Cultura & Società
Di nuovo a casa il «tesoretto» di San Mamiliano
La Tuscia toscana sembra aver vinto la sua scommessa. Soprattutto ora che ha dato una degna collocazione al «tesoro del Conte di Montecristo», legato al romanzo di Alexandre Dumas, e che, secondo gli esperti, vale alcuni milioni di euro. Per tutta l’estate sono arrivati in Maremma turisti italiani e stranieri. Non hanno ammirato solo il nuovo museo allestito nella ex chiesa dedicata al monaco eremita San Mamiliano, ma pure le infinite bellezze di antichi borghi ricchi di storia come Sorano, Sovana e Pitigliano, riconosciuti dall’Unesco e insigniti della «bandiera arancione» dal Touring Club. Sicuramente nei prossimi mesi continueranno ad attrarre le scolaresche della nostra regione e del confinante Lazio, opportunamente sensibilizzate dalla Sovrintendenza archeologica di Firenze diretta da Andrea Pessina, che, dopo anni di ricerche e interventi sul campo, punta ora a dare un’adeguata rivalutazione a questo inestimabile patrimonio culturale delle cittadelle del Tufo. Contemplando necropoli (le tombe di Ildebranda e dei Demoni alati), il Masso Leopoldino, la Fortezza Orsini, reperti e statuette, qui si ripassa la storia d’Italia. Dell’Etruria sottoposta nel Medioevo al dominio dei Longobardi. Un territorio intrigante, ancora pieno di misteri, a due passi dalla splendida costa di Alberese e dell’Argentario e, sul versante viterbese, dal lago di Bolsena. Ha insomma tutti gli «ingredienti» per reclamizzare una stuzzicante proposta culturale ed allo stesso tempo turistica.
Il ritorno a casa delle 498 monete d’oro rinvenute casualmente all’interno di San Mamiliano – in un primo tempo destinato a diventare spazio espositivo etrusco – ha una valenza più che simbolica, come ci spiega il sindaco-giornalista di Sorano, Pierandrea Vanni: «Prima di tutto l’inaugurazione di un nuovo museo, per di più nei tempi difficili che viviamo, significa qualificare e ampliare l’offerta culturale, già rilevante, del nostro territorio. Poi rappresenta il punto di partenza per la realizzazione del polo museale di Sovana, che avrà tre gambe: appunto il museo di San Mamiliano, il palazzo Pretorio che verrà ulteriormente qualificato come centro di documentazione del parco archeologico e in particolare della necropoli etrusca; e il palazzo dell’Archivio, da utilizzare soprattutto per incontri culturali e convegni. Il polo già rappresenta e rappresenterà ancor di più un valore aggiunto non solo per Sovana e Sorano, ma per tutti i borghi delle Colline del Fiora, e, ci auguriamo, per l’intera provincia di Grosseto. È un passo avanti notevole nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio storico e artistico che un piccolo comune come Sorano, in mezzo a difficoltà di ogni tipo, ha perseguito con tenacia e continua a perseguire, a volte da solo, spesso con la collaborazione e il sostegno della Regione Toscana, del ministero dei beni culturali, delle soprintendenze competenti e, in alcune occasioni, della Fondazione Monte dei Paschi di Siena».
La storia dell’ultimo straordinario tesoro di Sovana è ben espressa nei pannelli esplicativi esposti all’interno del Museo, accanto alle bacheche in cui sono esposti i preziosissimi esemplari. Tutto è venuto alla luce nel novembre 2004, durante i lavori di restauro strutturale, condotti dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici delle province di Siena e Grosseto, per la trasformazione dell’ex chiesa del patrono San Mamiliano in un contenitore museale. Gli esperti della Soprintendenza archeologica di Firenze si sono subito resi conto del grande interesse storico del sito. Dagli scavi – come ci racconta l’ispettrice di zona dottoressa Maria Angela Turchetti – sono infatti affiorate tracce di sepolture rinascimentali; è stato recuperato un impianto termale di epoca romana. Ma soprattutto è stato scoperto un vaso di terracotta con 498 monete d’oro zecchino (i «solidi aurei» – due centimetri di diametro – inquadrabili cronologicamente tra l’inizio del V secolo, con il regno di Onorio e gli ultimi decenni del secolo, nel regno di Zenone). Sulle facce delle monete – «blindate» in questi ultimi anni nel caveau della Soprintendenza, in via della Pergola – sono raffigurati i sovrani che si sono alternati nel passaggio tra l’Impero Romano d’Occidente e quello d’Oriente. La «pignatta» (due chili e duecento grammi) era nascosta in un pollaio, due metri sotto l’attuale pavimento. Forse occultata nell’ultimo quarto del quinto secolo, in un periodo caratterizzato dalle continue invasioni barbariche.
Ecco, dunque, svelato il segreto del «tesoro di Montecristo» – frutto di donazioni ecclesiastiche – che, secondo la leggenda, il vescovo Mamiliano custodiva nel Monastero prima di spegnersi. Nel celebre romanzo di Alexandre Dumas, l’abate Faria in punto di morte rivela ad Edmond Dantes il luogo dove erano nascoste le ricchezze della famiglia Spada, nella cappella dedicata al santo sull’isola toscana, considerata ancor oggi uno dei luoghi più affascinanti del Mediterraneo. Documenti del Cinquecento confermerebbero l’esistenza di numerose monete auree, probabilmente portate dai pirati, che saccheggiavano lungo la costa tirrenica. Per anni, quindi, archeologi e studiosi hanno cercato senza esito questa fantastica fortuna al largo dell’Arcipelago. Non trovandola, ad un certo punto, si è addirittura creduto di avere a che fare con un mito o una pura fantasia letteraria. Ma dopo 1500 anni all’improvviso il tesoro è finalmente spuntato. Non a Montecristo, bensì a Sovana, di cui appunto San Mamiliano era protettore. C’era stato, dunque, un errore di interpretazione. Una semplice omonimia, che ha permesso al piccolo borgo maremmano di conservare e ora di mettere in mostra questo importante patrimonio. Che si aggiunge alle numerose gemme artistiche delle antiche città del Tufo.
La scheda
Il Museo di San Mamiliano (benedetto e inaugurato il 28 luglio dal vescovo della Diocesi di Sovana-Pitigliano-Orbetello, monsignor Guglielmo Borghetti) resterà aperto fino al 4 novembre tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19, eccetto il mercoledì, giorno di chiusura; nel mese di novembre il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18; a dicembre per il Ponte dell’Immacolata e dal 26 dicembre fino al 6 gennaio compresi, con orario 10-13 e 14-17. Per il resto del periodo aperto su prenotazione.