Opinioni & Commenti

Dalla povertà alle povertà

di Antonio CecconiC’era una volta la povertà… Oggi esistono le povertà, al plurale. Nel senso di una vasta e varia gamma di bisogni, carenze, disagi, sofferenze, privazioni, forme di emarginazione ed esclusione. Situazioni e percorsi che collocano persone o gruppi sociali al di sotto dello standard medio del contesto in cui vivono, privi di opportunità per sviluppare un personale progetto di vita. Accanto alle «nuove povertà» ritorna il disagio economico pesante, famiglie che non riescono ad arrivare in fondo al mese, tagli inevitabili anche a bisogni primari.

Scegliere di confrontarsi con le povertà del proprio territorio è atto d’intelligenza e di coraggio. Più di una volta (e sotto Governi di diversa collocazione politica) è successo che il rapporto della commissione nazionale di indagine sulla povertà abbia trovato scarsa divulgazione: meglio limitare la circolazione dei dati agli addetti ai lavori e ai manuali di sociologia.

Studiare le povertà vuol dire necessariamente confrontarsi con la distribuzione della ricchezza, delle risorse, delle opportunità; fare il punto sull’incidenza effettiva dei diritti di cittadinanza. Oggi, accanto al persistere di uno «zoccolo duro» di povertà economica relativa, si verifica lo scivolare verso il basso delle classi medie e il concentrarsi in mano a pochi della ricchezza: basti pensare che il 10% degli italiani più ricchi detiene il 26,6% del reddito totale (dati Istat per l’anno 2000).

Il Convegno della Regione Toscana, in cui confluiranno dati e «letture» della povertà di varia provenienza e molte voci si confronteranno sulle strategie di contrasto (sarebbe bello poter dire: di eliminazione!) delle povertà sui nostri territori, è un’occasione preziosa e ineludibile se si vuole davvero costruire una società che ponga al centro il valore della persona. E quindi paesi e città abitabili per tutti, servizi commisurati ai bisogni, spazi di speranza e riscatto per chi rischia di arrivare sempre ultimo.

Auspichiamo che non si tratti di un impegno settoriale, che tutta la Toscana e ciascuno dei suoi abitanti senta come un traguardo di civiltà, come successo personale e comunitario l’uscita dal bisogno del maggior numero possibile di uomini, donne, bambini. La nostra regione sarà più bella, più accogliente e più degna della sua storia se sarà più inclusiva e meno emarginante verso i più deboli, i poveri, quelli che non contano. A cent’anni dalla nascita di La Pira, facciamo nostro uno dei motivi ispiratori della sua riflessione di studioso, della sua azione di pubblico amministratore e della sua coerenza di cattolico: l’attesa della povera gente.

In Toscana 223 mila poveri

Povertà, chi bussa ai Centri di ascolto