la nostra fede cristiana, è fondamentale il dialogo con l’ebraismo vivente». «Quando noi cristiani, qui in Europa e in Italia, parliamo delle radici ebraiche della fede cristiana e del nostro legame con l’ebraismo, lo facciamo sempre al passato», la denuncia del presidente della Cei: «Dovremmo invece abituarci a usare il presente», come scriveva il card. Martini: «Non basta evitare ogni atteggiamento antisemita. Bisogna giungere ad amare il popolo ebraico con tutte le espressioni della sua vita e della sua cultura».

«Occasioni come quella dei Colloqui sono molto preziose per la purificazione del linguaggio, per sradicare ogni traccia di quell’insegnamento del disprezzo e dell’odio che nella storia ha provocato tanti lutti e efferati delitti, pagine oscure che ci è perfino difficile immaginare», ha detto ancora il card. Gualtiero Bassetti. «Soprattutto oggi, con il minaccioso riaffacciarsi di atteggiamenti, parole e gesti antisemiti, camuffati come cose normali e innocue – la tesi del cardinale – la purificazione del linguaggio e la cura della memoria sono indispensabili per sconfiggere le nuovi sfide contro ogni forma di razzismo e di rifiuto dell’altro». Di qui l’importanza di «una revisione nel linguaggio», a partire dalla prassi pastorale. «Nella nostra catechesi, soprattutto nella nostra predicazione domenicale – il grido d’allarme di Bassetti – ci sono ancora troppe semplificazioni, che non aiutano, non solo a coltivare il dialogo tra ebrei e cristiani, ma nemmeno a vivere pienamente la nostra fede cristiana. Ormai, con il cammino fatto anche dall’esegesi biblica negli ultimi cinquant’anni, non è più possibile fare affermazioni di questo tipo. Potrebbe sembrare una affermazione scontata, ma basta una breve indagine nella predicazione domenicale, per scoprire che scontata non è affatto e che c’è bisogno ancora di un grande lavoro».

«Nei nostri giorni, pensiamo al caso della senatrice Liliana Segre, ritornano segnali preoccupanti», questo l’allarme lanciato dal Presidente della Cei. «La logica della contrapposizione è comoda, richiede poco sforzo e poco approfondimento, ma è sterile», ha fatto notare il cardinale, secondo il quale «l’ermeneutica biblica non è estranea al dialogo ebraico cristiano, come non lo è stata nei tempi bui del nazismo, all’insorgere dell’antisemitismo e dell’odio». «La presenza di giovani ebrei e cristiani di diverse confessioni ai Colloqui di Camaldoli è un segno di speranza», l’omaggio di Bassetti: «I giovani presenti ai Colloqui ci dicono che la nostra società ha la forza e il coraggio di resistere a ogni spinta che rischia di riportarci ad un passato che pensavamo ormai alle nostre spalle». «Ripensare un cammino» per «guardare avanti», la consegna finale: «Per il nostro Paese oggi, per le Chiese cristiane e per le comunità ebraiche, ma anche per la società civile».