Lettere in redazione

Diaconi, quell’articolo non è farina del mio sacco

Alcuni sacerdoti e laici mi hanno telefonato a proposito dell’articolo pubblicato a pagina VI sul numero 21 di Toscanaoggi del 30 maggio 2004, intitolato «Chi è il diacono? Un tema ancora tutto da esplorare», firmato «G.Z.».Non voglio entrare nel merito delle indiscusse competenze dell’estensore dell’articolo, ma siccome non condivido né la sua analisi né le conclusioni che ne trae, vorrei che risultasse ben chiaro che l’articolo è farina di un sacco che non è il mio, come si potrebbe invece equivocare in base alle sole iniziali dello scrivente.A me pare che il Diaconato vada inserito nel discorso più complesso e articolato di «quale Chiesa oggi?», senza colpevolizzare nessuno, tantomeno i presbiteri.Giovanni Zanobinidiacono della parrocchiadi San Michele a Castello – Firenze Non capisco in base a quali considerazioni «alcuni sacerdoti e laici» abbiano pensato a lei come estensore dell’articolo (che riportiamo integralmente qui sotto), a meno che non abbiano presunto – ma non ne avevano motivo – che dovesse essere per forza un diacono e per di più fiorentino. In realtà l’autore è don Gianni Zanchi, qualificato a scrivere di questi temi perché delegato per il diaconato permanente della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Mi sfuggono anche le ragioni del dissenso verso un articolo che sostanzialmente recensiva un quaderno di «Presbyteri. Rivista di spiritualità», interamente dedicato al tema del diaconato permanente. Non mi sembra nemmeno che dall’articolo emergesse una colpevolizzazione dei preti, come traspare dalla sua lettera e da qualche altra segnalazione che abbiamo ricevuto. Se questo ministero è ancora scarsamente incisivo, scriveva don Zanchi, citando appunto l’editoriale di «Presbyteri», occorre un «esame di coscienza per tutti: diaconi, presbiteri e pure vescovi». Magari si potrebbe aggiungere che quell’esame di coscienza dovrebbero farlo anche i semplici laici.Claudio TurriniChi è il diacono?Un tema ancoratutto da esplorareL’attenzione riservata al diaconato da parte dei teologi e dei pastoralisti è ancora limitata dal punto di vista quantitativo e qualitativo.Tale stato di cose riflette innanzitutto l’ancora relativa novità del ripristino del diaconato come ministero permanente, per cui una sana teologia ha bisogno non di modelli di riferimento preconfezionati o presi di peso dal passato, ma piuttosto di crearne di nuovi, riflettendo criticamente anche sulle concrete esperienze pastorali dei diaconi (cf Dianich, Teologia del ministero ordinato, p. 255).Una difficoltà di non poco conto per l’affermarsi di una rinnovata teologia del diaconato risiede poi nel fatto che i relativi dati scritturistici, storici, magisteriali e pratici sono numerosi ma scarsamente omogenei. La riflessione deve quindi necessariamente collocarsi fra due estremi che delimitano in maniera sicura il campo di indagine e illuminano alcune prospettive importanti: il diaconato è un sacramento / l’ordinazione è conferita non per il sacerdozio ma per il ministero.Nel 2003, la Commissione teologica Internazionale, con il suo studio Il Diaconato: evoluzione e prospettive ha contribuito autorevolmente a fare il punto della situazione sulla questione, puntualizzando anche le coordinate per un approccio teologico del diaconato nella linea del Concilio Vaticano II; in quella sede si sono messi a fuoco alcune implicazioni della sacramentalità del ministero, certi suoi rapporti con l’episcopato che è pienezza dell’Ordine sacro, e ribadito lo stretto nesso tra diaconia ordinata ed ecclesiologia di comunione.Il panorama della riflessione italiana si arricchisce ora di un altro contributo da parte di Presbyteri. Rivista di spiritualità pastorale, che dedica tutto il quaderno dell’aprile 2004 ad affrontare una provocatoria domanda: «ci saranno mai veri diaconi?» Intendiamo qui segnalare il fatto, auspicando un’attenta lettura anche da parte dei diaconi toscani degli articoli pubblicati, consolandoci intanto che una rivista destinata ai preti dedichi un intero numero al tema del diaconato; anche se resta vero che «una rondine non fa primavera», ci vogliamo illudere che sia questo un segnale dell’inizio del necessario «disgelo» nei rapporti fra preti e diaconi.Nella rivista, il titolo dell’editoriale: Cari diaconi, non ci siamo ancora, non deve trarre in inganno; non intende «gettare la croce» addosso ai diaconi, attribuendo loro le intere responsabilità per la scarsa incisività del ministero diaconale all’interno della chiesa. Tale operazione pilatesca è purtroppo largamente praticata nel mondo presbiterale che, quando si degna di considerare l’esistenza dei diaconi, spesso proietta su di loro tutta una serie di pretese e di esigenze a livello umano e formativo che fanno pensare al terribile detto evangelico: «caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11, 46).In realtà l’articolo costituisce un forte richiamo ad un esame di coscienza per tutti: diaconi, presbiteri e pure vescovi. Una delle tesi centrali dell’argomentazione riguarda l’individuazione dell’asse portante per una seria e produttiva riflessione sulla diaconia ordinata: non più il rapporto di subordinazione lineare fra i tra gradi del sacramento dell’Ordine, ma il confronto diacono – missione della Chiesa. Questo presuppone la piena accettazione teoretica e pratica dell’irreversibilità della fine del regime di cristianità; altrimenti i diaconi continueranno ad essere impiegati per sostituire chi non c’è (i preti) nel tenere in piedi strutture e stili che ormai appartengono al passato.Nell’editoriale di Presbyteri si individua nella Chiesa «povera con i poveri» il modello pastorale di riferimento: se il diacono deve servire la Chiesa nell’espletamento totale della sua missione, allora opera perché la celebrazione dell’Eucaristia sia «non solo valida e lecita ma autentica, tale da indurre i credenti a trovare tempi e modi per divenire pane spezzato e sangue versato per il mondo».La redazione di Presbyteri non ha dunque dubbi: il test di sviluppo del diaconato risiede nel recupero dei poveri all’Eucaristia e della Chiesa ai poveri. G.Z.(dal n. 21 del 30 maggio 2004)