Opinioni & Commenti
«Decretone», le promesse e la realtà
Il Decretone contiene alcuni provvedimenti che non convincono o che addirittura suscitano ripulsa, altri il cui esito dipende da come verranno gestiti ed altri ancora che soddisfano perché inaugurano un percorso corretto che potrà essere battuto più ampiamente in seguito. Questa ambiguità è motivata anche dal fatto che il governo, stretto tra le difficoltà di un periodo di recessione e l’impossibilità di aumentare il deficit pubblico a causa dei vincoli europei, ha voluto dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Ha voluto incassare ma anche spendere, far quadrare i conti ma anche soddisfare alcune esigenze sociali. E il tutto senza aumentare le tasse, dato che nel suo programma c’era esattamente il contrario.
Il condono edilizio, per esempio, ha suscitato e suscita molte perplessità. Tutti avrebbero desiderato che manovre di questo tipo fossero definitivamente abbandonate. La misura ridimensionata rispetto a quanto si temeva all’inizio non è sufficiente per farcelo accogliere con benevolenza. E’ vero che fornisce un gettito importante (3,6 miliardi) sul totale della manovra e che permette, di contro, interventi sociali altrimenti non finanziabili, come per esempio l’assegno per il secondo figlio. Ma rimane una forma odiosa di fare cassa, che incide negativ amente sul senso di cittadinanza e sulla solidarietà civica. I costi non mancheranno di emergere in futuro.
La dismissione degli immobili di proprietà dello Stato e delle opere di interesse artistico dipenderà da come verrà gestita. Lo Stato ha immobili che costano più di quanto rendano ed ha opere d’arte non coperte da tutela culturale che non riesce minimamente a valorizzare. Il problema è di dismettere quanto conviene dismettere senza intaccare il patrimonio artistico del paese. La norma del silenzio-assenso da parte delle Sovrintendenze può obbligare queste ultime a non poltrire, ma può anche prestarsi a manovre poco chiare. Sarà necessaria una grande sorveglianza.