Toscana
Delitti e informazione/5: stampa e magistratura sul banco degli imputati
Carla Paoli di Prato riconduce questa vicenda in un clima generalizzato di violenza e ritiene che certa informazione vada a ledere i diritti della famiglia: «Si sente una accusa velata alla madre e non è giusto finché non ci saranno delle prove precise. Spesso si scava per creare spettacolo, sensazionalismo, attenzione, fare audience».
Gianna Feri di Firenze dice: «Lotto per cercare di non pensare che sia stata la madre perché mi sembra una cosa tremenda, ma da quello che fanno vedere o che scrivono sui giornali, anche se in maniera velata, sembrerebbe la più probabile indiziata».
Ha avuto la stessa sensazione anche Maria Caccavale di Livorno che però dice: «L’informazione è l’insieme di visioni soggettive che non danno mai l’oggettività assoluta. Credo che sia impossibile che una madre abbia compiuto un gesto simile. Oggi dovrebbe calare il silenzio sui genitori per essere lasciati con il loro dolore, vicino a persone che li possano aiutare».
C’è fra i nostri lettori chi rifiuta l’informazione televisiva perché ne ha un giudizio pessimo in generale e chi ritiene che si dovrebbe parlar meno di certi fatti che creano una curiosità morbosa e influenzare altre menti malate. «Sono una persona atipica dice Paolo Mascellani di Pisa guardo raramente la tv e su questo fatto non ho visto nessun servizio. È una cosa che colpisce e quindi è naturale la curiosità, ma non serve a niente e in compenso è molto indiscreta nei confronti della famiglia di Cogne».
Anche Andrea Bartelloni, sempre di Pisa, guarda poco la televisione perché «la memoria è corta, si sente dire tante cose e spesso non siamo in grado di verificarle quando avvengono le sentenze. Si vive in un mondo in cui la libertà è sovrana, si può dire quello che si vuole, ma anche come medico dico: va bene la libertà ma finché non danneggia quella degli altri».