Opinioni & Commenti
«Delitti più gravi», le nuove norme canoniche
Sant’Agostino diceva che «Grande carità, è grande giustizia; carità perfetta, è perfetta giustizia» ed aveva ragione, infatti, la storia, anche quella del cristianesimo, ha sempre mostrato che da un’idea sbagliata di carità sono sempre nate delle gravi ingiustizie. Pertanto all’interno della Chiesa occorre dare un grande contributo alla chiarezza e alla certezza del diritto, così da rispondere alle attese di protezione della coerenza morale e della santità evangelica che i fedeli nutrono e che Benedetto XVI ha continuamente ribadito.
In tale prospettiva vanno considerate le Normae de gravioribus delictis («Norme circa i più gravi delitti») che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato, con l’approvazione del Papa, il 21 maggio 2010, e che sono state pubblicate nei giorni scorsi (testo integrale del Motu proprio «Dei delitti più gravi»). Queste «Norme», come ha spiegato padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, sono un’integrazione ed un aggiornamento delle Norme promulgate da Giovanni Paolo II col Motu Proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 30 aprile 2001, e riguardano i delitti contro la fede, contro i sacramenti dell’Eucaristia, della Penitenza e dell’Ordine e quelli di abuso sessuale da parte di chierici nei confronti di minori, tutti questi delitti sono di pertinenza della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Nel Codice di Diritto Canonico del 1983 la competenza sui delitti contro il sesto precetto del Decalogo compiuti da chierici nei confronti di minorenni era assegnata ai vescovi diocesani, ma a causa del comportamento omissivo di alcuni vescovi, sopratutto degli Stati Uniti e dell’Irlanda, che forse presumevano di essere in grado di «guarire» piuttosto che di «punire», Giovanni Paolo II decise, nel 2001, di avocare alla Congregazione per la Dottrina della Fede la competenza di tale ambito penale. La vasta risonanza pubblica, avuta in questi anni degli abusi sessuali compiuti da membri del clero, ha attirato grande attenzione e sviluppato un intenso dibattito sulle leggi e sulle procedure canoniche, che non poteva rinchiudersi nelle Chiese particolari, ma necessariamente allargarsi alla Chiesa universale con l’intervento del Romano Pontefice. La normativa ora entrata in vigore si presenta in modo organico, così da facilitare l’orientamento di chiunque debba occuparsi di queste materie.
Tra le modifiche più importanti, rispetto al testo del 2001, sono da rammentare il diritto, previo mandato del Papa, della Congregazione per la Dottrina della Fede di giudicare, per i delitti a lei riservati, i Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, e i Vescovi; l’ampliamento del termine di prescrizione dell’azione criminale che è stato portato a vent’anni, salva tuttavia la facoltà della Congregazione di derogarvi. La prescrizione è un mezzo con cui per il decorso del tempo e il concorrere di determinate condizioni e circostanze, si acquista o si perde un diritto o si è liberati da un’obbligazione o dalla punibilità di un delitto. La prescrizione fu introdotta dal diritto romano nell’interesse sociale, affinché dopo un determinato periodo di anni, fosse eliminata ogni incertezza nei rapporti giuridici. Tuttavia l’imperatore romano Giustiniano l’aveva definita impium praesidium cioè un rimedio scellerato. La Chiesa ha avuto sempre difficoltà ad accogliere del tutto la prescrizione, tant’è che ancora oggi il Codice canonico al can. 199 stabilisce che non possono essere sottoposti alla prescrizione i diritti e gli obblighi che sono di legge divina naturale o positiva.
Sono state aggiunte nelle nuove «Norme» anche l’equiparazione al minore della persona maggiorenne che ha un uso imperfetto di ragione e la fattispecie delittuosa dell’acquisizione, della detenzione o della divulgazione d’immagini pornografiche aventi a oggetto minori di anni quattordici. Padre Lombardi ha dichiarato che oltre a queste «Norme» occorrono molte altre misure e iniziative, da parte di diverse istanze ecclesiali. Si tratta di un’osservazione da condividersi pienamente, cercando di evitare sempre, secondo la lezione agostiniana, l’assurda contrapposizione tra carità e giustizia.