Cultura & Società
Dalle ossa i segreti di Guglielmo
Così il 20 di agosto, alla presenza del vicario generale di Grosseto e dei parroci, sono stati aperti i due reliquari più grandi: il primo a Tirli, nella chiesa di sant’Andrea apostolo, e il secondo nella chiesa di San Giovanni Battista a Castiglion della Pescaia. «Abbiamo rotto i sigilli dice Michelini e trasportato il materiale presso la curia vescovile di Grosseto, dove è stato allestito un laboratorio provvisorio che accoglierà i reperti nel periodo che servirà a studiarli. A una prima ricognizione i due reperti, se pur di colore differente a causa di una diversa conservazione, sembrano appartenere ad un unico individuo. Questo perché quasi per miracolo si è conservata, pur in due luoghi diversi, una articolazione sacro-iliaca della solita persona (il sacro a Tirli, l’ala iliaca a Castiglione)».
Ma lo scopo degli studiosi, in questa fase, non è tanto dire se quelle ossa sono o no di Guglielmo da Malavalle, bensì studiare questi reliquiari. «All’interno di uno abbiamo trovato un elmetto probabilmente appartenuto al santo spiega Michelini e sono in corso le analisi sulle parti ferrose. Nel caso che il ferro corrisponda al periodo di Guglielmo avremo una prova in più. Saranno poi le analisi scientifiche a dire se è lui o no. Ma prima ci sono altre cose da fare».
Intanto domenica scorsa Giacomo Michelini ha effettuato un’altra ricognizione a Montepescali Scalo, nel comune di Gavorrano. Ha prelevato da un reliquiario una tibia sinistra che era stata donata dalla comunità parrocchiale di Castiglione della Pescaia nel ’50 quando fu consacrata la chiesa di Montepescali, dedicata a San Guglielmo. Adesso rimane da fare la ricognizione sul braccio conservato a Buriano.
La scheda: L’eremita con il «giaco»
Nel territorio di Castiglione della Pescaia, precisamente nel Santuario di Malavalle, fondato nel XII sec. sulla tomba del santo e oggi ridotto ad un rudere invaso dalla vegetazione, San Guglielmo trovò il luogo ideale per trascorrere in solitudine, nella preghiera e nella penitenza gli ultimi anni della sua vita. A confortarlo nell’ultima ora fu il suo fedele seguace o «suo servo» come egli stesso si definiva, Alberto. Questi, raccogliendone l’eredità spirituale, fondò la prima congregazione eremitica e compose quelle che si intitolarono «Consuetudines» e «Regula Sancti Guillelmi». Il Monastero divenne luogo di culto e di pellegrinaggio da parte dei devoti grazie anche alle guarigioni miracolose che vi avvenivano. Il culto per San Guglielmo crebbe fino ad essere approvato da Innocenzo III nel 1202 e con la dedizione al Santo aumentarono le fondazioni dei suoi fedeli che si spinsero fino in Germania, nel Nord della Francia e nell’attuale Belgio con il nome di «Gugliemiti». Contrapposti a loro furono gli agostiniani che, frutto della politica pontificia volta al controllo di tutte le comunità, aumentarono la loro supremazia fino a raggiungere il culmine nel Seicento quando si insediarono a Malavalle e considerarono il Monastero e il Santo come appartenenti da sempre al loro Ordine.
Della vita di San Guglielmo non si conosce molto e tanto si deve alla tradizione orale, anche se non mancano dichiarazioni autentiche. Ad Alberto si deve la stesura della prima biografia del Santo, che sarà rielaborata da un altro discepolo, Teobaldo, e successivamente tradotta in volgare. La sua vicenda sembra essere il frutto della contaminazione di più personaggi storici collegati tra loro da caratteristiche quali la provenienza, il nome, il titolo nobiliare e in alcuni casi la conversione religiosa. Secondo la tradizione San Guglielmo, chiamato anche «Il grande», era un militare che dopo una vita avventurosa e licenziosa venne colto dai rimorsi e si impose le prime penitenze corporali indossando, come si vede sempre nelle iconografie, il caratteristico copricapo in ferro. In seguito all’incontro con san Bernardo, che segna la conversione vera e propria, San Gugliemo diede inizio alla vita eremitica e per ulteriore penitenza si mise addosso il «giaco», una pesante corazza di ferro che portò come un cilicio sulla pelle nuda fino alla morte.