Toscana
Degrado e sicurezza, la situazione in Toscana
Un decreto legge di 12 articoli con le misure più urgenti che entreranno immediatamente in vigore, affiancato da un disegno di legge di 16 articoli e tre decreti legislativi sull’attuazione di direttive Ue. È questo il pacchetto sicurezza varato mercoledì dal consiglio dei ministri, riunito a Napoli. Alla fine è stato deciso di inserire il «reato di clandestinità» nel disegno di legge, ma di introdurre da subito l’aggravamento di pena di un terzo nel caso in cui a delinquere sia uno straniero irregolare. Anche in Toscana si discute molto sulla presenza dei campi nomadi e sul degrado delle città. E Firenze, dopo il divieto per i lavavetri, si prepara ad altri giri di vite.
Firenze pensa al «giro di vite»
di Elisa Giuliani
A fine agosto furono i lavavetri: tutti coloro che fossero stati trovati a chiedere un’«offerta» al semaforo in cambio di una sciacquatina al parabrezza, sarebbero stati portati di fronte al giudice con pene dai 206 euro ai tre mesi d’arresto. Poi a inizio primavera toccò ai mendicanti: sdraiarsi sui marciapiedi chiedendo l’elemosina è reato. Provvedimenti che hanno portato Firenze alla ribalta delle cronache nazionali, tutti decisi e annunciati dall’assessore alla sicurezza e vivibilità urbana Graziano Cioni nella sua lotta contro il degrado urbano. Ora, a ridosso dell’estate, arriva una nuova ondata di decisioni per ridurre i fenomeni di abusivismo, prostituzione, degrado urbano. È contenuta nella bozza al nuovo regolamento della polizia municipale, annunciato dal sindaco di Firenze Leonardo Domenici e dall’assessore Cioni, insieme al comandante dei vigili Alessandro Bartolini. «Il regolamento in vigore spiega il sindaco risale al 1932. La città è molto cambiata in 75 anni, abbiamo bisogno di uno strumento aggiornato». È solo una bozza, sottolinea Cioni, «vogliamo discuterne con la città, i sindacati, le associazioni, la gente». Molti punti riguardano il decoro, la vivibilità e la convivenza in città che si tradurranno in una maggiore severità e quindi multe più salate per chi viola le regole. Si va dalle questioni più gravi e pericolose a quelle quotidiane, in cui possono incappare anche i cittadini più onesti e attenti. Chi in stato di ubriachezza causa pericolo o reca disturbo agli altri; chi espleta le funzioni fisiologiche per strada, su un muro o un cassonetto; chi si prostituisce vicino a scuole, chiese o luoghi di culto, lungo le strade densamente abitate; chi si avvicina alle macchine con il chiaro intento di chiedere l’elemosina; chi distribuisce volantini nella cerchia dei viali, esclusa la stazione centrale, dove il divieto esiste già da parte delle Ferrovie; chi gioca a frisbee o palla nelle piazze. Tutti saranno fermati, multati, denunciati. In tutto 45 regole che affrontano tutti i temi del degrado urbano. Le principali novità contenute nel regolamento riguardano i comportamenti pericolosi, i danneggiamenti, la sicurezza degli edifici, la conduzione dei cani, i comportamenti maleducati o contrari al decoro, la tutela del verde, i bivacchi, gli schiamazzi e il volantinaggio. Le sanzioni previste vanno da 50 a 500 euro per le violazioni più lievi, mentre per quelle più gravi da 80 a 500. Tutto per la sicurezza urbana e pubblica e per , come recita l’articolo 2 del regolamento «preservare la collettività cittadina da situazioni anche di potenziale pericolo, danno, malattia, calamità, nonché l’insieme delle misure atte a prevenire i fenomeni di illegalità diffusa e di degrado sociale».
Un capitolo a parte è dedicato alla lotta all’abusivismo: gli agenti possono controllare i venditori anche se i borsoni contenenti le merci sono chiusi. Questo, spiega Cioni, per evitare i fagotti tirati su in fretta e furia dai marciapiedi quando passano agenti in divisa e le corse tra le vie cittadine in una specie di gara a guardie e ladri, che spesso hanno mietuto feriti, come al mercato di San Lorenzo. «Il regolamento non prevede soltanto divieti dice l’assessore ma introduce anche importanti novità in materia di accoglienza e di intervento per i più bisognosi. Per esempio i mendicanti che svolgono la loro attività distesi sui marciapiedi non verranno multati, ma sarà offerto loro un intervento sociale». «Il regolamento, che discuteremo in giunta approfonditamente, nei prossimi giorni, mi sembra a grandi linee una buona bozza commenta l’assessore alle politiche di integrazione Lucia De Siervo . Positiva sicuramente la delegificazione: da 145 punti, siamo passati a 45 articoli, quindi più semplicità ed efficacia». In giunta l’assessore De Siervo porterà ulteriori misure per ottimizzare la bozza. «In primo luogo dobbiamo tutelare i bambini che chiedono l’elemosina in strada con la denuncia per i genitori e l’aiuto per questi piccini. Poi dobbiamo lavorare per migliorare la convivenza civile, dobbiamo prevedere le segnalazioni di prossimità, da parte degli stessi cittadini che devono avere la possibilità di vigilare insieme a noi. Ma anche sanzioni nei confronti delle persone che arrecano fastidio al vicinato non curando bene la loro casa. Sono piccole grandi cose che fanno la qualità della vivibilità dei nostri cittadini. Rivedrei anche alcuni passaggi linguisticamente complicati del regolamento: per esempio il divieto di gioco dovrebbe essere variato in divieto di gioco molesto».
