Lettere in redazione
Degrado cittadino e scuse giapponesi
Non so se tu abbia presenti i muri di via degli Alfani, Piazzetta delle Belle Arti e via Ricasoli, lungo i quali si snodano le code per il Museo dell’Accademia. Sono pieni di scritte e va già bene, perché in certi punti trovi, artisticamente disposte, gomme da masticare, usate ed appiccicate, di vari colori. Se vai in Cupola, leggi graffiti. Se entri in Duomo, lo spazio sacro può ispirare a turisti distratti voglia di improvvisare un pic-nic e le giovani guide che mons. Verdon ha accolto da tutta Europa mi hanno raccontato di aver dovuto dire a tre ragazzini che non era il caso di giocare a soldino contro il muro interno della Cattedrale, sotto i dipinti di Giovanni Acuto e Niccolò da Tolentino.
La nostra indifferenza a tutto questo è colpevolissima. Giorni fa passavo da Piazza Duomo con un collega, un anziano professore universitario, un uomo che ha davvero fatto cultura nel secolo scorso. Ebbene, di fronte alla massa di persone sbracate, vocianti, fotografanti, vestite in maniera più adatta ad una spiaggia che non ad una città, ho colto un lampo di paura nei suoi occhi e gli è scappato un commento: «Ci divorano Firenze».
Che si può fare? Condividere quello che abbiamo di più bello è naturale, ma salvaguardarlo è un dovere di cui dovremo rendere conto.
Sapere che le orde di turisti non divorano solo Firenze, ma tutte le grandi città d’arte, come Venezia o Roma non ci consola di certo. Quella del turismo di massa è davvero un’emergenza. Nel 2007, si sono registrate nelle strutture alberghiere del comune di Firenze oltre 4 milioni di presenze straniere e un milione e mezzo italiane. E queste sono solo la punta dell’iceberg dei flussi turistici perché il «grosso», specie se italiano, arriva in pullman, in auto o in treno, dalla mattina alla sera. Ed è questo quello oggettivamente più «pericoloso» per la città. Finora non mi sembra che le istituzioni se ne siano fatte carico in modo adeguato, più preoccupate, magari, di favorire l’afflusso turistico o di «spremerlo» economicamente. Non si tratta di «chiudere» la città, ma di immaginare come le diverse tipologie di turisti (da quello dell’intenditore appassionato d’arte, allo studente distratto e chiassoso in gita scolastica) la possano vivere al meglio, sia per loro che per i fiorentini. Una cosa è certa: più la città è sciatta, sporca, abbandonata al degrado e più le masse di turisti si sentono autorizzate a comportarsi in maniera incivile.