Toscana

DECENNALE ACCORDO SANTA SEDE-ISRAELE: P. JAEGER (CUSTODIA), SIAMO ANCORA ALL’INIZIO DI UN CAMMINO

A 10 anni, il prossimo 30 dicembre, dalla firma dell’Accordo di principi (“Fundamental Agreement”) tra la Santa Sede e lo Stato di Israele “siamo ancora all’inizio di un cammino”. L’Accordo “si limita ad enunciare i grandi principi regolatori dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato, mentre la loro messa in pratica veniva rimandata ad una serie di accordi complementari da negoziarsi successivamente”. E’ quanto afferma padre David Jaeger, portavoce della Custodia di Terra Santa, ripercorrendo, in un’intervista al Sir, la storia dell’Accordo alla cui stesura partecipò, sin dall’inizio (1992), quale componente della delegazione della Santa Sede. “Questi negoziati – aggiunge Jaeger, parlando a titolo personale – hanno finora prodotto un solo Accordo nel 1997: il riconoscimento civile della personalità giuridica della Chiesa e degli enti ecclesiastici. Purtroppo questo non è stato ancora trasformato in legge dello Stato, così come l’Accordo fondamentale…”. Questa attesa in cui vive la Chiesa si riflette, secondo il francescano, anche “sullo statuto fiscale e sulla tutela delle proprietà ecclesiastiche”. “La Chiesa in Terra Santa – spiega, – non potrebbe sostenersi senza le agevolazioni fiscali assicurate dai trattati e dalla Risoluzione 181 dell’Onu del 1947. L’Accordo fondamentale contiene l’impegno dello Stato di Israele a negoziare un accordo del genere con la Santa Sede. Il 1° luglio di questo anno le due delegazioni si sono impegnate ad accelerare i negoziati per poter giungere all’accordo. Ma i negoziati sono ancora fermi”. Attesa anche per la restituzione del Cenacolo e delle proprietà alla Custodia: “il Cenacolo è nelle mani del Governo d’Israele. Si sperava che fosse restituito per il pellegrinaggio in Terra Santa di Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, e la nostra sorpresa al vedere mancato questo gesto è stata amara”. Circa la difficoltà di rilascio dei visti al personale religioso per padre Jaeger “si tratterebbe di applicare l’art.3, dell’Accordo fondamentale che afferma il diritto della Chiesa di ‘dispiegare’ il proprio personale, pur nel rispetto delle responsabilità dello Stato”. (SiR)