«Da tempo chiedevamo di rivedere un regolamento della polizia municipale troppo vecchio commenta il consigliere comunale e neodeputato di Pdl-Forza Italia Gabriele Toccafondi ma qui si rischia di cadere nel ridicolo. Diamo l’idea di una città che cerca di rincorrere nuove emergenze. Si chiede ai vigili, per esempio, di avere il pugno di ferro per prostituzione vicino a scuole, viali, case. Si dice di bloccare chi gioca a frisbee. Dirlo va anche bene, ma metterlo per iscritto significa dimostrare che fino ad ora non si riusciva a farlo, entrare così nel dettaglio del degrado, ci sembra eccessivo, una pura rincorsa a frenare ciò che accade tutti i giorni in città. Un lbro dei sogni che difficilmente pensiamo di poter vedere realizzato».
Fabio Barni
Pisa, Case, scuola e lavoro, così si riducono i campi nomadi
di Andrea Bernardini
Meno campi nomadi, più rom nei quartieri residenziali, a lavoro, a scuola. Con i nomadi Pisa ha tentato, almeno negli ultimi anni, la via della integrazione. Il primo censimento della popolazione rom risale all’estate del 2002: e certificava la presenza di oltre cinquecento nomadi, disseminati a Coltano, alla periferia sud di Pisa, dove si trovava l’unico campo autorizzato e l’insediamento più numeroso (250 persone); e in quattro strutture non autorizzate: nel quartiere di San Biagio, a Oratoio e a Calambrone, nel litorale. Da allora, però, tre dei campi abusivi sono stati chiusi, mentre a Coltano la popolazione rom si è ridotta a meno di cento abitanti e, in futuro, è destinata a ridursi ulteriormente, scendendo sotto le ottanta persone. La struttura nata nel frattempo lungo la via Bigattiera, che collega la città a Marina di Pisa, sarà chiusa entro metà del prossimo anno. Delle 500 persone del censimento di sei anni fa, 238 hanno trovato una sistemazione alternativa in alloggi privati, 47 in alloggi di edilizia residenziale pubblica e 25 in case acquistate attraverso un mutuo. Quasi tutti i 179 bambini nomadi, infine, frequentano le scuole del territorio.
Tutto questo per effetto del progetto «Le città sottili», voluto dalla Società della salute e dai comuni della zona pisana (Pisa, Calci, Cascina, Fauglia, Lorenzana, Orciano, San Giuliano Terme, Vecchiano e Vicopisano) e realizzato grazie al decisivo contributo finanziario dell’amministrazione regionale. Un progetto presentato come modello di integrazione. Portato avanti con molta fatica: abituare i rom a uno stile di vita tipico di una comunità stanziale a questo lavorano, in particolare, alcuni mediatori culturali richiede tempi lunghi e l’esito di questo impegno non è scontato; la scolarizzazione di molti dei bambini di quel popolo va avanti con difficoltà tra assenze, scarsa concentrazione e diligenza.
La sinistra vorrebbe «Città sottili» ancora più audace, mentre l’opposizione ha aspramente criticato quel progetto, soprattutto dopo che, nel gennaio di quest’anno, alla periferia della città è scoppiata una faida tra rom macedoni e kosovari: le forze dell’ordine arrestarono trenta persone, alcune delle quali trovate in possesso di armi ed esplosivi. Finché, a Pisa come altrove, quello della sicurezza è divenuto uno dei leit-motiv della recente campagna elettorale per le amministrative. Convincendo il neoeletto sindaco Marco Filippeschi (Pd) ad assumere una posizione più rigida (accoglienza ed integrazione sì, ma nel rispetto assoluto delle regole) nei confronti della popolazione nomade. Popolazione in significativo aumento. Con l’ingresso di Bulgaria e Romania nell’Unione europea, altri duecento nomadi si sono stabiliti nel territorio pisano.
La situazione in cui l’integrazione appare più difficile è forse a Oratoio, dove si trova un campo abusivo e vivono un centinaio di nomadi (non inseriti nel progetto «Città sottili»), per i quali, al momento, non è stata trovata una alternativa abitativa. Ad Oratoio, Putignano, Sant’Ermete, Ospedaletto, Riglione (ma diremmo, un po’ ovunque) la loro presenza non è, in genere, ben percepita dalla popolazione locale, anche perché in quella zona nel frattempo è cresciuto il numero di furti.
Apertura e diffidenza, accoglienza e paura: la questione rom tiene banco a Pisa da molto tempo. Era il febbraio del 1995 quando il piccolo Matteo Salkanovic di Latignano di Cascina fu gravemente ferito dall’esplosione di una bomba carta nascosta in un libro di favole. Un mese più tardi, ad un semaforo della periferia di Pisa, un nuovo attentato, vittime due bambini rom: una ragazzina di 13 anni, Shengul Demirovski, che perse la mano sinistra e la funzionalità di un occhio (una biglia d’acciaio le aveva sfondato la cavità oculare) ed il fratellino di 3 anni, Emran. Due episodi che tutti hanno voluto dimenticare in fretta.
Consani, quali sono i punti forza del Progetto?
«Sono tre: l’inserimento abitativo, quello lavorativo e la scolarizzazione dei minori».
E qual è stata la risposta?
«Un buon numero di queste famiglie, anche partendo da situazioni di disagio, pur con delle difficoltà, riesce in qualche maniera a cogliere l’opportunità e a mettersi in un percorso di integrazione vera. Certo, per alcuni nuclei è più difficile..».
La vostra idea, comunque, è quella di superare i campi nomadi.
«Quella dei campi nomadi è la situazione di degrado dalla quale bisogna farli uscire. Non è certamente un modello di integrazione. Il fatto che vivano nei campi rende più difficile sia l’inserimento lavorativo, sia la scolarizzazione dei minori, ma anche la permanenza in situazioni di legalità».
Ma accettano di uscire da una forma di nomadismo?
«La nostra esperienza è che questi non sono nomadi: alcune famiglie sono su questo territorio da oltre 20 anni. Il problema vero è la precarietà delle condizioni di vita di gente che magari da generazioni vive nei cosiddetti campi. È chiaro che il primo impatto con un inserimento abitativo e lavorativo ha bisogno di quelle che vengono definite misure di accompagnamento cioè operatori sociali che li aiutino a capire, anche banalmente, come si gestisce un appartamento, come si hanno rapporti con il vicinato e così via».
La popolazione come accoglie questi inserimenti abitativi?
«In un’ampia parte dei casi la popolazione non se ne accorge nemmeno perché sono nuclei che non hanno particolari problemi di inserimento. Bisogna anche sottolineare che l’inserimento spazia non solo nell’area pisana. E questo è un valore aggiunto perché significa non gravare un unico territorio di questo problema».
L’inserimento scolastico come procede?
«Ci assicuriamo che tutti i minori delle famiglie inserite nel progetto vadano a scuola. Con un buon tasso anche di frequenza. Nel caso di inadempienza utilizziamo gli strumenti classici che sono previsti per l’evasione dell’obbligo scolastico».
E l’accattonaggio da parte dei minori?
«Sui minori le due condizioni per far parte del progetto sono appunto la frequenza scolastica e l’impegno a non utilizzarli per raccogliere l’elemosina».
Claudio Turrini
Livorno, Rom, accoglienza e «tolleranza zero»
di Chiara Domenici
La questione rom: tolleranza zero oppure totale accoglienza? Anche Livorno è combattuta come il resto d’Italia su questo annoso problema. Ma dopo la tragedia di Pian di Rota, avvenuta nell’agosto scorso, in cui morirono quattro bambini, nel rogo della loro baracca proprio alla periferia della città, Livorno si è sentita chiamata in prima linea a dare una risposta a questo argomento.
Per questo, su esplicita richiesta del Sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, grazie anche all’invito lanciato da monsignor Paolo Razzauti, che all’epoca della tragedia era amministratore diocesano, è stato costituito un tavolo di lavoro permanente sulla questione Rom, che ha visto la partecipazione dei rappresentanti del Consiglio Comunale, dell’assessorato alle Politiche Sociali, dell’Arci, dell’Arciconfraternita della Misericordia, della Caritas diocesana, della Comunità di Sant’Egidio, dell’Istituto dei Salesiani, della Società Volontaria di Soccorso e dell’Ufficio nazionale dei Migrantes, con l’obiettivo di attivare un confronto serrato per elaborare un progetto sostenibile per l’accoglienza e l’integrazione delle comunità Rom. E con l’arrivo del nuovo vescovo monsignor Giusti è iniziata anche una collaborazione con il CNA (Confederazione nazionale artigianato) locale per la costruzione di nuovi alloggi adatti a queste popolazioni nomadi per loro natura.
A Livorno il fenomeno migratorio segna la percentuale più bassa di tutta la Toscana e dell’Italia in generale: il 3,8% provinciale contro il 6,8% della Toscana e il 5,2 dell’Italia (da «Immigrazione 2006», Dossier statistico pubblicato da Caritas Italiana, Ufficio Migrantes e Caritas Roma), che rapportato alla popolazione livornese significa la presenza in città di circa 70/80 Rom. Un dato modesto che, associato alle lunghe tradizioni cittadine di tolleranza e inclusione sociale, potrebbe facilitare Livorno nella gestione di queste problematiche. D’altra parte non sempre la popolazione sembra d’accordo su queste misure integrative ed anche sul blog aperto nei mesi scorsi dal Sindaco proprio sulla questione rom sono stati molti i messaggi di intolleranza e accuse nei confronti dei Rom.